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Françoise Cactus: «Tutto quello che è francese è considerato sexy»

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Diva berlinese e linguista raffinata, la 43enne francese, cantante e batterista del duo pop kitsch ‘Stereo Total’, evoca il lessico franco-tedesco sul tema del maschile-femminile e le frustrazioni moderne.

Bacio tra Mitterand e Kohl a parte, era davvero tanto che l’accoppiata transalpino-teutonica non produceva nulla di sexy. Ad eccezione, forse, proprio di Stereo Total, duo romantico e folle che, da un decennio imperversa sulle terre d’oltre-Reno. In 14 anni ha collezionato 8 album e 63 canzoni. Ecco le cifre che hanno consacrato l’unione esplosiva tra il suono elettro-rock germanico e testi cesellati alla francese. Su un fondo di incredibili arrangiamenti sonori, nota dopo nota, questa coppia folle ed eccentrica, ha sortito giochi di parole ed immagini al top del kitsch.

L'elemento yang del tao

L’elemento yin (il femminile) del duo, Françoise Cactus, viene da van Hove, in Borgogna. Lolita quarantenne è contemporaneamente scrittrice, batterista e cantante. A 17 anni ha lasciato la Francia per la Germania, spinta da un desiderio d’evasione e da una «preferenza» marcata per i ragazzi tedeschi. A Berlino ha lavorato per poco tempo per la Taz (quotidiano di sinistra ndr), prima di creare un gruppo rock composto da sole ragazze. Dopo qualche tournée e il crollo del Muro, ha incontrato l'attuale partner di vita e di scena Brezel.

Galeotta fu una pasticceria di Prenzlauer Berg.

All’epoca non si trattava ancora dell’eldorado dei radical chic, ma di un angolo malfamato dell’Est. Tra i due c’è stata subito un’intesa che ha fatto nascere nel 1993 una fruttuosa collaborazione. Suo alter ego e musicista, Brezel Goering ha incarnato da subito l’elemento yang (il maschile) del tao: un dandy scanzonato, uscito dal collettivo sperimentale Sigmund Freud Experience e capace di intrecciare suoni minimalisti e accordi punk.

Cinismo e malinconia

Coeso fuori come in scena, il binomio abborda nei suoi dischi variazioni sul tema del ‘ti amo’ che sarebbero piaciute a Gainsbourg: l’amore (a 3), il sesso (o Komplex mit) e la rivoluzione (ormonale) : una trilogia ricorrente e spudorata di derisione e nostalgia, il tutto in tedesco, francese inglese e, a volte, addirittura in giapponese.

«Ci piace mescolare le influenze» fa notare la Cactus. «La pop francese e l’elettronica tedesca, in cui il ritmo è obbligatorio. Ma per me resta più facile cantare in francese» E comunque non esita ad intonare la lingua di Goethe con il suo accento tanto charmant.

Logico, «i tedeschi amano molto i francesi. Per loro tutto ciò che è francese è per definizione sensuale. Cosa che non vale per loro». È un buon filone. Se i tedeschi sono «affascinati dalle caratteristiche degli altri paesi, è perché si vergognano della loro storia».

Per i suoi testi la Cactus riconosce di «coltivare questo antico gioco dell’ingenuità.» Non ama le «canzoni intellettualoidi». Il suo dada sono «le vecchie arie un po' kitsch degli anni Sessanta, Christophe e France Gall. E infantile non significa stupido», ci tiene a precisare. «Quando scrivo mi ispiro a Colette e Gainsbourg, allo stile equivoco». Ma dietro le linee ingenue e i ritornelli maliziosi, il messaggio vuole essere «femminista e provocatore».

Di recente creazione, una canzone presa a caso dal loro nuovo album, intitolata ‘Komplex mit dem Sex’, (complesso con il sesso, ndr) schernisce le tante frustrazioni causate da una «società un po’ troppo fissata col sesso». « È vero», incalza la Cactus, «siamo costantemente bombardati da immagini di donne in pieno orgasmo, sui cartelloni pubblicitari, ovunque...»

Difficile trovare il proprio «ruolo» in questo clima porno chic. Questa banalizzazione del sesso come se tutti fossimo esperti di preservativi o a caccia di prede è davvero poco originale. Che cosa succede? La punk diventa puritana? «È un peccato, ecco tutto», fa notare. Punto.

«Le grandi aziende stravolgono i gruppi»

Costantemente in viaggio tra Giappone e Stati Uniti il gruppo Stereo Total ha sfoderato nel Giugno 2007 il suo ottavo ed ultimo lavoro Paris<>Berlin. Malgrado il successo in Germania, questo stile melodico è ancora poco conosciuto in territorio francese. Bisogna dire che i due innamorati non sono mai entusiasti di firmare contratti con grosse case discografiche «Le grandi aziende stravolgono i gruppi» accusa la Cactus. «E spesso le persone che ci lavorano non capiscono nulla di musica. A noi non interessa fare tendenza», aggiunge.

Anche se, certo, bisogna mangiare. A volte. «L’unica cosa che abbiamo fatto a scopo di lucro, è stata una ripresa del nostro pezzo ‘I love you Ono’ per una campagna pubblicitaria» ci racconta. «Non facciamo musica per piacere alla gente, facciamo musica che ci piacerebbe ascoltare. È per questo che le nostre registrazioni possono sembrare semplici e, a volte, brutali».

L’assenza di riconoscimenti nel suo Paese natale non turba la cantante che giura «di sentirsi decisamente più francese» da quando vive all’estero. D’altronde, ammette tranquillamente di preferire «Berlino à Parigi.» La ville lumière è «troppo deprimente». Mentre la capitale tedesca, anche se non è più «calorosa come al tempo della caduta del Muro», rappresenta il nuovo eldorado per tanti Europei, sedotti dalla sua vita artistica e dalla sua verve nottambula. La Barcellona del 2000, insomma. «Berlino è molto meno snob, meno fredda di Parigi, anche se l’architettura resta bruttina, completamente sfigurata. L’immobiliare costa poco, la qualità della vita è alta, ci sono posti veramente adorabili».

Lontano dal microcosmo franco-tedesco e dagli appassionati d’arte, il duo manifesta un sincero interesse per la questione europea, rimpiangendo solo il fatto che «l’Europa non è il mondo intero.» Restano entrambi scettici sul concetto dei low cost che spinge tutti a viaggiare e «ad uniformarsi». Stessi gusti, stesse marche, stessi prodotti…c’erano più «differenze», prima. «La questione dell’identità europea è qualche cosa che si può giudicare solo standone fuori.»

Stereo Total in concerto alla Maroquinerie di Parigi, il 22 ottobre 2007

Translated from Françoise Cactus : « Tout ce qui est français est connoté 'sexy' »