Football cinese, quando la palla passa alla politica
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Noemi NoemiDopo l'arrivo di un giocatore di fama europea, in Cina, a quanto pare, torna la voglia di calcio. Tuttavia, tra corruzione e disastri sportivi, l'impero celeste non riesce ancora a diventare la terra promessa del calcio.
"Vado verso una nuova avventura, una nuova strada, un altro ritmo ed un altro universo" è con queste parole pubblicate sul proprio profilo Twitter il 13 Gennaio 2012 che Nicolas Anelka ha preso il volo verso la Cina. L'attaccante francese ha firmato, il 12 dicembre scorso, un contratto con il club della città più popolosa del paese: Shanghai Shenhua.
Se avesse firmato altrove, come ad esempio per ilTottenham, club della Premier League inglese che all'epoca aveva fatto un'offerta molto interessante, a noi sarebbe interessato poco. Ma lì, in Cina, il tutto prende un senso diverso. E' evidente, che a 33 anni, Anelka non stia cercando di concludere in bellezza la carriera nell'Impero di Mezzo. "Nico" ci va per i soldi.
Secondo le ultime informazioni, l'attaccante ex-Chelsea riceverebbe circa 234.000 euro a settimana, per un totale di 12 milioni di euro l'anno, cifra che lo rende il giocatore francese più pagato del mondo. Chiarito il motivo per cui Nicolas Anelka continuerà la sua carriera a Shangai, la vera domanda è: come può permettersi un club di calcio cinese di spendere tanto per un attaccante in declino?
Lo sport come propaganda politica
C'è una ragione geopolitica. Come il Qatar, la Cina, ansiosa di espandere il più possibile la sua influenza, promuove in tutti i modi la qualità intrinseca dei suoi campionati, specialmente in quello che è lo sport più popolare al mondo. Come il Qatar, i cinesi attirano le vecchie glorie del calcio europeo, per farne vettori del "soft-power" cinese. Ecco che intervengono i Kaka, Ronaldinho, Drogba (altro acquisto potenziale) e Anelka. Nient'altro che manichini nella vetrina della politica estera cinese.
Un'operazione di seduzione attraverso lo sport? Sì e no. No, perché la serietà dello "sport power" cinese è già stata mostrata durante le Olimpiadi di Pechino nel 2008 con le 51 medaglie d'oro conquistate (15 in più rispetto a quelle statunitensi). Sì, perché da anni i Giochi Olimpici riuniscono davanti agli schermi 25 milioni di telespettatori.
Dal latte adulterato ai campi di lavoro
Peccato che il calcio cinese sia corrotto. Al punto che i commentatori stessi fanno dell'ironia. In occasione dello scandalo del latte adulterato nel 2008 del quale si era resa responsabile l'azienda Sanlu, un gruppo di burloni lanciò lo slogan "Latte Sanlu, il latte ufficiale della nazionale cinese". Anche i numeri stessi contribuiscono alla satira. La Cina si è classificata 74esima nella classifica FIFA del 2011 (dietro al Salvador, al Burkina-Faso e alla Bielorussia), ed è dalla Coppa del Mondo 2002 che non partecipa ad una competizione internazionale. Come se non bastasse, nel 2010 è arrivato l'affronto supremo per i supporter cinesi, rimasti a guardare la Corea del Nord scendere in campo al Mondiale sudafricano.
In breve, il calcio rimane ancora uno sport di serie B. Al punto che nemmeno i giovani cinesi sembrano interessati. Secondo le statistiche ufficiali rivelate dall'Economist, tra il 1990 ed il 2000 più di 600.000 giovani cinesi hanno giocato abitualmente a calcio. Tra il 2000 ed il 2005 la cifra è scesa a 180.000 fino a crollare definitivamente ai 100.000 di oggi. Quindi mentre in Europa dal 5 al 9% della popolazione gioca abitualmente a calcio, in Cina è solamente lo 0.5%, con circa 1.339.713.000 di indifferenti. Al punto che l'ultimo successo registrato legato al calcio dopo il 2002 è il film Shaolin Soccer.
Il calcio cinese è talmente corrotto che conta tra le sue file (come in Qatar) schiere di truffatori. Da quando il calcio si è professionalizzato (1994), nella Chinese Super League si sono moltiplicate le pratiche illegali e mafiose. Un esempio su tutti: l'affare dei "fischietti neri", alla fine del quale 22 dirigenti della Federazione Cinese di Calcio (CFA) sono stati incarcerati, compreso il presidente Nam Yong. Ma il malaffare non si ferma a Nam Yong e ai suoi scagnozzi, è il sistema intero che fa acqua da tutte le parti. Solo nel 2010 circa 200 persone sono stata accusate di corruzione e inviate presso i "campi di rieducazione" per cinque giorni.
Il verme nel litchi
Dopo il 2011, due anni dopo l'operazione di polizia promossa dal presidente Hu Jintao, Wei Di, il nuovo patron della CFA intende ripulire il calcio cinese. Prima idea: permettere ai club di osservare gli arbitri, affinché questi ultimi esercitino meglio il loro dovere. Appena il nuovo uomo forte della federazione è riuscito a dipanare l'opacità nella quale viveva lo sport, i grandi gruppi immobiliari hanno preso d'assalto le squadre della prima divisione, rendendo i giocatori dei cartelloni pubblicitari viventi. Al giorno d'oggi, 13 del 16 club che compongono la Chinese Super League sono controllati dagli sponsor. Tutti più o meno legati al Partito Comunista che vigila con freddezza totalitaria. Il club che si è aggiudicato Anelka è detenuto da Zhu Jun, fondatore e padrone del The9, principale esportatore di videogiochi sul web per il mercato cinese come il popolarissimo World of Warcraft. Jun ha deciso di giocare sul serio. Speriamo che contribuisca a far diventare realtà il sogno di un miliardo di cinesi impazienti.
Foto di copertina: cortesia di IMDB per Shaolin Soccer; testo: (cc) toksuede/flickr; (cc) Patrick Keogh/flickr ; (cc) John Biesnecker/flickr; (cc) Jan Christian Teller/flickr
Translated from Football en Chine : quand le ballon se laisse mener à la baguette