Fino a quando rimani?
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Federica RutiglianoLa crisi economica e l'elevato tasso di disoccupazione che hanno investito la società spagnola hanno spinto migliaia di giovani ad attraversare la frontiera per cercare nuove strade in Europa. Bruxelles, capitale del Belgio, ne accoglie a centinaia, molti dei quali sopravvivono per mezzo di lavori precari, mal pagati o senza previdenza sociale, per i quali sono fin troppo qualificati.
"Fino a quando rimani?", é questa una delle domande che più frequentemente si sentono rivolgere i giovani che sono arrivati in Belgio alla ricerca di quello che credono sia l'El Dorado del lavoro. A raccontarcelo sono Laura ed Esther, due amiche, ma soprattuto accomunate dal fatto di essere giovani emigranti spagnole che un giorno, stufe di non trovare opportunità nella loro terra, si sono lanciate all'avventura. Ci hanno spiegato che l'arrivo di emigranti dai paesi del sud si è moltiplicato a causa della crisi. E si sono rese conto del sentimento di rifiuto, sempre più alto, di buona parte della società: "ti chiedono sempre, Quando te ne vai? Fino a quando rimani?
Laura ha un lavoro, ma fa parte della cosiddetta economia sommersa: "lavoro in un ristorante con un contratto di 30 ore, quando in realtà ne faccio 60 e ricevo la metà dello stipendio in una busta". E a quanto pare, il lavoro in nero è una realtà abbastanza frequente, "ne conosco molti nella mia situazione". Le tasse elevate e l'abbondanza di mano d'opera arrivata recentemente dal sud Europa creano un terreno fertile per molti imprenditori che se ne approfittano eludendo il fisco e offrendo contratti precari. È molto difficile quantificare il problema, ma le stime indicano che i giovani colpiti siano circa 300.000.
Il caso di Esther è diverso. Fa l'infermiera, si trova da un anno e mezzo in Belgio e ha un buon posto di lavoro. "Le condizioni sono migliori di quelle in Spagna e non solo per lo stipendio. Ma l'inizio", racconta, "è stato duro anche per me. Quando arrivi qui hai tre mesi di tempo per trovare lavoro, altrimenti ti inviano una lettera per dirti che sarai espulso. Addirittura", sottolinea, "potrebbe presentarsi al tuo domicilio la polizia". Anche se l'impiegata del comune le aveva detto che le avrebbero inviato la polizia, nel suo caso, questa situazione non si è verificata perché è riuscita a trovare lavoro poco prima dello scadere dei 3 mesi. L'anno scorso 323 spagnoli hanno ricevuto la notifica di espulsione. Non è esattamente una deportazione in senso stretto, si tratta piuttosto di una specie di "morte amministrativa". Il principio base dell'Unione Europea (UE) sulla libera circolazione di beni, capitali e lavoratori viene messo quanto meno in dubbio quando si tratta di persone in cerca di un impiego.
I casi di Laura ed Esther sono solo due su mille in tutta l'UE. Infatti, le lingue che si sentono più frequentemente per le strade belghe, dopo il francese e il fiammingo, sono l'italiano, il greco, il portoghese e lo spagnolo.
Cosa sta succedendo?
Non è necessario ripetere i dati. L'immigrazione è tornata ad essere attuale nel vecchio continente europeo, portata ai massimi livelli dalla crisi economica. I paesi più colpiti, Grecia, Portogallo, Italia e Spagna, che contano tassi di disoccupazione giovanile che ruotano intorno al 50%, perdono capitale umano, che lascia il sud alla volta del nord. Alcuni parlano di una generazione perduta. Secondo le informazioni di Pablo Simón, professore dell'Université Libre de Bruxelles (ULB), si calcola che esistono circa 8 milioni di lavoratori itineranti nell'UE e gran parte di questi si ritrovano sfruttati e in situazioni irregolari. I giovani sono sempre stati i più avventurosi quando si tratta di emigrare, ma Carlos Vargas, ricercatore dell'Università di Oxford, ha evidenziato che "la crisi ha rafforzato questo fenomeno" e ciò al fatto che i giovani si ritrovino ad accettare lavori per quali sono "sovraqualificati", rinunciando, in molti casi, ai loro diritti. Dall'altra parte, Mario Izquierdo della Banca di Spagna ci ha confermato la relazione diretta tra crisi ed emigrazione, ma ha puntualizzato che non sono solo i giovani spagnoli che se ne stanno andando, ma "anche gli immigrati di altri paesi che erano giunti in Spagna prima della crisi".
Le Soluzioni
Molti giovani raccontano di sentirsi persi e chiedono più informazione. L'INTEGRABEL cerca di offrire loro un servizio di consulenza. "Siamo un punto d'incontro, uno spazio dove creare contatti", ha affermato il coordinatore generale, Luis Molina. Ha anche dichiarato che ci sono molti casi di emigranti spagnoli che, "a causa del tasso di disoccupazione, sono quasi obbligati a lasciare il loro paese" e, nonostante abbiano un buon livello d'istruzione e si destreggino con più lingue straniere, si ritrovano in una situazione molto competitiva. "Ironicamente, la chiamo la Hollywood dell'Europa: molte persone vengono qui e trovano una forte competizione", ha commentato. È per questo motivo che alcuni di loro si vedono costretti a lavorare in nero. A questi giovani, Luis vorrebbe dire: "non accettate un lavoro in nero, oppure, se lo avete, lasciatelo", anche se le difficoltà che stanno attraversando i giovani in questo momento sono più che comprensibili.
Juan López, presidente PSOE della Commissione degli Affari Interni in Europa, conosce bene il problema e ritiene che si debba agire in quattro ambiti: fornire più informazione, all'interno e all'esterno della Spagna; adottare una politica migratoria europea comune; omologare i titoli universitari e professionali; ampliare, nei periodi di crisi, da 3 a 6 mesi il periodo di soggiorno per cercare lavoro in un altro paese.
Dall'altra parte, Pablo Simón, evidenzia la mancanza d'informazione. Ritiene urgente fare pressione sulle istituzioni per spingere ad un'azione coordinata che ponga fine a questa situazione. Ora che le elezioni sono alle porte e che coincidono con quelle federali e regionali del Belgio, Pablo Simón é convinto che sia l'occasione giusta "per tentare di affrontare il problema, perchè in questo periodo elettorale c'è la possibilità di fare rumore per farsi ascoltare".
Come tanti giovani, anche il movimento 15-M è arrivato dalla Spagna. I suoi membri in Belgio non ritengono che si tratti di un problema legato al numero d'immigrati, ma piuttosto all'atteggiamento delle autorità belga ed europee. Per questo motivo si scandalizzano di fronte alla possibilità di "uccidere amministrativamente" i cittadini, contravvenendo ai diritti basilari dell'UE. Di conseguenza, hanno deciso di presentare una rimostranza formale contro l'espulsione di cittadini comunitari da parte del Belgio. "Vogliamo che si prenda coscienza del problema", ha dichiarato Sara Lafuente, membro del collettivo, che spera che le cose cambino, "la speranza è l'ultima a morire", ha sottolineato Sara.
I cambiamenti, nella complessa realtà europea, sono difficili e poco rapidi. L'Europa è un ente di proporzioni gigantesche che si muove lentamente. Sembra che sia necessaria una maggiore coesione e una politica migratoria efficace e chiara tra i 28 stati dell'organizzazione europea.
Nel frattempo, il tempo passa e a Bruxelles e in tanti altri luoghi si continuerà a sentire l'accento spagnolo tra le voci dell'immigrazione. Quella di Laura, cuoca in un ristorante elegante, quella di Esther, infermiera in un ospedale geriatrico. O quella di Manuel, musicista in cerca di un impiego, che sogna di emulare i suoi idoli e non perde il sorriso, mentre ci spartiamo una deliziosa birra belga al ritmo del blues in uno di quei bar che ancora conservano un vecchio juke box.
QUESTO ARTICOLO FA PARTE DI UNA SERIE DI REPORTAGE SPECIALI DEDICATI A BRUXELLES, "EU-TOPIA: TIME TO VOTE", UN PROGETTO GESTITO DA CAFEBABEL IN COLLABORAZIONE CON LA FONDAZIONE HIPPOCRÈNE, LA COMMISSIONE EUROPEA, IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI E LA FONDAZIONE EVENS.
Translated from ¿Hasta cuándo te quedas?