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Fiaccolata di Liberazione

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Torino

Ieri sera erano tante le fiaccole accese che si muovevano per le strade del centro di Torino: da piazza Arbarello, passando per via Cernaia e sulle rotaie dei tram in via Pietro Micca, per arrivare infine a piazza Castello. La fiaccolata per il 25 aprile, giorno della Liberazione, nel capoluogo piemontese si svolge il 24 sera ed è diventata un’istituzione, un evento sentito e partecipato.

Quest’anno il biscione di torce era ben lungo, più numeroso di quello dell’anno scorso dicono alcuni ragazzi che sfilano dietro al camioncino che suona i Modena City Ramblers e Bella Ciao. Un biscione silenzioso in gran parte, forse per rispetto, forse per troppa serietà, sicuramente non serioso. Arrivata a piazza Castello, la fiaccolata si è spenta e si sono accese le luci del palco, che ospiterà il concertone del 25. Forse però, le istituzioni locali presenti - mancava il sindaco Fassino - non avranno gradito molto ricevere i fischi di un folto gruppo di contestatori che, in modo pacifico ha dimostrato il suo dissenso senza però sminuire una celebrazione che, al di là dello spettacolo, è un monito a esprimersi e difendere i propri diritti. In piazza Castello c’erano anche i ragazzi di “Ascoltateli”, che qualche settimana fa piantarono una tenda sotto il palazzo della Regione, e che d’allora portano avanti un digiuno a staffetta: un modo per comunicare e diffondere l’informazione sulla questione alta velocità in Val Susa parallelamente ad altri canali. Un’azione finora ben riuscita, peccato che vista la scadenza dei permessi, tra qualche giorno dovranno smontare e andare via.

Tra le moltissime persone presenti, chi con bandiere chi con le torce, si è dimostrato come la memoria di un periodo così fondamentale per la nostra storia, ancora viva nella gente. Sembrano essere due i sentimenti che predominano: uno è appunto quello legato alla coscienza storica ed è questo tra i due forse, quello più importante. Il secondo che pare scorgersi nei cori e negli slogan di alcuni, è un sentimento di nostalgia verso una lotta, quella partigiana, che non però è stata vissuta e che appartiene ad un’altra generazione. La resistenza forse deve guardarsi dall’essere questa sorta di strana voglia di far rivivere il passato. Ad oggi, c’è bisogno di impegno e che questo sia costruito sul presente, senza copiarlo dal passato perché semplicemente non siamo in grado di inventarci una nostra personale ma condivisa resistenza. L’esperienza e i racconti dei reduci restano comunque un patrimonio da salvaguardare. Come scriveva Italo Calvino ne Il sentiero dei nidi di ragno: “la storia è fatta di piccoli gesti ... ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia.”

Mattia Marello