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«Faccio sesso per pagarmi gli studi»

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Diverse inchieste condotte nei Paesi dell’Ue hanno rilevato che molte studentesse universitarie si prostituiscono per pagarsi gli studi. Un fenomeno diffuso e in continua espansione.

«Sono andata a letto con più di quaranta uomini in due mesi. Ero al primo anno di college e guadagnavo circa mille sterline a settimana. Con il lavoretto di prima non prendevo abbastanza, adesso invece ho più tempo per studiare e divertirmi», ha dichiarato al settimanale studentesco Varsity, una studentessa inglese. E come lei tante altre ragazze. Tutte iscritte alla prestigiosa Università di Cambridge che, secondo la recente inchiesta condotta dal giornale britannico, al posto di fare le baby sitter o vendere appunti ai compagni di corso, prediligono indossare autoreggenti e body di pizzo per far quadrare i conti a fine mese.

Ragazze in vendita

Studiare costa. E non è una novità. E se alle tasse universitarie ci aggiungiamo l’affitto, la spesa settimanale, i viaggi per tornare qualche volta a casa, resta ben poco nelle tasche degli studenti. Molti si arrangiano facendo lavoretti saltuari: dal cameriere, alla commessa, al call center e, nel migliore dei casi, dando ripetizioni. Ma non tutti hanno voglia di sacrificare le ultime ore della giornata per poche decine di euro. E allora perché non pensare di vendere il proprio corpo, virtualmente o meno, per guadagnarsi da vivere? Già secondo uno studio condotto dal sindacato studentesco Sud-Etudiant e riportato nell’ottobre 2006 dal quotidiano francese Le Figaro, un piccolo esercito di circa 40mila ragazzi tra i 19 e i 25 anni (per la maggioranza donne), vende il proprio corpo per mantenersi gli studi. Un fenomeno non solo francese, ma che si allarga a macchia d’olio anche in altri Paesi dell’Ue, come la Polonia o il Regno Unito dove per fare l'università bisogna quasi essere miliardari. In Inghilterra, secondo un sondaggio realizzato dalla prestigiosa Kingston University, su 130 studenti, un giovane su dieci ammette di conoscere studentesse che lavorano in night club o fanno le accompagnatrici. Il motivo scatenante è sempre il denaro. Basti pensare che la tassa di iscrizione per entrare nelle università del Regno Unito si aggira intorno ai 4.500 euro all'anno.

Diario di una webcamgirl

Anche in Italia il fenomeno sembra essere piuttosto diffuso. Proprio lo scorso anno nel campus dell’Università della Calabria (Unical), fu scoperto un giro di ragazze Erasmus che ricevevano altri studenti negli alloggi per fare sesso a pagamento. Ma non sempre si tratta di vera e propria prostituzione. Molte volte basta semplicemente una webcam e collegarsi a un sito di voyeur disposti a pagare anche 150 euro (70 per l’agenzia e 80 per la ragazza), per dieci minuti di conversazione con una fanciulla in biancheria intima. «In un mese riesco anche a guadagnare 3000 euro per poche ore al giorno comodamente seduta davanti al mio pc», ha dichiarato in un’intervista rilasciata al portale StudentiMagazine, Morgana, 22 anni, studentessa di scienze politiche alla Sapienza di Roma. Basta inserire sulla barra di Explorer l’indirizzo www.ragazzeinvendita.com, per comprendere immediatamente come il fenomeno sia molto più diffuso di quel che si pensa. Un mondo virtuale dove giovani “webcamgirl” alcune delle quali studentesse, si mettono in mostra, si raccontano, si filmano in cambio di facili e consistenti guadagni. Come Helen che ha addirittura scritto un libro Diario di una webcamgirl (ed.Mursia), dove parla della sua vita, delle sue scelte e del suo mondo dietro una web.

C’è poi chi preferisce l’anonimato e si accontenta di vendere on-line, agli amanti del fetish, la sua biancheria intima usata. «Vuoi i miei slip appena indossati? Con 13 euro puoi averli», scrive una studentessa 18enne su un portale di abbigliamento vintage di Milano. Se poi, abbinati a perizoma e reggiseno, si vogliono ricevere anche le foto con la biancheria indossata è sufficiente pagare un po' di più. Niente incontri però, tengono a precisare le inserzioniste. Tutto deve rimanere rigorosamente virtuale.

Non c’è che dire. C’è né davvero per tutti i gusti. Ma a quale prezzo?

Foto nel testo: (autism mom/Flikr);(fabiofotografie/Flickr)