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Faada Freddy: lo spirito del corpo

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Translation by:

Veronica Beco

Cultura

Faada Freddy è uno dei pochi artisti ad aver realizzato un album senza strumenti. Ma al di là dello sforzo creativo, il primo progetto da solista del 40enne senegalese è soprattutto una perfetta sintesi tra la spiritualità che lo accompagna da sempre, e la sua infanzia difficile. Il nostro incontro con l'artista.

Stavolta non ha potuto farlo. Durante uno dei suoi ultimi concerti a Parigi, Faada Freddy aveva invitato il suo pubblico a seguirlo in metropolitana per proseguire lo show, durato già più di 2 ore. Risultato: circa 300 parigini che cantavano a cappella nei vagoni della linea 2. «Ma là, in questo momento, la metro è lontana e noi siamo in un festival,» spiega l'artista, reduce dalle giornate del Solidays. Indossando un cappello a bombetta, dal quale fuoriescono i suoi lunghi dreadlocks, il musicista senegalese ci spiega con la sua voce infantile come «la musica sia dappertutto». Fino a pochi minuti prima, agghindato come un zazou degli anni Trenta, ribadiva davanti al suo pubblico l'importanza della musica concepita come un linguaggio universale e dotata di una «forza contro la quale non si può nulla». 

Spirito santo

Faada Freddy si riferisce in particolare al suo primo album da solista, intitolato Gospel Journey, sugli scaffali dei negozi di musica dal 16 marzo scorso. Realizzati senza strumenti musicali, gli 11 brani del disco sono comunque frutto di un lavoro composizione. La musica è nella voce, nel beat-box, nei claps, i battiti delle mani o sul corpo. Quasi inedita, quest'idea piace e Faada si ritrova velocemente catapultato in alto, sulla strada verso festival prestigiosi, e più di recente ad essere lo special guest di Lenny Kravitz nel suo concerto all'Olympia di Parigi.

Al di là della realizzazione pratica dell'album, l'artista vuole soprattutto sottolineare lo spirito che racchiuso in Gospel Journey. «Si tratta prima di tutto di un album spirituale,» spiega. «Ho viaggiato molto all'estero e quando sono stato in India, negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda, mi sono calato in quelle differenti spiritualità. Poi, ho provato a trovare un comune denominatore a tutto quello che avevo conosciuto. E la musica è stata la miglior risposta».

Faada Freddy We Sing In Time

Oltre le note, la musica è dunque per Faada Freddy una sorta di vangelo. Nessun messaggio religioso immediato in Gospel Journey, ma qualche frammento come Letter to the Lord, che si richiama chiaramente ad una autorità superiore. Faada, profeta? «Io seguo il sufismo,» afferma con un sorriso che farebbe arrossire anche un chierichetto, «ma mi interessano tutti i libri sacri. Per me, ognuno è libero di professare la propria fede come vuole. La fede, è qualcosa che sviluppi in te stesso per trovare un tuo equilibrio». Con davanti a sé quella che sembra ad una carriera rapida e tutta in ascesa, al musicista senegalese è servito molto sangue freddo per seguire una linea retta che, in partenza, era tutt'altro che semplice da tracciare. 

Faada Freddy, all'anagrafe Abdoul Fatah Seck, è cresciuto tra Dakar e la città di Saint-Louis, in Senegal. La voce di sua madre, che amava cantare tra sé e sé in casa, ha accompagnato i suoi primi passi. Spostando un dread dietro la spalla, confessa che sono state quelle «le sue prime note». E aggiunge: «Io canto perfino con la voce di mia madre». All'età di 4 anni, la sua prima comparsa in televisione. «Mi trovavo spesso da mia nonna e non la smettevo mai cantare e sfondarle i timpani. È lei che mi ha iscritto al concorso TV». A scuola, Abdoul è uno studente timido, ad eccezione di quando si tratta di cantare. «Facevo di tutto per essere il primo cantante del coro,» rivela con una risata divertita.

A casa, Abdoul è un bambino sognatore che ascolta di nascosto le musicassette che suo padre, insegnante, lascia nel registratore. Ottis Redding, James Brown, Aretha Franklin… Il ragazzo ha come una scossa e festeggia il suo primo incontro con il soul e i canti spirituali. Nato in un ambiente modesto, Faada si costruisce già da allora degli strumenti di fortuna per poter imitare i suoi idoli. «Si utilizzavano dei grandi barattoli di vernice, delle assi dove incollare una sorta di cordiera, poi si andava verso il mare per cercare del filo da pesca. Si ignorava che una chitarra andasse accordata quindi si fissavano le corde e si cominciava a suonare ad orecchio». Dal lontano passato da cui proviene, questo aneddoto rappresenterà la genesi del suo primo album senza strumenti.

Karaté, hip hop e ragioneria

Il momento, o meglio l'incontro, che farà veramente entrare la musica nella quotidianità di Faada Freddy, si colloca ai confini dell'hip hop e del rapporto con Dnongo, il suo migliore amico. Al liceo, i due ragazzi comprarono la musicassetta di un certo Grand Master Flash. «Abbiamo esclamato: "Ooooooooh, ma che cos'è questa musica!". Il ritmo legato al testo, la musica beat, poi più tardi le immagini dello smurf e della breakdance. Per me, il rap ha permesso alla mia anima di entrare nella modernità». Dnongo e Faada formarono nel 1992 Daara J (Scuola di vita in lingua wolof, n.d.r.), un duo che cavalcherà al meglio la febbre rap predominante in Senegal. Il problema, è che Abdoul ha un rapporto di «forte pudore» con suo padre e non gli ha mai parlato delle sue intenzioni. Sarà però il caso a metterci lo zampino.   

Come sempre, Faauda ricorda: «Verso i 16 anni, ho vinto il concorso "Scena d'oro" che designava "la voce d'oro". Il Ministero nazionale dell'educazione aveva deciso che avrebbe consegnato il premio un membro del corpo insegnanti. Ovviamente, si trattò di mio padre. Mi nascosi sotto il tavolo al momento dell'annuncio del vincitore, ma il mio amico Ndongo mi disse: "Se vuoi che un giorno lo sappia, quel giorno è oggi o mai più". Ci trovammo faccia a faccia e mio padre pronunciò un discorso molto cortese, senza far trasparire nulla. Nei tre giorni seguenti, non fui mai in casa. Aspettavo che si spegnesse la luce della sua camera per poter rientrare. Fino a che non mi chiamò lui, e mi concesse il suo benestare al fare musica, a condizione che ottenessi dei buoni risultati scolastici. Be', con me ha funzionato e ho avuto quindi il diritto di costruirmi una carriera...».

Terminate le superiori e dopo due anni da ragioniere, Faada abbandona i fogli Excel e approfitta del successo di Daara J, che già sta attraversando il mondo. Adattandosi ai popoli che incrocia, l'artista esplora e ricerca le varie spiritualità. Assorbito dal successo, egli si interessa sempre di più all'Islam, e in particolare al sufismo, che lo aiuta a trovare «la sua verità interiore». La verità effettivamente è che il piccolo Abdoul, divenuto una star, è in uno stato di ribellione perenne. Per canalizzare questa violenza, Faada si dedica perfino alle arti marziali. «All'inizio l'ho fatto perché, da noi, si dice che un uomo deve sapersi difendere,» afferma battendosi il petto con il palmo della mano, «ma mi ha calmato. Quando affronti dei combattimenti, ricevi molti colpi e ciò fa sì che il tuo ego scompaia. Il grado di violenza che è in te, muore a poco a poco». Faada Freddy ritiene che la violenza alberghi in ognuno di noi ma che, temperata, possa contribuire a mantenere il proprio equilibrio. Egli la utilizzerà al fianco del collettivo Y'En Marre per lottare contro la corruzione del Senegal. E la utilizza ancora per denunciare gli abusi delle multinazionali in seno al Transparency International.

Oggi, Faada Freddy rappresenta, attraverso il suo corpo, l'anima di un artista completo, capace di esprimere la sua arte in tutte le sue dimensioni. Ed è in grado di rispondere, per mezzo di una violenza in realtà ben canalizzata, ai problemi che incontra sul proprio cammino. Sebbene non a tutti. Nonostante il rispetto professato verso tutte le differenti sfumature dello "spirito", ce n'è una verso la quale egli si ritrova, per la prima volta nell'intervista, ad arricciare le sopracciglia. «L'odio,» afferma. «L'odio nato dall'incomprensione, che deriva essa stessa dal fatto che le cose non vengono intese nella stessa maniera. Come tutte quelle persone che sfruttano la religione per piazzare bombe o ottenere consenso politico. L'odio ispira la paura, senza amore. E più l'amore si insegna da piccoli, più si avrà la fortuna di vivere in un mondo di pace». Amen.

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Da ascoltare Faada Freddy, Gospel Journey (Think Zik!, 2015)

Story by

Matthieu Amaré

Je viens du sud de la France. J'aime les traditions. Mon père a été traumatisé par Séville 82 contre les Allemands au foot. J'ai du mal avec les Anglais au rugby. J'adore le jambon-beurre. Je n'ai jamais fait Erasmus. Autant vous dire que c'était mal barré. Et pourtant, je suis rédacteur en chef du meilleur magazine sur l'Europe du monde.

Translated from Faada Freddy : l’esprit de corps