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Europa e giovani ateniesi: destini incrociati di fronte alla crisi

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EUtooSocietyGrecia

Tra i giovani di Atene c’è un senso comune di scoramento, che assume diverse declinazioni. C'è chi resta aggrappato all’Europa come ultima speranza, chi invece le punta il dito contro. Abbiamo incontrato ragazzi e ragazze con diversi percorsi alle spalle: ci hanno raccontato la loro esperienza e cosa significa vivere oggi in un contesto difficile e pieno di incognite. Fotogallery e testimonianze.

Dopo la crisi economica che ha inflitto al Paese delle ferite profonde, i greci si trovano a dover gestire un'altra volta qualcosa più grande di loro. L'attuale crisi migratoria è di fatto una situazione estrema, quasi paragonabile all’assedio stretto nel 1687 da parte della Repubblica Serenissima contro la città di Atene, all'epoca occupata dai turchi. Il doge Francesco Morosini, con un solo colpo di cannone, centrò il Partenone, fino ad allora rimasto pressoché intatto.

Rispetto al XVII secolo, la situazione è ovviamente molto diversa, ma la Grecia sta vivendo un senso di abbandono e di sgretolamento, come in seguito ad una deflagrazione. Paradossalmente, le scelte di molti giovani greci possono incrociarsi con quelle dei migranti che sbarcano nel Pireo e sulle isole greche: pochi vogliono rimanere, molti vogliono andarsene, ma restano bloccati in città, in attesa che qualcosa cambi. Gli uni che le frontiere siano riaperte, gli altri che nuove opportunità di lavoro possano finalmente arrivare.

La crisi economica sparisce dalle pagine dei giornali, ma è ancora fortissima. Oggi il Fondo monetario internazionale evidenzia come nel 2010 non sia stata d'aiuto l'iniziale opposizione europea alla ristrutturazione del debito greco: se ciò fosse stato fatto subito, invece di aspettare altri due anni, Atene si sarebbe salvata con costi ben inferiori a quelli che tutt'ora continua a pagare. L'Europa sarà in grado di evitare gli errori passati e ridare speranza ad una popolazione ed il futuro ai suoi giovani?

Kostantinos Kartelias. 34 anni, fotografo specializzato in matrimoni

È giusto oggi, per la Grecia, restare in Europa? Assolutamente no. Siamo l’unico Paese UE che ha un Governo di sinistra e non ci vogliono. Per quello continuano a fare pressioni su di noi, il prossimo livello di accordi da approvare è veramente pesante. Ci hanno praticamente minacciato: o firmate e pagate, o vi cacciamo via. Ma il debito da pagare con la dracma sarebbe stato ancora più alto: insomma è un disastro e l’Europa non è stata di certo un affare. Ci vogliono prendere tutto, gli aeroporti, le isole i porti. Siamo stati venduti.

Per la Grecia quindi, entrare nella Comunità europea è stato un errore? Penso che l’Unione europea non sia una cosa per tutti. All’inizio, per i primi 10 anni ci hanno dato un sacco di soldi per infrastrutture e altre attività, ma poi al momento di restituirli, ci siamo accorti che i soldi erano finiti, tra quelli rubati dai politici e spesi per le Olimpiadi del 2004.

Cosa succederà adesso? Ci stanno davvero forzando ad uscire. Non penso che l'accordo raggiunto con la Comunità europea possa funzionare, ci sono troppi tagli e loro lo sanno benissimo. Secondo me stanno provando a dire: "Noi vi vogliamo in Europa", ma con tutti i sacrifici richiesti, provano a costringerci a lasciare l'UE di propria iniziativa.

Quale futuro per i giovani? Non ne ho idea. Non so neppure se sia qualcosa che esiste. Secondo me in 10 anni ci sarà una comunità diversa, magari i confini saranno diversi, proveranno a dividerci tra nord e sud. 

Perché hai scelto di restare? Resto perché, nonostante tutto, la vita qui mi piace molto. Se hai un lavoro che riesce a mantenerti, allora questo è il Paese perfetto per vivere. Per fortuna il lavoro va bene e capita di andare all’estero a fare foto di matrimoni, quindi al momento non posso lamentarmi. 

Come vedi Atene oggi? Vivere qua è diventato più economico. I prezzi si sono abbassati, stiamo creando una comunità dei giovani dove tutto costa meno, perché siamo tutti figli della crisi e sappiamo cosa significa vivere in un momento difficile come questo.

Danae. 26 anni, studentessa e lavoratrice

Se fossi tu a decidere, lasceresti la Comunità europea? Sì, penso che al momento non ci sia nessun vantaggio per la Grecia, sarebbe meglio non farne più parte visto quello che abbiamo dovuto subire.

Manifestare, anche duramente, è stato giusto? Sì, perché dei risultati in qualche mondo sono stati raggiunti. C’è ancora molto da fare, ma penso che se non fossimo scesi in piazza, le cose sarebbero state peggiori.

Non pensi che sia cambiato davvero poco rispetto a prima, e che le manifestazioni non abbiano influito? No, anzi, e sono pronta a tornare in piazza in ogni momento. Noi giovani abbiamo il diritto e il dovere di cambiare il nostro Paese in meglio, nonostante l’Europa. Una Grecia diversa è possibile e saremo noi giovani a dovercene fare carico.

Quindi non hai intenzione di andartene da Atene? No, sto bene, questo è il mio Paese e non ho progetti di cambiare, abito qua e non me ne vado.

Aris. 26 anni, studente di Ingegneria, modello e PR in discoteca

Come vedi la Comunità europea? Secondo te, dopo la crisi, è stato giusto restare nell'UE? Penso che il fatto di essersi riuniti in una comunità sia stato positivo per tutti gli europei, qualcosa di storicamente giustificato. Quando arriva una crisi, ma in generale quando c’è un problema, serve cooperazione, non divisione.

Hai mai pensato di andartene? Atene è la mia città, dove sto facendo l’università. Ho viaggiato molto lavorando come modello e penso che Atene sia una delle più belle città dove vivere. Ad ogni modo, come molti altri ragazzi, ho pensato di trasferirmi altrove: vivere e lavorare all’estero è una grande opportunità per acquistare esperienza.

Se dovessi trasferirti, dove vorresti andare? Mi piacerebbe molto Londra, è ancora in qualche modo una delle capitali d’Europa e una città che ha opportunità infinite.

La scelta di scendere in piazza in passato è stata giusta e ha portato a dei risultati? Il fatto di protestare e scioperare visto quello che stava succedendo era praticamente inevitabile. La gente aveva tutto il diritto, in qualunque modo, di esprimere il proprio disagio, anche se per la nostra vita quotidiana è stato difficile.

Giannis, Marita, Philippos, Narod. Studenti di recitazione all'Università di Atene

Per la Grecia far parte della Comunità Europea è stato positivo? 

Marita: Le differenze all’interno dell’Unione sono emerse chiaramente con la crisi economica. L’UE così com'è stata concepita non funziona, noi greci l'abbiamo visto bene. Non ho visto un vero senso di solidarietà: in una comunità forte, quando si è in difficoltà, gli altri aiutano. Ma non è stato così, ci hanno solo detto: "Devi riuscire a fare questi soldi, non mi interessa come, ma fallo succedere". È questa la solidarietà europea?

Philippos: Le infrastrutture, le strade, le università sono state costruite in gran parte con i finanziamenti UE. Se ora uscissimo dall’Europa sarebbe come espiantare un organo vitale e la Grecia potrebbe morire. Molti giovani come me, ad esempio, vorrebbero andarsene all’estero a lavorare e studiare: se la Grecia uscisse dall’Europa, significherebbe avere problemi con i permessi di lavoro. Abbiamo bisogno di restare, lasciare ora sarebbe un gravissimo errore per il nostro futuro.

Pensi che scioperare sia servito? 

Narod: Intanto bisogna dire che scioperare per i propri diritti è giusto. Il problema è che in una situazione come questa, la gente deve andare a lavorare, portare i soldi a casa, perché altrimenti come può dare da mangiare ai propri figli, pagare le spese? Perciò oggi scioperare è una decisione difficile ed estrema. Gli scioperi funzionano se dall’altra parte hai un Governo che ascolta, che smuove le fondamenta.

Marita: Il problema è che oggi il Governo greco non ha potere, quindi anche gli scioperi hanno un effetto estremamente limitato. Chi decide per noi oggi non è certo il nostro Governo, è piuttosto l’Europa. È difficile scioperare, ad esempio, contro la Germania, se la metropolitana non va: che effetto ha su Berlino? Nessuno. Se qui protestiamo, all’estero interessa ben poco. Dobbiamo trovare un nuovo modo di farci sentire fuori dal Paese.

All’estero si può trovare una situazione migliore, per poi tornare a casa con più risorse e nuove prospettive?​

Philippos: Sento molti greci che dicono: "Mi trasferisco all’estero, cerco un nuovo lavoro. Oppure studio per avere un titolo migliore e poi torno a casa". La realtà? Segretamente sanno che chi se ne va, poi difficilmente torna.

Giannis: Se uno ha la possibilità di andarsene, che lo faccia, bisogna provarci. Io non ho amici all’estero e al momento non ho problemi economici, ma questo di certo non mi scoraggia dall'andarmene. Il mio sogno è cambiare paese per provare qualcosa di nuovo. Se sai gestire la solitudine, il cambio di Paese, allora fallo. Il mio sogno come attore è di andare a Los Angeles, e i sogni a volte si avverano. Ho incontrato molte persone che nella recitazione hanno deciso di restare ad Atene, per provare a combattere nella propria città. Non credo ci sia una scelta giusta o sbagliata, è tutto legato al carattere del singolo.

Narod: Ho molti amici che fanno gli attori. Loro hanno deciso di restare, andarsene deve essere l’estrema ratio. Penso che chi resta, trova un grande supporto nella propria famiglia. Credo che la solidarietà, l’essere aiutati e uniti, sia un elemento fondamentale nelle famiglie greche. Nonostante i mille problemi, nessuno è abbandonato, sia dagli amici sia dai propri cari. Se un giovane oggi decide di restare a casa con la famiglia, risparmiando per il proprio futuro, non ci vedo nulla di male.

Marita: Chi resta, come me, lo fa anche per aiutare la famiglia. Oltre a studiare, per fortuna avevo un lavoro. Quando c'è stato bisogno di aiutare a casa non potevo certo rifiutare. Mio padre ha lavorato per un periodo ma senza essere pagato, ho dato una mano a pagare le spese a casa e sono fiera di essere rimasta.

Come hai vissuto il periodo della crisi?

Marita: I miei genitori sono sempre stati attori di teatro, e non abbiamo mai avuto tanti soldi. La crisi non ha certo aiutato ma, essendo già in difficoltà, il suo impatto paradossalmente non è stato così forte: siamo sempre stati abituati ad arrangiarci. Penso che altre famiglie, che non avevano mai vissuto la perdita del lavoro o altro, abbiano accusato il colpo in modo molto più grave. Ora anche loro stanno provando quello che vivevamo noi. Tutto sommato io vivo sempre allo stesso modo.

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Foto, testo e interviste realizzate da Giacomo Cosua.

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Questo articolo fa parte della serie di reportage EUtoo 2015, un progetto che cerca di raccontare la disillusione dei giovani europei, finanziato dalla Commissione europea.