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Eurofestival: la cultura unisce l’Europa?

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Cultura

I dibattiti sui confini dell’Ue sono infiniti, e oppongono l’Europa “culturale” a quella “commerciale”. Questo problema non si pone con il Festival della musica europea che si concluderà a Mosca il 16 maggio prossimo. La musica non ha confini e la politica si? Analisi.

Se prendiamo il caso più controverso, quello della Turchia, e ascoltiamo le persone contrarie al suo ingresso, questi ci dicono che l’Unione è un progetto culturale, e i turchi riconoscono valori diversi dagli europei. Dall’altra parte ci sono i pragmatici che sostengono che finché si rispettano le condizioni formali, le porte dell’Unione devono restare aperte. La Commissione europea si dichiara disposta all’allargamento senza limiti. Quando alla sua testa c’era Romano Prodi, dopo la Turchia si era pronti ad esaminare la candidatura di Israele, e poi, chissà... In questa prospettiva che dire di un festival che di dice “europeo” come l’Eurofestival?

Politica al ritmo di disco music

Attualmente European Broadcasting Union (Ebu) raccoglie nel concorso più di 50 Paesi. Vi partecipano accanto ai Paesi europei, Paesi del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale, come Marocco, Tunisia, Egitto. In tale esotica compagnia Russia, Turchia e Israele, che sono membri da anni, diventano praticamente europei. L’Eurovision (nome originale dell’Eurofestival, ndr) è un’unione commerciale e, come dicono i suoi creatori, non impone né limiti geografici né politici. Nell’elenco dell’Ebu ci sono ad esempio la Siria e la Palestina.La parola “Euro” nella denominazione del festival è perciò ingannevole. E, ancora peggio, è un’assunzione di neutralità politica. L’esempio più eloquente fu l’anno 1978, quando durante l’invasione israeliana la televisione giordana Jrtv sospese la trasmissione del concorso per mostrare dei fiori. Quando fu chiaro che Israele avrebbe vinto il concorso, la Jrtv interruppe immediatamente le trasmissioni. Alla conclusione del concorso i media giordani si sono rifiutati di riconoscere il successo di Israele dichiarando il Belgio, che aveva conquistato il secondo posto, vincitore del concorso. 

Voto che dai, amico che trovi

A riscaldare ancor più gli animi sono però le modalità di votazione. Come dicono i critici, i Paesi partecipanti, nel dare i propri voti, si orientano più alle relazioni internazionali chIl gruppo turco, che si è guadagnato un posto alla finale del 16 maggioe ai gusti musicali. Ne consegue che i vicini votano i vicini, mentre i Paesi dalla storia tormentata o con rapporti politici difficili votano altri Paesi. Nel 2007 la Polonia ha dato all’Ucraina, con la quale organizzerà l’Euro 2012, il voto più alto, corrispondente a 12 punti. L’anno scorso la Svezia ha regalato ai suoi vicini, Finlandia, Norvegia e Danimarca, rispettivamente 8, 10 e 12 punti. Accanto al patriottismo locale si può osservare anche un’altra tendenza. I “gusti musicali” cambiano spesso in base agli avvenimenti politici in corso. Nel 2003 la Gran Bretagna non ha ottenuto neanche un punto, il che è stato attribuito all’intervento armato in Iraq, criticato dall’Europa.

I difensori dell’Euro festival rispondono alle accuse argomentando che il vero motivo per cui i Paesi vicini si votano l’un l’altro è la somiglianza culturale e simili preferenze musicali. Un buon esempio sono i Balcani, dove esiste una cultura musicale originale e nonostante i conflitti politici è più facile che si voti i vicini piuttosto che un Paese lontano ed estraneo. Goran Bregovic negli anni Ottanta, quando ancora era il leader della famosa band Bijelo Dugme, riuscì ad unire con la sua musica l’intera Jugoslavia.

La musica cambia le abitudini? Il caso di Israele-Palestina

Nelle intenzioni dei creatori, l’Euro festival deve unire l’Europa, almeno dal punto di vista musicale, conformemente allo slogan che dice che la musica cambia le abitudini. Ed è davvero avvenuto. Nel 1961 sulla scena furono ospiti la Spagna franchista e la Jugoslavia comunista. Nel 2000 il cantante israeliano Ping Pong dopo l’esecuzione di Be Happy sventolò la bandiera siriana e invitò entrambi i Paesi alla pace. La manifestazione è stata, quindi, per molti un’occasione per manifestare aspirazioni libertarie o pacifiste. Questa tradizione dura. Israele ha presentato all’edizione di quest’anno la sua cantante e attivista per la pace Noa e la star di origine araba Mire Awad. Si tratta del primo duetto del genere nella storia del concorso.

Dal momento dell’azione militare a Gaza però quest’idea suscita molte controversie da entrambi le parti in causa. Un gruppo di artisti arabi, israeliani e palestinesi ha scritto a Awad una lettera aperta per chiederle di rinunciare alla partecipazione e di non aderire a tale: «macchinazione propagandistica che vuole dare l’impressione di una coesistenza arabo-ebraica, gettando nell’ombra il massacro di civili palestinesi». Il duetto rimane però compatto. Awad ha affermato che suo scopo è dimostrare che «i due popoli non hanno via d’uscita e devono cercare il modo per vivere insieme». Di opinione simile è Noa, per la quale è un’occasione per trasmettere un’idea pacifica: «Molte persone guarderanno una ragazza araba che sembra ebrea e una ragazza ebrea che sembra di origine araba, come siamo in realtà. Forse questo cambierà il modo di pensare di alcune persone».

Questo ricorda le manifestazioni che organizzavano a loro tempo l’ormai defunto intellettuale di origine palestinese Edward Said e il compositore e direttore d’orchestra israeliano Daniel Barenboim. Nel 1999 prepararono un workshop musicale in Germania, a Weimar, dove raccolsero giovani musicisti provenienti da Israele e dai Paesi arabi per rappresentare delle sonate di Beethoven . All’inizio si sentivano tensioni e profonde riserve. Dopo due settimane l’atmosfera si rilassò e, come affermò Said, «persone che non avevano nulla in comune erano diventati una vera e propria orchestra perché si concentravano esclusivamente sulla musica». Quindi si può. La musica non conosce confini. Ma a Weimar si suonava Beethoven, all’Euro festival si suona di tutto...

Translated from Eurowizja: muzyka bez granic?