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Emma Bonino: cos'è il terrorismo islamico e come contrastarlo? 

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Milano

Emma Bonino spiega con semplicità e schietta precisione quali sono le peculiarità del terrorismo islamico, quali le armi che gli europei hanno per contrastarlo. Perchè uniti, sono molto più che degli Stati nazionali cinti di muri e filo spinato.

La scorsa settimana, ospite dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) a Milano, l'ex Ministro degli Affari Esteri Emma Bonino è intervenuta di fronte ad un vasto ed eterogeneo pubblico, strabordante d'interesse. A parlare era una voce autorevole ed estremamente concreta, il tema di quelli che riempiono le pagine dei giornali e le demagogie di candidati a qualsiasi poltrona: terrorismo e Islam. Fare chiarezza è quindi un'esigenza di molti.

Nonostante siano stati giorni difficili per i Radicali, con la perdita di Marco Pannella, Bonino non si è sottratta all'impegno. Quello politico, quello che ha marchiato la sua vita ancor prima che la sua carriera. Ha iniziato definendo i termini e successivamente proposto quelle che sono le sue soluzioni di partenza, per un problema vestito da fantasma, che richiede lungimiranza più che scorciatoie.

Uniti o impotenti contro il terrorismo?

In questi giorni più che mai, l'Europa unita non lo è affatto. Attendiamo con il fiato sospeso la Brexit e tremiamo di fronte ad ogni elezione presidenziale che minaccia estremismi. In effetti, l'impotenza è ad oggi l'unica reazione comune. E quindi quali soluzioni? Come affrontare un problema che sembra allargare le crepe di un'unione sempre più solo economica? 

Quello del terrorismo islamico è uno dei temi più sfaccettati che ci troviamo di fronte. Basti pensare che non esiste una definizione universale di cosa sia terrorismo. "C'è una definizione accettata a livello di Nazioni Unite per quanto riguarda il crimine di guerra e il genocidio. Non c'è consenso invece su che cosa sia il terrorismo ed è chiaro che ognuno decida di farne un uso strumentale alla propria politica"Un esempio su tutti, continua Bonino, è certamente Hezbollah: dall'agosto 2013 ritenuto un gruppo terroristico da parte europea, ma ovviamente non accettato come tale da nessun paese arabo.

Se è un problema definire cosa sia terrorismo, d'altro canto lo è anche parlare di Islam. Si tratta di un mondo composito, che presenta nei diversi Paesi pratiche assai differenti. In generale però, possiamo dire che la famiglia islamica si divide in due filoni principali: sciiti e sunniti. I primi, come spiega anche l'ex Ministro, non hanno l'abitudine a un terrorismo individuale. I sunniti, dal canto loro, si dividono in due correnti. Entrambe vogliono un Islam politico, ma, "i Fratelli Musulmani lo perseguono per via elettorale - attenzione: non ho detto per via democratica - mentre i Wahabiti sono più conservatori-reazionari, con la teorizzazione di una Jihad violenta e un'applicazione della Sharia molto restrittiva." Questi ultimi normalmente fanno capo alle monarchie del Golfo, che sono notoriamente amiche, quando non addirittura alleate di tutto l'Occidente. 

Senza andare troppo lontano, i Balcani sono un'area di penetrazione wahabita, troppo spesso sottovalutata. In Bosnia Erzegovina e nel Kosovo, l'estremismo di questo tipo di Islam è visibile ad occhio nudo, con moschee faraoniche e madrase finanziate dall'Arabia Saudita, per non parlare dei sussidi alle famiglie e gli imam scelti per le loro doti di proselitismo. 

Come sottolinea Bonino, questa penetrazione avviene anche nel resto dell'Europa, in particolar modo con finanziamenti rivolti a molti think tank, non ultime le Università. Non possiamo quindi parlare di una penetrazione attraverso i migranti, perchè è chiaro a tutti che si tratti di un mestirere molto più sottile ed elaborato. 

"Si tratta di una guerra senza esclusione di colpi all'interno del mondo arabo, per il predominio culturale, religioso, finanziario all'interno del mondo sunnita". La gran parte delle vittime, infatti, non è in Europa. Questa guerra è ben visibile e si schiera in Siria, Libia, Iraq. I nostri territori sono oggetto di sporadici attentati, difficili da comprendere per noi, sia come tempistiche che come scelta dei luoghi. 

Cosa fare a livello europeo?

Credere in soluzioni miracolose ed immediate sarebbe assurdo di fronte ad un fenomeno così complesso. Il problema vero sta nella mancanza di una politica estera comune e l'unica soluzione concreta è l'integrazione. Le intelligence europee devono dialogare fra loro e le politiche d'integrazione non possono più esser prese dal singolo Stato che gestisce i flussi dei migranti come meglio crede, in un'ottica di politica interna che strizza l'occhio all'elettorato. 

Secondo Emma Bonino, è possibile attuare solo delle politiche di contenimento. In primis dovremmo mettere in campo una condivisione delle informazioni a livello di intelligence, in modo tale che siano alla portata di tutti gli Stati e non strette in monopoli di potere nazionale. A tal proposito l'ex ministro fa notare come ci siano numerose agenzie che si occupano di criminalità internazionale (Europol, Eurojust, Frontex, per citarne alcune) e come, anche queste, non abbiano nemmeno un database condiviso. In secondo luogo, suggerisce quella che sembrerebbe una premessa scontata: abbiamo bisogno che chi si occupa di terrorismo islamico parli l'arabo. Perchè è chiaro che la rapidità e la mobilità di questi gruppi non ci consente il lusso di perdere tempo.

Necessario anche che le istituzione si riuniscano intorno ad un tavolo e discutano soluzioni plausibili a livello europeo per quanto riguarda un modello unico d'integrazione, non più per singolo Stato, come fatto finora. È necessario rivedere i modelli attuati negli anni passati all'interno dei sistemi inglese e francese, rivelatisi fallimentari. Oltremanica il multiculturalismo e oltralpe le banlieue non hanno certo portato ad una reale accettazione, creando, specialmente in Francia, non pochi problemi. Quindi bisogna guardare a nuove sperimentazioni.

"Altri studi, inoltre, ci dicono che una maggiore attenzione al mondo femminile è utile perchè sono le donne ad aver maggior bisogno di libertà. Sono loro che hanno più a che fare con la burocrazia, con gli ospedali e sono più propense a frequentare scuole di lingue". Un'attenzione cara alla Emma di stampo Radicale che, oltre ad essersi molto occupata di tematiche legate alle donne, oltre ad aver (lei sì) conseguito un livello medio di conoscenza della lingua araba, dice: "Mi sono molto battuta contro l'abolizione del ricongiungimento familiare, perchè forse riduce il numero, ma avremmo migliaia di giovani senza possibilità di vita affettiva, sessuale e sociale soddisfacente. Anzi, normalmente, l'ingresso della famiglia, e soprattutto dei figli è un elemento di responsabilizzazione".

Ci tiene molto a sottolineare come l'integrazione siano diritti ma anche doveri, quelli della cittadinanza. Un esempio su tutti, l'obbligo di imparare la lingua del Paese nel quale si risiede.

"Noi di questa integrazione abbiamo bisogno, perchè ci troviamo in declino demografico molto forte". Abbiamo bisogno, pragmaticamente, di qualcuno che paghi le nostre pensioni, che svolga lavori che non vogliamo più. Questo stato delle cose è ben noto alle leadership europee, ma a contare per i partiti restano i voti e quelli non vengono dalle migrazioni, altra pecca del sistema. Perchè concedere il diritto di voto a chi nei Paesi europei paga le tasse e costruisce un futuro è prima di tutto un atto di civiltà, oltre che di integrazione.