Emergenza a Napoli? Non solo “munnezza”
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Una Campania sommersa da tonnellate di rifiuti. L'Unione Europea che minaccia l'intervento della Corte di Giustizia. Ma come siamo arrivati qui? La testimonianza di un giovane fotoreporter napoletano.
L'Italia è di nuovo messa alla strette. Ultimatum dell'Unione Europea: al 31 gennaio 2008 il Paese ha un mese di tempo per risolvere la situazione, in caso contrario l'affare verrà direttamente gestito dalla Corte di Giustizia Europea.
«La situazione in Campania è intollerabile e capisco la frustrazione dei residenti», ha dichiarato il Commissario europeo all'Ambiente, Stavros Dimas, «è assolutamente necessario che le autorità italiane prendano delle misure aduaguate, come stanno già facendo, per risolvere il problema, e che costruiscano le infrastrutture necessarie per porre fine a una situazione che si trascina da oltre dieci anni». La "crisi" dello smaltimento dei rifiuti in campania risale infatti al 1996. La regione approvò un piano di smaltimento piuttosto ambizioso che non prevedeva né discariche né riciclaggio. I rifiuti sarebbero stati trasformati in energia, grazie a un sistema di termovalorizzatori (inceneritori che trasformano il calore in energia, ndr). I rifiuti hanno iniziato ad essere stoccati in ecoballe (trattamento per essere poi bruciati, ndr), ma la gente ha iniziato a protestare per le conseguenze ecologiche e ambientali degli impianti. Che non hanno aperto, mentre vecchie discariche a lato venivano chiuse. Da lì, a cadenze più o meno regolari, Napoli e la Campania si ritrovano sommerse dall'immondizia, con amministrazioni comunali e regionali che non sanno che fare. Ma i tempi non sono un po' lunghi?
La testimonianza di un giovane fotografo napoletano.
QUEI FORI DA CUI GUARDO NAPOLI
Tutti i luoghi della Terra hanno cose che è difficile spiegare, tipiche di quel posto: vizi, gesti, parole, abitudini, virtù e peccati. La Campania è uno di quei posti dove quella difficoltà di far capire ad altri il perché di alcune cose diventa un ostacolo insormontabile, un muro di cemento armato. Napoli è stata nelle ultime settimane sulla bocca di mezzo mondo. Le montagne di immondizia per le strade, i blocchi stradali, i roghi, le cariche della polizia. Ma, nonostante il gran parlare, resta in molti una domanda: com’è potuto accadere? Com’è potuto accadere che una delle città più belle e problematiche d’Italia si ritrovasse sommersa dai rifiuti, incapace di gestirli? Tutti si sono chiesti di Napoli, ma non è un problema che riguarda solo il capoluogo della regione: sono soprattutto i paesi più piccoli, i meno noti, quelli di provincia ad esserne toccati. Paesi scomparsi, inghiottiti, che forse non hanno mai visto realmente la luce della democrazia e le libertà di una repubblica, paesi dove il potere politico è in coppia con la camorra.
Nell’entroterra campano i segnali stradali, quelli che indicano le direzioni, sono ridotti a colabrodo. Bucati dai proiettili. Sono arrugginiti, e la ruggine con la pioggia, cola, disegnando lo squallido quadro della situazione. È una specie di specchio, deforme e deformante che rimanda l’immagine della terra in cui vivi. Ogni giorno i cittadini di queste terre devono alzarsi e guardarsi in quello specchio. Quei fori sono buchi nel petto di chi lì vive quotidianamente. Sono fori sull’immagine dell’Italia. Per capire cosa sta succedendo, per comprendere i cumuli di spazzatura, bisognerebbe partire da quei fori di proiettile. Bisognerebbe dire al mondo che la politica, per anni, in Campania non ha fatto costruire gli impianti per il trattamento e la raccolta differenziata, bisognerebbe dire che per anni si sono aperte mega discariche che hanno irrimediabilmente avvelenato il territorio. Bisognerebbe dire che per decenni si sono date rassicurazioni in merito all’allestimento delle discariche che poi si sono rivelate vere e proprie bombe per quanto riguarda i rischi ambientali. E bisognerebbe anche parlare di un paese dove non funzionano i mezzi pubblici, l’assistenza, la sanità, le scuole, la giustizia. Un dato per tutti: il tasso di disoccupazione a Napoli arriva all'31,39%, mentre nel resto della regione si parla di un 11,58%.
Così dopo aver chiuso le ultime discariche senza aver approntato un piano per lo smaltimento dei rifiuti, lo Stato italiano s’è ritrovato a dover gestire una situazione allarmante. Da una parte i sacchetti che si accumulano per le strade, dall’altra le rivolte di persone che non vogliono più subire, che non sono più disposte a tollerare scelte che giudicano inadeguate sul loro territorio. La situazione campana ricorda quella delle banlieues francesi. Non si tratta infatti solo di “munnezza”. Non può essere solo questo se si accendono focolai di protesta in tutta la Campania. Si tratta di disagio sociale che sta esplodendo su una delle questioni irrisolte del mezzogiorno d’Italia e d’Europa. Un territorio abituato a subire e sopportare. Un territorio ovviamente a volte anche colpevole e connivente. Anche solo per “quieto vivere”.