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Elliot Lepers: il designer della politica

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Translation by:

Ana Mazza

Impact

A 23 anni, ha già inventato un'applicazione per boicottare Amazon, ha fondato un sito per la lotta contro il sessismo e trasformato la candidata dei Verdi, Eva Joly, in una "politica pop". Queste azioni, messe il fila, costituiscono il curriculum di un brillante tuttofare, con grandi idee per il futuro. Intervista con colui che ha deciso di ridisegnare la politica e la società.

Alcuni parlano di audacia mentre per altri potrebbe trattarsi di indelicatezza. Quando riceve gli ospiti, Elliot Lepers si siede ma poi è assorbito dal suo telefono. Si scusa. Ritorna dopo 5 minuti e si scusa ancora. Venti minuti più tardi si ripresenta per iniziare una meticolosa lezione sulla storia del design.

Il designer che non sbaglia mai

Il suo è un atteggiamento che ispira una certa fiducia. Nel giro di pochi anni, Elliot Lepers ha presentato su Canal+ una delle prime trasmissioni dedicate alla attività creativa sul web; ha organizzato la campagna digitale del Partito verde europeo; ha sviluppato un'applicazione che favorisce la lotta contro l'onnipresenza di Amazon (Amazon Killer); e ha creato uno dei primi siti che si batte ogni giorno contro il sessismo (Macholand). A soli 23 anni, questo ragazzo parigino ha un curriculum che trasuda insolenza.

I media spesso lo descrivono come "il giovane genio di Internet", un termine che lo irrita parecchio, ma che alla fine non nasconde la verità: Elliot ha scelto il mondo digitale per esprimere se stesso. Sul suo sito e sui suoi vari profili Twitter e Medium lui (che difende le cause femministe, ecologiste e sociali) si definisce un "designer della politica". Ed è propio lì che inizia la nostra lezione, o meglio in Germania, nel 1910, dove il movimento Bahaus decise di razionalizzare l'approccio al design, ovvero una riflessione sulla creazione delle cose. 

Il giovane designer ci offre la sua lezione seduto su uno sgabello, con la camicia sbottonata, una giacca, pantaloni di cotone e i calzini color senape, come il giallo dei muri della piccola stanza del Tank, uno spazio di coworking nel cuore di Parigi. Insegna gesticolando con le mani e, quando si tratta di definizioni, non esita nel fare una pausa per vedere se lo stai seguendo. «Il design si riflette sulla base delle vostre azioni». Fa una pausa. «È il mio approccio al design che mi fa pensare al modo in cui si crea la politica e al fatto che questa debba rispondere a un bisogno primario: soddisfare le necessità dei cittadini. E nel 2015 mi sono convinto del fatto che si debba ridisegnare la politica».

Concretamente tutto questo ci fornisce degli strumenti, spesso innovativi. Dal cuore del N.O.U.S, il suo studio digitale nonché il suo ufficio come direttore della campagna web per Europe Écologie Les Verts (Europa Ecologica - I Verdi, n.d.t.), Elliot Lepers aiuta a "razionalizzare" la politica, e a trovare una via d'accesso in questo mondo moderno. «Abbiamo creato un sistema di scrittura collaborativa che permetta loro, ad esempio, di proporre le mozioni e di registrarle contemporaneamente», spiega, stringendo il pollice e l'indice. «Per me, questo dimostra che attraverso gli strumenti tecnologici, possiamo effettuare profondi cambiamenti relazionali».

Da Jacques Chirac alla donazione di cibo

Il suo primo ricordo della politica lo riporta indietro nel 2002. Elliot ha 10 anni e guarda i suoi genitori che si mettono davanti alla televisione per vedere l'annuncio della rielezione di Jacques Chirac Presidente della Repubblica. «Vidi che molte persone erano interessate e capii che si trattava di un qualcosa d'importante, fu così che crebbe la voglia di saperne un po' di più», commenta. Lo stesso anno, mentre frequentava la quinte elementare, realizzò la sua prima petizione per donare il cibo non consumato a mensa. «Vedevo gettar via interi dessert e questo mi scandalizzava, volevo distribuirli ai senzatetto della città». Di conseguenza, Elliot si candidò alle elezioni per il rappresentante di classe. Uno dei rari modi, all'epoca, per esprimere il suo interesse per la politica, ereditato in parte dai suoi genitori, entrambi giornalisti. «Ho avuto la fortuna di vedere mio padre (il giornalista John-Paul Lepers, n.d.r.) intervistare dei politici. Abitavo vicino a Parigi, e per questo era possibile», aggiunge.

Era mosso da una passione inconsueta, almeno per i giovani della sua età. La verità è che, all'inizio della sua infatuazione per la politica, il ragazzo giocherellava, costruiva, e "concettualizzava", nella sua stanza. Ovviamente la sua passione per il design l'ha portato ad Art Déco, una delle migliori scuole d'Europa nel settore. Qualche mese dopo, Lepers stava già animando uno sciopero, il primo nella storia della scuola. «Non ci eravamo mai confrontati con il potenziale ruolo sociale che potevamo ricoprire in quanto studenti di una scuola pubblica, pagata con i soldi del popolo francese», dice.

Fu questo che lo portò a scrivere una tesi, La Société Ouverte (La società aperta, n.d.t.), dove metteva in discussione l'elitarismo e l'accademismo della scuole d'arte francesi. Passo dopo passo, iniziò a sviluppare l'idea che la politica dovesse essere condizionata da un preciso elemento: l'impegno, seppur piccolo, dei cittadini.

La demo di Amazon Killer.

"Il problema è lasciare la nostra zona di comfort"

«Alla fine, tutto quello che ho fatto è stato sviluppare delle micro-prese di coscienza con cui tento di instillare dubbi nelle persone», dice. «Con Amazon Killer, ho cominciato seminando un dubbio, ovvero quello di preferire la ricerca dei libri nelle librerie fisiche all'acquisto virtuale su Amazon. Le 10 mila persone che hanno installato questa applicazione sui loro PC erano 10 mila persone con dei dubbi». Questa idea viene espressa nell'articolo La Fabrique de l’Engagement, ma richiede una condizione: per diventare degli attivisti, è necessario fare degli sforzi. «Prendere un aereo per andare a Barcellona durante il weekend è ormai normale per molti giovani: quindi, non è più il caso di continuare a farlo», spiega Elliot. La stessa storia per quanto riguarda il cibo, acquistare un iPhone o fare una doccia. «Il problema è lasciare la nostra zona di comfort. Arriverà un momento in cui dovremo accettare il fatto di avere delle restrizioni. Non esistono per infastidirci, ma bensì per permetterci di continuare a vivere».

Il Pianeta ha convinto Elliot a non lottare mai per una posizione in politica. Deluso dai giochi di potere e dai tradimenti, nel 2012 ha lasciato la campagna per le elezioni presidenziali dei Verdi. Facendo un passo indietro dal classico circuito politico, «perché viviamo in un mondo in cui le icone bruciano», ha capito che il potere esiste solo grazie all'influenza che gli conferiamo. Nella vita reale, esistono disatri naturali, il riscaldamento globale, il sessismo quotidiano, i problemi culturali. «Che cosa possono fare 150 capi di Stato di fronte ad un disastro? Niente». La soluzione? «Ne esistono molte, ma principalmente tutto parte dai cittadini che si impegnano nel cercarle. È grazie a questa sperimentazione che è nata la prima alternativa». Il suo nome? Wikileaks.

Ora, Elliot Lepers si sta grattando la testa di fronte alla sua attuale preoccupazione: la crescita del Front National. Il compito è arduo, forse più arduo degli altri. «Non bisogna in nessun modo sottovalutare il lavoro dell'estrema destra, la stoffa è così ben tessuta che ogni strategia per annullarla fallisce all'istante». Il giovane designer non si arrende e se ne va in giro a ritoccare, a sperimentare e a parlare alla gente. «Siamo in molti a lavorarci su. Insieme, troveremo la chiave». Se si fosse allontanato per rispondere a una chiamata che riguardava questo problema, come avreste reagito?

Story by

Matthieu Amaré

Je viens du sud de la France. J'aime les traditions. Mon père a été traumatisé par Séville 82 contre les Allemands au foot. J'ai du mal avec les Anglais au rugby. J'adore le jambon-beurre. Je n'ai jamais fait Erasmus. Autant vous dire que c'était mal barré. Et pourtant, je suis rédacteur en chef du meilleur magazine sur l'Europe du monde.

Translated from Elliot Lepers : le design de la politique