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Economia estone, tra atterraggio brusco e estate boreale

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Politica

11% di crescita, 4,5% di disoccupazione e tanto liberismo. Così la Tigre Baltica conquista gli investitori. Ma le minacce non mancano. E l'Euro arriverà quanto prima nel 2012. Perché l'inflazione...

“Show must go on”, canta Freddy Mercury dalla filodiffusione della sala arrivi dell'aeroporto di Tallinn. Saranno gli scherzi del destino. Sarà l'estate boreale che, con la luce ancora lì a mezzanotte, dà l'immagine di un paese che non dorme mai. Ma in questo momento l'Estonia vuole davvero che lo “show continui”. Che non si fermi la corsa di questa Tigre baltica che nel 2006 sfoggiava un glorioso 11,4% di crescita del prodotto interno lordo, nella Ue seconda sola alla vicina Lettonia. Ma che per il 2007 ha appena abbassato le previsioni dal 9,2% all'8,1% e – cosa più grave – incassato un declassamento dalla Standard & Poor's. Il motivo? L'agenzia di ratings paventa un atterraggio brusco dell'economia dopo un settennio di crescita superiore al 7%. Sarà vero? Quanto solide sono le basi dell'economia estone? E come si spiega il boom degli ultimi anni?

In Estonia? C'è meno corruzione dell'Italia. Parola di Transparency International

«Da quando riacquistò l'indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991» – racconta l'imprenditore spagnolo Javier Ortiz de Artiñano (nella foto a sinistra) che qui ha fatto fortuna – «l'Estonia ha deciso di applicare un sistema liberista a oltranza che ha prodotto, ad esempio, un tasso di disoccupazione inferiore al 4,5%». Roba da Stati Uniti. E così, dal 2003, questo giovane immobiliarista ha scelto Tallinn, ingrossando le fila degli investitori stranieri. Le ricette della success story estone sono note: aliquota unica per le imprese al 22%, esonerazione degli utili reinvestiti e un'idea: farsi beffe della geografia. Seduti al Noku (in estone “pisellino”), un club alla moda dello splendido centro storico medievale, Ortiz spiega istrionico: «Conosci Civilization, il video-game in cui devi costruirti un impero? Bene. Che paese sceglieresti tu: uno piccolo, senza materie prime e con un clima da schifo o uno 20 volte più grande, piazzato su un enorme giacimento di petrolio? Ebbene perché il Venezuela fa quella fine e l'Estonia va a mille? Perché qui tutti sanno di vivere in un paese piccolo che per svilupparsi deve aprirsi al mondo». Ma il segreto del successo del più orientale dei paesi baltici è, per Ortiz, «l'assenza di corruzione. Nella classifica di Transparency International, l'Estonia supera di gran lunga l'Italia, mentre la non tanto lontana Polonia è ai livelli della... Jamaica».

Il risultato di questo cocktail? Il benessere. Quello delle statistiche ufficiali – quanto a Pil pro capite tra membri Ue il Paese ha quasi raggiunto i 18mila euro annui del Portogallo – e quello percepito. David Ajanjan, 20 anni, studia per divenire programmatore: «Sono sempre di più le famiglie a possedere persino due case o due macchine». Sì, perché in Estonia – che ha fatto dell'apertura alle nuove tecnologie una bandiera – è possibile contrarre un mutuo persino tramite sms.

L'altra faccia della Corona

Ma il boom della spesa interna e la crescita a due cifre costano caro. Secondo dati del Ministero delle Finanze, nel 2007 l'inflazione raggiungerà quota 6,1% invece del 4,9% previsto, per poi continuare la sua impennata nel 2008 (7,4%) e iniziare a scendere solo nel 2009. Obiettivo per la normalizzazione? Il 2012. «Quello dovrebbe essere anche l'anno dell'Euro», prevede l'analista Maris Lauri. E non è una coincidenza. Se nel 2006 il Paese ha gettato la spugna nella sua corsa per aderire nel 2008, è proprio a causa di un'inflazione eccessiva. Che lo metteva fuori gioco rispetto a Maastricht. «Un vero peccato», rimpiange Anne Sulling, la brillante consulente scelta all'epoca dalle Finanze come 'Madame euro'. Per la Sulling, affascinante trentenne formata in Usa e Francia, il suo Paese era disarmato: «La corona è legata a doppio filo con l'Euro. E tanto meglio. Ma ciò ci obbliga ad applicare gli stessi tassi (bassi) della Bce pensati per le economie lente. Mentre la crescita nella Vecchia Europa arranca, noi compraiamo auto e case a gogo. E la nostra Banca Centrale non può nemmeno limitare il volume dei mutui delle banche». Ma il Governo ha davvero fatto tutto il possibile? «Sì, tranne ovviamente ricorrere a qualche trucchetto sui conti. Come fatto da Grecia, Italia o Slovenia. La realtà è che, tra tutti gli aspiranti dell'Est, l'Estonia è il paese meglio preparato per l'Euro. Fin dall'indipendenza il nostro bilancio è sempre stato in pareggio o addirittura in surplus.» Ortiz va più in là nella critica della politica Ue: «Oggi due sono le possibilità: o si frena la crescita di questo Paese o si prende una decisione politica. Il guaio è che le repubbliche baltiche, nella Ue, non contano.»

L'analista: «Miriamo a standard da paese scandinavo»

Intanto la popolazione è titubante. Taino Klaar, giovane direttore della Rappresentanza della Commissione Europea in Estonia, alle spalle di una sua foto da studente con Madleine Albright, spiega: «Solo il 40% degli estoni approva l'euro perché la nostra moneta è un simbolo dell'indipendenza». Questo scetticismo trova riscontro a pochi passi dalla sede Ue. Interrompo la 30enne Tanya Lyubimtseva, proprietaria di un negozio di corredi per la casa, mentre ripete, tra un cliente e l'altro, le lezioni di inglese: «L'Euro? Non ora che l’inflazione è già così alta. La gente ha paura del carovita». Katrin, che studia Educazione Fisica, non è d'accordo: «È meglio per la sicurezza del Paese». E chi dice sicurezza dice allontanamento dalla ex Grande Madre Russia.

«In realtà», ribatte Maris Lauri, «se consideriamo che l'obiettivo Euro è solo rimandato, l’inflazione è un problema di breve termine. Per il Paese il vero handicap è la mancanza di forza lavoro. Il tasso di impiego cresce dell’1% all’anno ma tra 5 anni si fermerà. Mentre la popolazione continuerà ad invecchiare». Un paese “normale” penserebbe all'immigrazione. Ma in Estonia ciò vorrebbe dire «aumentare la presenza dei russi che rappresentano già il 20% della popolazione. No» – martella la Lauri – «le aziende devono capire che noi miriamo a standard da paese scandinavo. Che qui non c'è mano d'opera low cost. E noi dobbiamo attrarre personale altamente qualificato. Il problema è che dall'Ue i lavoratori non arrivano per via dei contributi troppo bassi». Giusta prudenza o finte paure? Intanto, immigrazione o meno, l'Estonia vuole proseguire la sua corsa, conscia che dopo anni di crescita sfrenata, l'atterraggio sta iniziando. La speranza? Che non sia brusco. Proprio come l'eterno imbrunire dell'estate boreale.

Foto Farano