Ecofin: lo strapotere dei Grandi
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I Ministri dell’Economia dell’Ue hanno deciso sul deficit: Italia assolta e sei Paesi della Nuova Europa condannati. Come spiegarlo?
Lunedì scorso, il Consiglio Ecofin si è riunito per discutere della richiesta di “early warning” (avviso preventivo) fatta dalla Commissione nei riguardi dell’Italia, colpevole di accusare per l’anno in corso un deficit pari al 3,2% del PIL: appena due decimi sopra il limite consentito, ma abbastanza per potersi meritare un “avvertimento ufficiale” prima dell’applicazione di vere e proprie sanzioni.
Insieme con l’Italia, il vertice dei ministri delle Finanze doveva discutere l’analoga posizione di altri sei paesi recentemente entrati nell’UE, e di “vecchi” paesi membri come Grecia e Olanda.
Benvenuti all’ennesimo teatrino della politica
La presenza di Berlusconi all’Ecofin ha fatto evitare all’Italia il “warning”, proprio come successe a Francia e Germania il 25 novembre 2003, in base a una abbozzata manovra di 7,5 miliardi di euro; l’Ecofin ha in pratica creduto alle promesse di un premier che ha mandato avanti la terza economia europea a botte di condoni fiscali e misure una tantum, e la cui principale arma di politica interna è un ipotetico quanto stupefacente taglio generale delle tasse!
La procedura per deficit eccessivo è stata invece avviata nei confronti della Grecia (l’Olanda ha accettato le misure proposte dalla Commissione), che pure aveva un deficit simile a quello italiano, ma un debito pubblico inferiore. Perché?
Sulle promesse italiane si registrava alla vigilia lo scetticismo dei tecnici e l’ottimismo dei politici; lo si capiva dai commenti. Il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker dichiarava che “la decisione presa non danneggerà l’Italia”. Interessanti certezze. E l’interim delle Finanze, assunto da Berlusconi in seguito alle dimissioni di Giulio Tremonti, veniva sorprendentemente ritenuto una misura “incoraggiante” dal Ministro delle Finanze olandese Gerrit Zalm.
Inutile umiliazione
L’Ecofin ha invece approvato l’“early warning” per Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia: poca fortuna per Paesi che, al di là della retorica dell’allargamento, faticano ad adattare le proprie economie in transizione ai criteri UE. Proprio per questo motivo lo stesso Ecofin ha deciso di non minacciare sanzioni: perché allora non evitare questa inutile umiliazione nei loro confronti?
Semplice: i criteri “tecnici” del Patto di Stabilità e Crescita sono ormai divenuti carta straccia, ed è il gioco di forze politico degli stati che decide chi è “virtuoso”, e chi no.
Proprio per ridare credibilità al Patto, la Commissione, per bocca del commissario Joaquín Almunia, intende giocarsi a breve la carta di una complessa riforma. Ma sarà difficile togliere ai grandi stati i loro poteri di veto.