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E la cultura pop in Europa?

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agata garofalo

Nel novembre 2007 l’Ue ha varato un piano per “un’Agenda culturale europea”. Ma la cultura popolare e soprattutto digitale, sembrano escluse. Perché pop significa integrazione.

La cosiddetta “cultura alta” – teatro, musica classica o architettura – è abbondantemente rappresentata nei progetti culturali europei, spiega l’antropologo neozelandese Cris Shore in Building Europe, opera che analizza la cultura europea degli anni Novanta.

Quello che sembra essere alieno nella “cultura europea” è il concetto di cultura “popolare” e, purtroppo, il progetto “Agenda culturale per un mondo globalizzato” non smentisce quest’idea.

Errore imperdonabile. La cultura pop può dar vita a molte iniziative importanti e arricchire il progetto messo in atto dall’Ue. Come? Stimola la diversità culturale e il dialogo. In Populärkultur (cultura popolare), pubblicato nel 2005, il sociologo svedese Simon Lindgren elenca alcune delle qualità essenziali della cultura popolare contemporanea: è commerciale, facilmente reperibile, richiede meno sforzo intellettuale rispetto, per esempio, all’opera, ed è sinonimo di svago e divertimento. Ma soprattutto è popolare, nel senso più stretto del termine, perché dà alla gente quello di cui ha bisogno, soddisfacendo le più diverse esigenze culturali.

Una manna dal cielo

Il rap è un sintomo di periocolo?Da un punto di vista sociologico, queste qualità sarebbero una benedizione divina per il raggiungimento degli obiettivi che l’Unione Europea si prefigge. Fu l’Americano George Blecher ad affermare che tutti i successi della politica americana d’integrazione si devono alla potenza comunicativa della cultura popolare, e che iniziarono proprio dai palcoscenici.

La cultura popolare, inoltre, è un barometro dei cambiamenti sociali. In seguito alle rivolte del 2005 nei sobborghi francesi, Alan Riding, giornalista del New York Times, scriveva che «attraverso le sue forme di espressione artistica (film e musica rap) la gioventù francese di colore o con origini asiatiche, già da tempo esprimeva il proprio senso di alienazione dalla società francese, annunciando così che le rivolte erano sul punto di esplodere». Purtroppo in pochi gli hanno prestato ascolto. D’altronde, nonostante i sostenitori della distinzione tra cultura alta e bassa, la cultura pop è sempre esistita nel panorama europeo. Ne sono esempi lampanti la musica Yéyé franco-canadese, il gruppo svedese degli ABBA, ma soprattutto l’Eurofestival. Se guardiamo alla cultura popolare da un punto di vista esterno, l’Europa è un focolaio d’icone: ad esempio ogni anno l’azienda internazionale Interbrand controlla regolarmente la classifica delle 100 marche più popolari, e Mercedes-Benz, Bulgari e Courvoisier sono sempre tra le prime.

Videogiochi & arte

Lo sbaglio principale dell’Unione Europea è stato quello di non includere l’industria di videogiochi nella sua strategia: a parte l’industria cinematografica di Hollywood, non esiste settore al mondo che riunisca così bene la creatività culturale, l’abilità tecnologica e le possibilità economiche. Ne è esempio Grand Theft Auto (GTA), una serie di videogiochi di successo ideata nel 1997 dalla scozzese DMA Design, azienda rilevata nel 1999 dalla multinazionale americana Take-Two Interactive e in seguito ribattezzata Rockstar North. Lanciato sul mercato il 26 Marzo del 2008, ha già venduto settanta milioni di copie.

Nell’edizione precedente, cioè GTA IV, Niko Bellic, il protagonista dai tratti est-europei, arriva a New York e rimane coinvolto in una serie di avventure. Il commento entusiasta di un giornalista norvegese specializzato in tecnologie, che paragona inoltre la struttura narrativa del videogioco con quella di film come The French Connection (1971), è che «si tratta senza dubbio di uno dei migliori prodotti dell’industria moderna d’intrattenimento, senza distinzione di genere o formato». Aggiungiamo un aumento di praticità, una grafica iperrealista, musica che aumenta la tensione e incarichi sempre più complessi, e capiremo l’incredibile successo riscosso da questo gioco.

Perché, che ci piaccia o no, i valori culturali sono strettamente legati alla sfera emotiva, e i giochi ridestano le emozioni. Resta da scoprire se riaccendono sentimenti di europeità. Credo di no, ma almeno ci permettono di divertirci. D’altro canto, un’Unione Europea più attenta avrebbe forse evitato che la DMA Design fosse rilevata dagli americani.

Translated from What happened to pop culture, EU?