Due ragazzi e la voglia di libertà in Iran
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Valentina Murgolo"Gli iraniani vogliono solo una cosa: il rispetto dei diritti fondamentali" Siavosh Hosseini
Farzad Maddadzadeh, 29 anni, e Parisa Kohandel, 18, sono due giovani oppositori iraniani da poco usciti clandestinamente dal loro paese di origine per raggiungere la resisitenza contro la dittatura religiosa.
In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, hanno testimoniato sull'infernale repressione in Iran, paese che detiene il record mondiale del numero di esecuzioni per abitante e dove le impiccagioni sono arrivate a 2000 da quando Hassan Rohani è salito al potere.
Farzad è stato arrestato nel 2009 e ha passato cinque anni in prigione per aver sostenuto il movimento di opposizione dei Mujaheddin del Popolo (OMPI).
L'isolamento è la peggiore forma di tortura, ha spiegato. «Per due volte, sono stato messo in isolamento. Per due volte, ho passato sei mesi in una cella di un metro e mezzo per due. È un'esperienza atroce, peggio della tortura fisica. Non vedi niente, non senti niente. Sei tagliato fuori dal mondo. L'unica cosa che puoi fare è camminare e pensare agli interrogatori a cui sarai sottoposto. Hai come l'impressione di vivere in una specie di vuoto, sempre sapendo che in qualsiasi momento possono veniriti a prendere per portarti alla forca».
Farzad oggi vuole essere la voce dei suoi compagni che sono stati giustiziati: Ali Saremi, Mohsen Dogmechi, Jafar Kazemi e Farzad Kamangar.
In prigione, la tortura è pane quotidiano: «Bruciature di sigarette su tutto il corpo, scosse elettriche per gli oppositori e soprattutto per i simpatizzanti dei Mujaheddin del Popolo o chi vuole un cambiamento del regime».
Secondo Farzad «la repressione dell'opposizione politica si è intensificata proprio quando i dirigenti iraniani hanno cercato di mostrarsi moderati per stipulare l'accordo sul nucleare e fare in modo che gli occidentali togliessero le sanzioni. Questo accordo nucleare ha reso il regime ancora più spudorato, perchè si capisce che l'Occidente resterà in silenzio qualsiasi cosa noi facciamo». Secondo lui, il regime vive nella «paura costante» di un'insurrezione delle forze di opposizione.
La commovente testimonianza di Paria
Paria Kohandel ha un ricordo doloroso della sua infanzia, durante la quale suo padre era dietro le sbarre in un paese in cui migliaia di persone sono state giustiziate per ragioni ignote.
Paria ha testimoniato a Parigi in occasione di una conferenza organizzata dal Comitato di supporto ai diritti umani in Iran in presenza di numerosie personalità, tra cui Phumla Mandela (la figlia di Nelson Mandela), Rama Yade, Maryam Radjavi presidente del CNRI, Monsignor Jacques Gaillot, vescovo della diocesi di Partenia, Henri Leclerc (Presidente onorario della Lega dei diritti umani), Gilbert Mitterrand (Presidente della Fondazione France Liberté -Danielle Mitterrand), Patrick Baudouin (Presidente onorario della FIDH).
Paria, a partire dai suoi quattro anni, ha visto suo padre incarcerato tre volte. L'ultima volta, nel 2007, è stato condannato a dieci anni di reclusione per aver manifestato il suo sostegno in favore dell'OMPI e del cambiamento democaratico in Iran. E' stato torturato per costringerlo a fare un'intervista televisiva in modo da diffamare l'opposizione.
Paria racconta: «In dieci anni ho potuto abbracciare mio padre solo tre volte visto che, in galera, le visite si facevano dietro un vetro. Ma quando era messo in isolamento, allora non c'erano più visite. Per andare a trovarlo in prigione dovevo attraversare un lungo corridoio. Quando attraversavo questo corridoio, incrociavo molti bambini di sei, sette, otto anni, costretti anche loro ad attraversare lo stesso corridoio. Molti di loro avevano in mano delle figurine, dei disegni di bambini che si disegnavano accanto ai loro papà, e molti di loro quando tornavano la settimana successiva non rivedevano più il loro padre!».
Paria aggiunge poi: «Se ho potuto sopportare questa esistenza e le storie sconvolgenti che sentivamo ogni settimana su questi condannati a morte, è grazie alle manifestazioni di supporto da parte della popolazione». Il direttore della scuola che ha accettato la sua iscrizione in una scuola vicina alla prigione, chiedendole di restare discreta. I professori che le permettevano di saltare i loro corsi i giorni di visita e le domandavano perfino di salutare il padre da parte loro.
«La lotta di mio padre mi ha spinta ad impegnarmi con l'OMPI, sono decisa, non ho paura di niente».
Paria testimonia anche sulla repressione delle donne che non rispettano i canoni vestimentari dei mollah. Racconta la resistenza delle ragazze durante gli arresti: getti di acido sul viso, colpi di sciabola alle braccia nude che sporgono dai finestrini delle macchine. In poche parole: il terrore che i criminali al potere fanno regnare.
«Il regime ha bisogno che le persone continuino ad avere paura, spiega. Se la popolazione viene a sapere che le torture e le esecuzioni diminuiscono si farà coraggio e scenderà in strada come nel 2009».
Paria parla della voglia di cambiamento degli iraniani. «Questa gente vive da trentasei anni con queste tragedie quotidiane e vuole solo una cosa: la libertà e il rispetto dei diritti fondamentali. L'Europa non deve chiudere gli occhi davanti a queste violazioni dei diritti umani con il pretesto dell'accordo sul nucleare. Bisogna smetterla con la condiscendenza nei confronti dei mollah».
Translated from Deux jeunes parlent du désir de Liberté en Iran