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Democracy, con gli occhi della politica.

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Napoli

Siamo andati al cinema Astra a vedere il docu-film Democracy di David Bernet, attratti dalla tematica scottante dei dati digitali e dall’ insolita finestra d’osservazione privilegiata che il regista ci offre sul lavoro del Parlamento Europeo.

Per molti i dati sono il petrolio del XXI secolo. Se pensiamo ai modi in cui il petrolio ci ha cambiato la vita, i dati lo faranno altrettanto. E se i dati sono il nuovo petrolio la protezione dei dati è il nuovo ambientalismo”.

Così la voce fuori campo trascina subito lo spettatore a confrontarsi con il tema dei dati digitali, il nuovo “oro nero”. Un nuovo materiale disponibile in grandi quantità che incide e inciderà sulla nostra vita in molti modi.

Per il suo progetto Bernet ha seguito per due anni la procedura legislativa di regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, seguendo passo dopo passo tutto l'iter: la proposta, le modifiche, la promulgazione.

Armi cibernetiche.

Il risultato è un docufilm in bianco e nero che coinvolge direttamente lo spettatore in quel complesso e intricato sistema che è il Parlamento Europeo. E lo fa su un tema che lo riguarda direttamente, mettendolo al centro di un dibattito tra diritti fondamentali, sorveglianza di massa e interessi economici.

Sono proprio i diritti fondamentali il tema principale.Dopo il cosiddetto caso “datagate”, i dispositivi che prendono e smistano dati sono paragonati a vere e proprie armi cibernetiche non regolamentate, che rappresentano un problema sempre più gravoso.

Una storia lunga due anni.

Il film inizia nel 2014 con l’approvazione del Parlamento europeo del nuovo regolamento, e poi salta a due anni prima e all'avvio dei negoziati. Al centro c’è il relatore, un eurodeputato tedesco del gruppo dei Verdi che ha il compito di guida e supervisore dell'intero processo. Lo vediamo con la sua squadra parlare con lobbisti e attivisti per i diritti civili, incontrare gruppi di esperti e parlare con i colleghi nei corridoi del potere. Ci avventuriamo con lui in un circolo pirandelliano e lo seguiamo, il giovane parlamentare tedesco Jean Philipp Albrecth, condividendone l’esaltazione ma anche il timore di fallimento, mentre viene messo a dura prova nel tentativo di giungere ad un compromesso condivisibile per tutti.

Proprio il termine ‘’compromesso’’ è ripetuto di frequente, a mo’ di mantra, soprattutto nel momento più difficile per Albrecht, quando sembra che il regolamento sia destinato a non essere mai promulgato. Questa parola, che a noi italiani suona a tratti come una parolaccia, sembra l'unica soluzione possibile per, citando lo stesso Relatore, accontentare comunque il suo elettorato, comporre tutte le opinioni divergenti senza perdere l’occasione di avere una buona legge che dia diritti ai cittadini.

Bernet accosta continuamente scene all’ interno delle labirintiche e spoglie sale del parlamento, che sembrano ancora più intrise di grigiore burocratico grazie al bianco e nero scelto dall'autore, a scene di vita quotidiana appena al di fuori da quelle pareti: il pubblico e il privato proprio al centro del dibattito sulla protezione dei dati.

L’estenuante battaglia colora il film,  mentre i momenti di “normalità” che si insinuano nella macchina legislativa, il mangiare distrattamente un panino, il cercare goffamente di fare il nodo alla cravatta, ci svelano il lato nascosto di quello che a molti sembra l’inaccessibile e impersonale Parlamento Europeo.

Al contrario della sorveglianza di massa contro la quale Albrecht si batte, che non tiene conto delle nostre singolarità, lo sguardo del regista cerca di far emergere l’individualità all’interno di un meccanismo troppo complesso per apparire reale. E’ questa complessità che Bernet ha il pregio di sciogliere, creando un rapporto diretto tra parlamentare, telecamera e spettattore, cosicché la battaglia della squadra di Albrecht diventi la battaglia di tutti, e si arrivi a tirare un sospiro di sollievo quando il regolamento, alle votazioni, finalmente passa.