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David Le Breton: «Il corpo, estensione dell'anima»

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BrunchCultura

Il 54enne antropologo francese, autore di Il sapore del mondo. Un'antropologia dei sensi ci accompagna in un personalissimo viaggio. Attraverso l’Europa e i cinque sensi (o sei).

«Sento, dunque sono». Così David Le Breton sintetizza, parafrasando Cartesio, la sua antropologia: studiare l'uomo con un approccio sensoriale. Sì, perché Le Breton è un Robin Hood dei giorni nostri, con i capelli scompigliati (che tocca continuamente) e i jeans al posto della calzamaglia. Col vizio di citare i filosofi del passato. Divulgando. “Rubando” ai ricchi (di sapienza) per “dare” al grande pubblico.

Una città per ogni senso

Quando lo incontriamo l’antropologo francese si trova al Festival della Mente di Sarzana, sulla costa ligure dove ha appena stroncato Aristotele: «È dal filosofo greco che deriva la visione della percezione sensoriale estremamente riduttiva che hanno oggi gli europei», argomenta risoluto. Cinque sensi non bastano, spiega Le Breton, che insegna all’università di Strasburgo. «Quante volte nelle nostre conversazioni tiriamo in ballo la presenza di un sesto senso, o quante altre prendiamo come appiglio l’intuito femminile per spiegare concetti che altrimenti non riusciremmo ad esprimere?», incalza l'antropologo. Ridurre i sensi a cinque è, però, un’operazione di semplificazione che può tornare molto comoda. Specie quando si deve fare una corrispondenza uno ad uno con una città. Dare ai sensi una casa: motivo nobile, per ridurli ad un numero finito. È questo il gioco che proponiamo a Le Breton.

Il tatto è Lisbona

«Difficile», risponde riponendo gli occhialini dalla montatura celeste sul tavolo, a fianco del boccale di birra. Si massaggia le meningi, prende fiato. Poi spara: «Il gusto abita in Italia in generale. No, non costringermi a scegliere una città, ogni regione qui ha gusti magnifici, non saprei quale preferire». E la vista è forse francese? «No, se devo darle una nazionalità, è ancora italiana. Toscana più precisamente. Fiorentina, insomma. È lì che l’architettura ha raggiunto la sua massima espressione. Adoro Firenze. Ma anche Venezia è uno spettacolo per gli occhi». Per liberare i sensi dalla penisola di Dante, e sdoganarli in giro per l’Europa, bisogna passare allora per il tatto: «A livello mondiale, il tatto è cosa di Rio de Janeiro. In Europa, un buon surrogato è Lisbona, che a Rio è comunque legata a doppio filo, per molti versi». Il Portogallo merita anche un altro senso, peraltro uno dei più contesi sulle guide turistiche e promozionali: «L’olfatto lo associo alla città di Funchal, nell'isola atlantica di Madera. I profumi di una vegetazione che in Europa non ha pari. Sì, non ho dubbi, il mio naso mi porterebbe lì, potesse scegliere». Per l’udito, Le Breton supera l’Oceano, per tendere l’orecchio fino a Vancouver e a tutto il Canada con i suoi immensi spazi. «È la mia alcova naturale: solo lì mi sento davvero all’ascolto del mondo».

Il corpo come metafora

Le Breton sembra divertito, e continua a pensare ad alternative e a stimolare la mente annusando vini. Eppure, il gioco non è inedito: già Calvino nel suo “Sotto il sole giaguaro” si era immaginato – con un esercizio di stile formalmente perfetto – di raccontare luoghi e storie un senso alla volta. Ne erano venuti fuori – manco a dirlo – cinque racconti che narravano il mondo da una prospettiva diversa. «I punti di vista alternativi sulle cose mi affascinano: sarà per questo che sono un uomo in perenne migrazione. Mi sento davvero ‘abitante del mondo’». Un cosmopolita con la valigia sempre pronta, eppure senza un cellulare. «Vedi – mi indica ad un tavolo vicino uno dei tanti avventori con il telefono all’orecchio – quello che detesto è la gente che telefona in presenza d’altri».

Nell'era di Second Life

Nei suoi studi si è soffermato sul rapporto della società con il corpo. «Oggi interveniamo sulla nostra carne, sulla nostra pelle, in una maniera molto simile al passato. Sono cambiate le motivazioni: mortificarci, cambiarci, tatuarci. Il corpo è sempre più un’estensione dell’anima. Una misura del mondo». Ciò è sempre vero nel mondo di Internet? «Se mi permetti, ancora di più. Hai presente Second Life? Lì puoi inventarti un corpo nuovo, anche un corpo animale». Ma come vede allora Monsieur Le Breton il corpo, il mondo e il suo corpo nel suo mondo? «Il mio mestiere è fare l’antropologo, e l’antropologia nasce da un assunto di base: tutti gli uomini sono uguali. Combattere il razzismo è uno dei primi doveri di un antropologo, ed ancor prima di un uomo. La nostra pelle, il nostro corpo, deve servire solo come metafora, filtro semantico».

E c’è qualche Stato, in Europa, che ha saputo in qualche modo ‘rispettare’ di più il corpo? «Le costituzioni italiane e francesi sono quelle più avanzate in questo senso. Ma è soprattutto una questione di cultura, prima ancora che di carte e diritti». Manca ancora qualcosa: una definizione finale ed onnicomprensiva del corpo, della carne: «La carne è il pensiero del mondo, ma a questo pensiero va dato seguito con l’intelletto». Mens sana in corpore sano: vuoi vedere che il Robin Hood degli aforismi ci ha fregato ancora?

Foto nel testo di Filippo Lubrano

(Photo homepage: Sarzana festival /www.delosrp.it)