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Cyril Tuschi: "Non ho paura. Sarò a Mosca per la prima di Khodorkovsky"

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n- ost

Translation by:

Monica Raffaele Addamo

CulturaPolitica

Il 17 novembre usciva nei cinema tedeschi il thriller documentario Khodorkovsky. In questa intervista, il regista berlinese Cyril Tuschi parla della guerra di potere tra Vladimir Putin e gli oligarchi, del più famoso dei detenuti russi, di giustizia pilotata e del colpo di fortuna che ha reso possibile l’impossibile: parlare con Khodorkovsky in persona.

Per il suo documentario, Khodorkovsky, lei ha sezionato cinque anni della vita di un oligarca russo arrestato per evasione fiscale. Perché?

Cyril Tuschi: Alcuni anni fa ero a un festival del cinema siberiano,il Filmfestival in Chanti-Mansijsk, ed ero sorpreso da una parte dalla ricchezza del posto, dall’altra dal fatto che fosse un deserto. Mi hanno detto che è una città petrolifera, e che il tipo che aveva realizzato le infrastrutture era in prigione perché aveva litigato con Putin. Questa storia m’è sembrata un’idea molto avvincente per un film. Poi mi sono accorto che in questa storia sono in ballo faccende più complesse e ho pensato di realizzare un documentario, perché altrimenti avrei prodotto un film debole, che non avrebbe reso giustizia alla realtà dei fatti.

Cosa dice ai critici che le rimproverano di presentare un oligarca condannato da un tribunale come una vittima?

Cyril Tuschi: Dico: 'Prego, signor critico, si guardi il film un’altra volta per favore!' Ma, scherzi a parte, è evidente che nel film non si tratta di dire se Khodorkovsky sia colpevole oppure no.

È colpevole?

Cyril Tuschi: In alcune sequenze si capisce chiaramente che Khodorkovsky ha anche corrotto dei funzionari, ma soprattutto che ha piantato in asso la sua famiglia. Ha accumulato così tanti sensi di colpa che avrebbe potuto trascorrere tutta la vita in terapia, per pentirsi dei suoi errori. In molte interviste gli è stato rimproverato di avere commesso un gran numero di furti e omicidi. Non ho potuto però verificarlo. Se Putin avesse le prove di tali crimini, le avrebbe tirate fuori da un pezzo e non lo avrebbe fatto condannare soltanto per frode fiscale.

Lei ha intervistato più di 70 testimoni, registrando più di 180 ore di materiale. Che idea di Khodorkowsky si è fatto, alla fine?

Cyril Tuschi: È molto furbo e adatto ai mutamenti. Ma non è tipo da accettare tutto. È quello che gli rinfacciano in tanti come stupidità, il fatto che non dica: 'Okay, confesso tutto quello che volete, basta che mi lasciate uscire'. E credo che abbia sopravvalutato il proprio potere.

Lei è riuscito a parlare con Khodorkovsky in persona. Come è successo?

Cyril Tuschi: Era l’inizio del secondo processo ed ero lì tutti i giorni. Poi è arrivato il Ministro tedesco della giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger. Aveva il ruolo di osservatrice al processo e poteva parlare con Khodorkovsky per un minuto. In precedenza, chi ne aveva fatto richiesta era stato allontanato dalla sala.

E allora lei è entrato in gioco?

Cyril Tuschi: Sì. Ho dovuto presentare una richiesta scritta, e il giorno dopo, grazie al Ministro, abbiamo ottenuto il permesso per un’intervista di dieci minuti con Khodorkovsky. Ero piuttosto emozionato. Mi hanno impressionato la sua calma e la sua resistenza: non sono ancora riusciti a piegarlo.

Lei ha alluso al fatto che la sentenza sia stata decisa da Putin. Quanto è indipendente la giustizia russa?

Cyril Tuschi: Per me è molto più grave la mancanza di indipendenza della Corte di Giustizia Europea. Secondo una sua sentenza recente, lo smantellamento di Jukos (l'impresa petrolifera dell'oligarca, ndr) non sarebbe stato determinato da motivazioni politiche. Lo trovo allarmante.

Prima della prima mondiale del documentario alla Berlinale, a febbraio, qualcuno ha fatto irruzione nel suo studio, rubando i computer su cui è stato montato il film. Nel frattempo i colpevoli sono stati individuati?

Cyril Tuschi: Sì, la mia carta di credito, che è scomparsa assieme ai computer, è stata ritrovata da un tizio di Neukölln (quartiere di Berlino). Fino ad allora ho avuto davvero paura e sono andato in giro con un coltello. Ma sembra che si sia trattato solo di tre scassinatori idioti. Ora non ho più tanta paura e volerò a Mosca il 2 dicembre, per la prima del film.

Com’è la sua vita dopo Khodorkovsky?

Cyril Tuschi: Lavoro sodo per poter andare un po’ in vacanza a dicembre. E poi preparerò il mio nuovo film – su Julian Assange. Vuole il bene e, cercandolo, a volte ottiene il male, una figura alquanto affascinante.

L’autrice di questo articolo, Barbara Breuer, è corrispondente della Netzwerk für Osteuropa-Berichterstattung (rete di corrispondenti dall'Europa centro-orientale) n-ost.

Foto ©derfallchodorkowski.de/farbfilm Verleih; Video (cc)kino/YouTube

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Translated from 'Der Fall Chodorkowski': Aus dem Knast ins Kino