Crisi Ue, c’è chi cerca un vaccino
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Il mondo associativo europeista è all’opera. Per trovare una cura alla crisi del progetto europeo.
«Quo vadis Europa?». Dopo il blocco della ratifica del Trattato costituzionale e il tormentato accordo tra Stati sul bilancio, l’Europa sta attraversando una crisi in parte dovuta al ritorno in forza degli interessi nazionali, di quello che si potrebbe definire un “nuovo nazionalismo”. Si tratta di un virus di stagione? Oppure di una grave malattia? cafebabel.com ha incontrato gli esponenti del mondo associativo europeista. Per capire se sono sulla strada giusta per trovare un vaccino.
Gli anticorpi si attivano
Ai primi segni di malattia gli anticorpi si mettono subito in funzione. Così lo scorso dicembre organizzazioni non governative, associazioni e autorità hanno animato due eventi distinti. Prima i federalisti hanno coinvolto la società civile il 3 e 4 dicembre a Genova nella discussione di un Manifesto europeo; «è stato lanciato il messaggio di una costituzione dei cittadini» – dichiara Samuele Pii, presidente della Gioventù federalista europea – «che li coinvolgerebbe direttamente insieme a parlamentari europei e nazionali». Poi a Strasburgo ha visto la luce il 17 dicembre il Forum Civico Europeo, un network di ong riunitesi attorno all’idea che la democrazia partecipativa sia la strada per «l’appropriazione civica e popolare» dello spazio europeo. Ma è abbastanza? Scendiamo nel dettaglio per avere un quadro clinico più completo del malato.
Dica trentatré, prego
«Fortunatamente i leader europei hanno raggiunto un accordo sul bilancio!» ci fa sapere da Varsavia Przemek Jaron, membro della Fondazione Robert Schuman Polonia, molto attiva sul terreno della sensibilizzazione al progetto europeo. Ci spiega che la Costituzione europea non era avvertita come una priorità dalla società civile, anche se «dopo il no francese il numero delle persone contrarie alla costituzione è cresciuto rapidamente». Maggiore attenzione destava il problema del bilancio perché, continua Jaron, «ora con l’accordo finanziario governo, autonomie locali e imprenditori sanno quanti soldi arriveranno e possono pianificare meglio il futuro». Per i nuovi membri, i fondi strutturali rappresentano un vantaggio tangibile che può migliorare molto il livello di vita, anche se «i contadini polacchi sanno che dovranno lavorare duro e i benefici non saranno immediati; ciò che chiedono è di essere trattati allo stesso modo degli occidentali perché ogni tanto pensano che ciò non accada».
Dal Belgio Claude Fischer, segretario generale dell’associazione europeista Confrontations Europe sostiene che «l’Europa è stata mal spiegata dagli stessi governi ed è priva di una politica di soliderietà e di sviluppo».
«È mai esistita un’Europa senza crisi?»
Mary Mc Phail è segretario generale di European Women’s Lobby, un’ong che si occupa di diritti delle donne e non pensa che la bocciatura della Costituzione abbia ragioni puramente nazionalistiche ma che è legata a «differenti situazioni politiche interne unite all’ansietà generata da fattori esterni legati ai processi di globalizzazione».
«È mai esistita un’Europa senza crisi?» si chiede Martin T. Haberger, attore teatrale e fondatore del progetto Euroliteratour, che mira a intensificare gli scambi culturali tra europei. «Stiamo vivendo un momento rivoluzionario con lo sviluppo di una società civile europea. In principio era solo economia, poi con gli scambi studenteschi e i gemellaggi tra città è nata un’Europa culturale». La tragica esperienza della Seconda Guerra mondiale è ormai solo un ricordo e «per comprenderci reciprocamente non basta un cattivo inglese o accordarci su una lingua franca ma bisogna investire in comunicazione; non in noiosi depliant e volantini ma cultura» altrimenti «l’Europa non troverà un posto nel cuore e nella mente degli europei, nonostante tutti gli sforzi dei governi».
Samuele Pii ricorda: «dopo aver trascorso gli ultimi giorni in Francia mi aspettavo l’esito negativo del referendum». Tiene a precisare che nonostante la crisi, l’ottimismo della volontà non va abbandonato perché «non è morta l’idea di costituzione; è morto il progetto di una costituzione dei governi. Anche se quel tentativo aveva dei meriti ora si apre lo spazio per l’Europa dei cittadini e serve una costituzione federale». Per superare la crisi propone di «affrontare i problemi diversamente, da un punto di vista cosmopolita» e come uscita dal vicolo cieco europeo indica una «nuova costituzione sottoposta ad un referendum europeo in concomitanza con le elezioni parlamentari del 2009».
Fantapolitica? Sarà. Ma la malattia resta. Per il momento, i dottori discutono.
Hanno contribuito: Piotr Kaczyski da Varsavia, Dionizas Bajarunas da Vilnius, Miriam Rodriguez da Barcellona, Vicki Bryan da Londra. Interviste a Claude Fischer e Mary Mc Phail a cura di Vanessa Witkowski da Bruxelles.