Crisi migratoria: l'Austria svolta a destra
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Chiara MazziIn Austria gli orologi girano a un ritmo diverso. Stando ad un luogo comune, nella Repubblica alpina tutto è leggermente più lento, anche per quanto riguarda politica e società. Come già l'Ungheria, l'Austria ha rifiutato di partecipare alla ridistribuzione dei 40 mila migranti presenti in UE, accolti per il momento in Italia e Grecia.
Per via dei catastrofici botta e risposta intercorsi tra le mura della "Fortezza Europa" e la crescente attenzione da parte dei social, i problemi riguardanti la migrazione e l'integrazione dei richiedenti asilo sono ormai noti anche al cittadino medio. L'Austria non sta violando il Regolamento di Dublino (un iter contro cui, da ultimo, ha mosso critiche l'Ungheria) ma la sua politica d'accoglienza viene criticata, giudicata anacronistica e anti-umanitaria.
Condizioni precarie
Oggi come ieri l'Austria non può sicuramente vantare la qualifica di Paese "immigration-friendly". Qual è l'attuale situazione dei migranti? Mentre il Governo discute con maggior o minor successo per stabilire una "quota" di distribuzione degli immigrati, sollevano perplessità e critiche le condizioni particolarmente difficili in cui versano molti profughi, basti pensare alle tendopoli. Queste condizioni precarie non sono riferite soltanto alle circostanze esterne, poiché anche il sostegno psicologico per affrontare il lungo percorso che porta all'ottenimento dell'asilo lascia parecchio a desiderare.
In Austria (come in tutti gli stati dell'UE) è il tanto contestato Regolamento di Dublino continua a regolare quale Stato deve rispondere del singolo migrante. Una volta superato questo step, trova applicazione la Convenzione di Ginevra, la quale stabilisce a chi assegnare l'asilo o chi tutelare. È risaputo che i richiedenti asilo spesso restino in attesa per anni e questo anche da un punto di vista emotivo è un percorso durissimo. Dalla metà di giugno, per circa un mese, non sono state più elaborate domande d'asilo: secondo quanto riportato dal Tagesschau (principale notiziario della rete televisiva tedesca Das Erste, n.d.t.) il Ministro degli interni Johanna Mikl-Leitner avrebbe inoltre annunciato l'immediata sospensione della ricezione di nuove richieste d'asilo con l'intento di concentrarsi invece su rimpatri ed espulsioni.
Il concordato sull'integrazione e il piano d'azione nazionale per l'integrazione, misure emanate dal Ministero federale degli interni, nel frattempo hanno stabilito che la principale responsabilità nel processo di integrazione spetta ai migranti stessi. Così il concordato sull'integrazione non sembra tanto un accordo basato su un consenso comune, quanto piuttosto una richiesta di precisi risultati da raggiungere. Entro due anni gli immigrati devono conseguire un "livello B1" di lingua tedesca, pena il rischio di perdere gli aiuti economici. Il Ministero degli interni fa cenno solo sporadicamente alla possibile coesistenza delle diverse culture e dei diversi costumi, mentre insiste soprattutto su una cosa: la necessità di un'uniformazione linguistica.
L'Austria e gli "altri" nel tempo
Guardando alla storia, l'isolamento dall'UE non è una novità per il Paese. La Monarchia asburgica che dominava un territorio comprendente oltre dieci Stati dell'Europa odierna, aveva il vanto di essere una nazione multietnica e multiconfessionale, ma non concesse mai ai suoi sudditi il diritto di spostarsi liberamente. Dopodiché la Seconda guerra mondiale rappresentò, e non solo in Austria, il culmine del razzismo più feroce. A partire dal 1960 la Repubblica alpina vide l'immigrazione di moltissimi lavoratori stranieri, in gran parte provenienti da Balcani e Turchia.
Nel 1991, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, accadde una catastrofe del tutto simile a quella dei giorni nostri: la disgregazione della Jugoslavia e la conseguente guerra tra i suoi ex Stati membri portarono in Austria oltre 100 mila profughi, di cui oltre la metà vi si stabilì in via permanente.
Allo stesso tempo gli anni Novanta hanno segnato anche l'avvio di un movimento controcorrente: il partito liberale, noto ai media nazionali e internazionali per il suo orientamento a destra, che ha conosciuto una velocissima crescita. In particolare il nome di Jörg Haider è direttamente collegato all'ascesa del partito, dato che sotto la sua presidenza i liberali erano riusciti a creare una coalizione con il partito popolare conservatore.
Oggi, tra i lavoratori, gode di grande popolarità Heinz-Christian Strache, l'attuale rappresentante del partito liberale in Parlamento con torbidi legami riferiti agli ambienti dell'estrema destra. Uno dei temi caldi di Strache è quello degli stranieri. Promettendo l'inasprimento dei controlli sull'immigrazione e ostentando la sua islamofobia, il Partito della libertà austriaco (Freiheitliche Partei Österreichs, FPÖ, n.d.t.) si presenta oggi come il salvatore della patria.
Una riorganizzazione è l'alternativa
Infine resta il dubbio su come si possano soddisfare le richieste dal Governo rivolte ai migranti. Probabilmente servirebbe un altro angolo di osservazione da cui possano prendere le mosse sia la politica sia la società. Gioverebbe inoltre una generale ripensamento dei confini geografici lasciando da parte la paura di un'eccessiva penetrazione di stranieri, dato che la storia degli Stati-nazione come tali è molto recente: un tempo i regni e le dinastie si disgregavano o erano più volte espugnati da altri regni. Esistono anche dei mutamenti che chiudono certe fasi storiche.
Le migrazioni, ossia da un lato il movimento di popolazioni intere e dall'altro il mescolamento di diverse culture, sono uno dei tratti principali di questi cambiamenti epocali. Che l'Austria e l'Unione Europea vogliano sorvegliare attentamente chi entra o chi abbandona i confini della "Fortezza Europa" non deve comunque stupire. Tuttavia, non sarebbe forse il momento di creare, attraverso le migrazioni, nuove opportunità per una sostanziale riorganizzazione del sistema di accoglienza e di asilo, affinché non siano nuovamente le guerre a determinare gli sviluppi della storia?
A prescindere da queste riflessioni, i tentativi di fuga avvengono numerosi ogni giorno. Solamente la situazione in Austria sembra restare impassibile. Se già dal punto di vista legale non è proprio consigliabile stabilirsi in Austria come "migrante", anche i politici girano in tondo con le loro riflessioni, mentre i manifesti affissi proclamano che solo Heinz-Christian Strache parla la "nostra" lingua. La società civile lentamente si sente coinvolta (alcune piattaforme nel web come "Flüchtlinge willkommen", "benvenuti immigrati", da alcuni mesi mettono a disposizione dei migranti delle stanze in appartamenti condivisi o in altre abitazioni private). Però per suscitare grandi manifestazioni di solidarietà serve, oltre a Facebook, anche un grande dramma.
Manifestazioni radicali come quella tenutasi il 21 giugno 2015 davanti al Bundestag a Berlino, stanno si vedranno presto anche in Austria. Eppure qui l'impegno attivo a favore dei migranti sembra ristretto ad un gruppo non troppo grande. Che sia per via del Partito della Libertà Austriaco o per il fatto che la società civile si orienta a seconda della velocità dei politici, in qualche modo siamo un'altra volta in ritardo. Risultato: i nostri orologi girano a un ritmo diverso, ma non c'è nessun aspetto positivo perché girano di nuovo più lentamente, e ancora una volta siamo più incerti e titubanti di quanto potremmo essere. Le risorse ci sono, ma chi ha ancora voglia di condividerle?
Translated from Der „rechte“ Ausweg Österreichs in der Flüchtlingskrise