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Crash dell'aereo presidenziale polacco: altro che trasparenza!

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Politica

In un recente incontro a Varsavia i presidenti di Russia e Polonia Dmitri Medvedev e Bronislaw Komorowski lo hanno promesso: d’ora in poi sovrintenderanno personalmente all'inchiesta sullo schianto dell'aereo presidenziale in seguito al quale morì Lech Kaczynski. L’inchiesta comune è stato un ulteriore passo di avvicinamento tra i due paesi.

Ma a che punto è l’inchiesta a più di sei mesi di distanza, e soprattutto dov’è la trasparenza promessa dai russi durante il dramma nazionale polacco?

Il giorno dopo la tragedia, i russi presero le redini dell’inchiesta senza la minima protesta del governo polacco. Fu affidata al Comitato Interstatale dell’Aviazione (MAK), composto per la maggior parte da esperti russi provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica e da un solo rappresentante polacco, il colonnello Edmund Klich. Da parte dei polacchi fu un segnale di fiducia importante nei confronti della Russia, non apprezzato però dall’entourage del defunto Presidente. Perché anche dopo l’apertura della cortina di ferro, il culto del segreto in Russia ha conservato i suoi adepti, come testimonia la triste vicenda del sottomarino Koursk, naufragato nel 2000.

Segnali distensivi

Nel 2010, quindi, non era il caso di ricevere nuove accuse di poca trasparenza. La carcassa dell’aereo bruciava ancora quando le autorità russe si sono precipitate per esprimere il loro dolore e le proprie condoglianze nei confronti dell’ex stato satellite, decapitato di gran parte della classe dirigente. Per due giorni fu proclamato il lutto nazionale anche in Russia. Persino il controverso film di Andrzej Wajda, “Katyn”, che racconta i crimini dell’impietosa Armata Russa contro l’intellighenzia polacca, fu trasmesso nel primo canale della televisione russa. E i polacchi ringraziarono: durante le prime settimane i media e i politici di Varsavia elogiavano la qualità della collaborazione con gli investigatori russi. Fu l’apice della fraternità russo-polacca.

Opera di Andrzej Pityski, Montgomery Street, Jersey City, Stati Uniti

Torna il gelo

Lo scorso ottobre sono scaduti i primi sei mesi dall’inizio dell'inchiesta. E all’interno del Comitato MAK va in scena un dialogo tra sordi. Il pubblico ministero polacco non può ottenere alcuni elementi fondamentali. Il rappresentante polacco nel comitato d’inchiesta moltiplica le lamentele e denuncia poca trasparenza: solo a settembre sono state formulate sei richieste di assistenza legale senza nessuna risposta. Il 16 ottobre Varsavia ha ricevuto la prima bozza di rapporto dell’inchiesta. Ed è iniziato il conto alla rovescia: la Polonia ha fino a 60 giorni per notificare le proprie riserve perché siano inserite nel rapporto finale. Non è un compito facile in quanto gli elementi chiave del dossier restano a Mosca: le trascrizioni delle comunicazioni tra i piloti e i controllori di volo dell’aeroporto di Smolensk, i rapporti di autopsia dei corpi delle vittime, la documentazione sull’equipaggiamento e le procedure di atterraggio all’aeroporto…Tutti elementi che Varsavia aspetta sin dall’inizio. Per ora dovrà invece accontentarsi delle briciole di informazioni e delle copie dei documenti ufficiali. Questi ultimi, così come i resti dell’aereo, saranno consegnati ai polacchi soltanto dopo la conclusione dell’inchiesta russa: tra parecchi mesi, se non tra qualche anno. Davanti a tanta reticenza, è facile temere un rischio di manipolazione dei dati, visti anche i precedenti: non è la prima volta infatti che Polonia e Russia si confrontano in delle indagini sulle cause di crash aereo.

Responsabilità condivisa?

Era il 14 marzo 1980 quando l’aereo IL62 SP-LAA Kopernik proveniente da New York si schiantò a meno di un chilometro dalla pista di atterraggio dell’aeroporto di Varsavia: 87 morti. Gli investigatori polacchi arrivarono alla conclusione che l’incidente fu causato da un difetto di costruzione di una delle turbine, che sarebbe implosa in pieno volo. Ma Mosca negò tutto. Sette anni più tardi, l’aereo Tadeusz Kosciusko (vol 5055) con destinazione New York precipitò qualche minuto dopo il decollo: 183 morti. Entrambi i velivoli erano dotati degli stessi motori di fabbrica russa. Solamente dopo la seconda tragedia le autorità russa riconobbero che le conclusioni dell’inchiesta polacca del 1980 erano pertinenti.

Il 6% dei voli non vanno a buon fineSecondo l’edizione polacca del magazine Newsweek, che ha fatto un’inchiesta sulla compagnia nazionale polacca LOT, responsabile di entrambi gli aerei, i russi non sarebbero i soli responsabili in quella vicenda. I guasti ai motori russi erano così frequenti che la compagnia LOT si sarebbe rassegnata a far volare gli aerei con soli tre motori azionati su quattro. Peggio ancora, per risparmiare, gli aerei transoceanici di LOT sarebbero stati obbligati a effettuare la fase finale del volo in riserva di carburante!

L’attuale inchiesta potrebbe concludersi con una constatazione di responsabilità condivisa. Da un lato, l’apparecchio russo Tupolev 154 è soprannominato dai polacchi “bara volante”, per il suo tasso di incidenti aerei mondialmente riconosciuto (ben il 6%!). Dall’altro, c’è la testimonianza di un giornalista georgiano che ricorda come il presidente Lech Kaczynski abbia già messo fretta a un pilota per atterrare in piena zona di conflitto russo-georgiano durante un volo del 2008. Forse si è ripetuto anche questa volta…E bisogna aggiungere che i piloti dell’aereo presidenziale non avevano potuto esercitarsi con il simulatore del Tupolev a causa dei tagli di spesa imposti dall’esercito. Secondo Edmund Klich, rappresentante polacco incaricato dell’inchiesta, la responsabilità sarebbe «soprattutto dalla parte dei polacchi».

Responsabilità condivisa = inchiesta da archiviare il prima possibile? Nulla è ancora detto. Ma la visita di Medvedev in Polonia lo scorso 6 dicembre dimostra che i dirigenti dei due paesi non hanno atteso il risultato delle indagini per approfondire la loro riconciliazione.

Foto: (cc)meophamman/flickr; (cc)aatflickr/flickr; (cc)Elcommendante/flickr

Translated from Crash de l’avion présidentiel polonais : en quête de transparence