Costituzione: ora o mai più
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Si apre oggi a Bruxelles l’ultimo, decisivo summit sulla Costituzione europea. Scappatoie non ce ne sono più: i 25 dovranno decidere. Sono in gioco gli equilibri politici della nuova UE.
Alla vigilia del vertice di capi di Stato e di governo che si terrà oggi e domani a Bruxelles ed in cui si potrebbero concludere i lavori della Conferenza Intergovernativa (CIG), la Presidenza italiana, per voce del suo Ministro degli Esteri, ha rotto gli indugi. E posto l’Europa di fronte ad un aut aut: “abbiamo bisogno di una decisione che sia all’altezza della sfida che abbiamo davanti. In caso contrario si arriverà all’Europa a due velocità”. La partita del nuovo Trattato, insomma, va chiusa ora, sotto la Presidenza italiana. Ed una soluzione al ribasso è semplicemente inconcepibile. Ancora una volta trascorreremo ore di trepidante ed adrenalinica attesa.
Tempo di bilanci
Ma qual è il bilancio della diplomazia italiana nella CIG? Se a luglio i punti di dissenso sul progetto di Trattato fra i paesi membri erano ben 92, alla vigilia del vertice sono ridotti sostanzialmente ad uno solo: quello noto del voto in Consiglio. Per il resto il testo proposto come base di accordo dalla Presidenza italiana presenta alcuni punti di arretramento rispetto al testo della Convenzione.
In materia fiscale la possibilità del Consiglio di votare a maggioranza qualificata viene limitata, nella proposta della Presidenza, rispetto “agli elementi di fondo dei regimi fiscali degli Stati membri”, che non dovranno essere intaccati dalle decisioni del Consiglio. Lo stesso accade in materia di sicurezza sociale, dove, la norma della Convenzione che prevedeva l’istituzione di un sistema di previdenza sociale per i lavoratori che si spostano da un paese all’altro (fenomeno sempre più frequente), viene limitata, ancora una volta, alla condizione che “non incida sensibilmente sull’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale dello Stato membro”. Limitazioni analoghe vengono introdotte anche per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, su cui è nota la particolare suscettibilità del governo italiano. Ma soprattutto, la Presidenza italiana introduce il diritto di ricorso davanti al Consiglio europeo nel caso in cui un paese membro rilevi minacce “ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico”. Passi in avanti permangono invece nel decisivo settore della difesa europea, dove l’importante accordo raggiunto a Napoli a fine novembre dai Ministri degli Esteri, a parte qualche piccolo ritocco, dovrebbe tenere.
Spalle al muro
Spalleggiata dalla perentoria fermezza di Francia e Germania, l’Italia ha deciso di assumere in pieno il proprio ruolo di paese fondatore e rompere l’alleanza con Aznar per mettere Spagna e Polonia con le spalle al muro rispetto alla modalità di voto in Consiglio. Verrà riproposta la formula della doppia maggioranza (50% degli Stati e 60% della popolazione) approvata dalla Convenzione. La compensazione per i due paesi potrebbe venire rispetto al numero dei commissari. Ma su questo, per il momento, ci sono solo voci.
In queste ultime ore di vigilia il forcing verso i due paesi sta crescendo, con un impegno in prima linea dello stesso Presidente della Repubblica Ciampi. Mai, nella storia della Comunità prima e dell’Unione poi, l’attesa per un vertice dei capi di Stato e di governo aveva assunto toni così ultimativi. La consapevolezza che la posta in gioco è molto alta c’è tutta. Se la sentiranno il premier spagnolo Aznar e quello polacco Miller di assumersi, in nome del proprio ristretto interesse nazionale, la responsabilità storica di far saltare tutto?
Se siamo di fronte ad un bivio di questo tipo vuol dire che le formule burocratiche che tutto risolvevano senza risolvere nulla (vedi Nizza) non bastano più. Il tipo di scelta che viene richiesta ora ai leaders europei è di natura diversa. E’ tutta politica. E l’Europa, in questo momento, ha un vitale bisogno di scelte politiche. Se saranno state sufficienti lo sapremo, al più tardi, fra due giorni. Che dio ce la mandi buona.