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Costituzione: i socialisti francesi danno il ‘la’

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Default profile picture sergio nava

Dalla Francia arriva il via libera dei militanti socialisti sulla Costituzione Europea. Che influenzerà (positivamente) un percorso di ratifica ancora in alto mare. Analisi.

L’Europa e la Francia hanno potuto tirare un sospiro di sollievo: il tanto atteso referendum del Partito Socialista francese sulla Costituzione Europea ha avuto esito positivo. E’ il segnale che molte capitali attendevano per fiutare il destino di un Trattato appena firmato, ma sulla cui entrata in vigore non tutti sono disposti a scommettere.

2005: la stagione dei referendum

A poco più di un mese dalla solenne cerimonia di Roma un solo Paese lo ha ratificato, la Lituania. E’ significativo che si tratti di un nuovo Stato membro, per di più ex-comunista: è la riprova che dall’Est può giungere linfa nuova al progetto europeo. Ma si tratta di una ratifica simbolica, soprattutto perché parlamentare: le vere sfide cominciano ora.

Il sì della gauche costituisce un ottimo viatico alla ratifica della Francia: questo –nella migliore delle ipotesi– porta a escludere un rifiuto del Trattato da parte dei sei Paesi fondatori, che avrebbe irrimediabilmente reso la Costituzione carta straccia. Italia, Germania, Belgio e Lussemburgo appaiono destinati a una ratifica sicura: qualche rigurgito di euroscetticismo olandese potrebbe ancora provocare problemi, in ogni caso minori rispetto a un “no” di Parigi. Quali allora gli scenari?

Il 2005 vedrà aprirsi la decisiva stagione dei referendum: in programma ci sono quelli spagnolo, portoghese, francese e –probabilmente– polacco. Altri invece sono ancora definire. In tutto si prospettano poco più di una decina di consultazioni. A spaventare maggiormente sono quelle britannica e danese, che potrebbero concludersi con esito negativo.

Costituzione a rischio solo se...

Tuttavia, se ipotizziamo –come detto– un “sì” generalizzato dei sei Paesi fondatori, la Costituzione potrebbe considerarsi realmente a rischio solo in due casi: se bocciata da due o più “grandi” Paesi, oppure se respinta da numerosi Stati membri. Nel primo caso il voto in Gran Bretagna, Spagna e Polonia risulterà decisivo; nel secondo parliamo di una questione puramente numerica e relativamente improbabile. In tutti gli altri casi i “no” alla Costituzione potrebbero tramutarsi in nuovi referendum, oppure in revisioni del Trattato, oppure ancora –caso estremo– nell’uscita dall’Unione del Paese interessato. Difficilmente significherebbero la fine e l’annullamento del Trattato.

Il destino della Costituzione Europea resta in ogni caso incerto, anche se è lecito avanzare un certo ottimismo: è probabile che a influenzarlo sarà un “effetto valanga” tra le opinioni pubbliche. Una serie di “sì” nei primi referendum spingerà inevitabilmente gli altri Paesi alla ratifica, esercitando pressioni sugli elettorati più refrattari, mentre il comparire di qualche “no” potrebbe –al contrario- avere effetti disastrosi. Per questo i Paesi con l’elettorato più incerto hanno in programma consultazioni solo nel 2006.

Né possiamo ignorare che tutte le prossime campagne referendarie saranno inevitabilmente influenzate anche da temi estranei alla Costituzione: tensioni politiche interne, questioni nazionali e –perché no?– l’adesione turca potrebbero ripercuotersi negativamente sul voto.

Ma sono le regole del gioco politico: ciò non toglie che –come il voto francese ha dimostrato– consultare i cittadini su un tema così importante sia giusto e forse persino necessario, anche a costo di cambiare le regole elettorali. Una ratifica parlamentare senza dibattito sociale, basata su un supposto e implicito europeismo della propria opinione pubblica, può non necessariamente fare il bene dell’Europa.

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