«Costituzione, diritti fondamentali e territorio sono diventati tutt’uno»: la strada per il riscatto della Campania
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Seconda parte dell'intervista a Nicola Capone, segretario generale delle Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno: l'eredità delle Assise ed il futuro della lotta per la salvezza della Campania.
Mercoledì abbiamo pubblicato la prima parte dell'intervista a Nicola Capone, segretario generale delle Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno e cofondatore della Società di Studi Politici. In essa il filosofo spiegava il sistema che lega lo smaltimento dei rifiuti urbani, il traffico di rifiuti tossici ed il blocco sociale, insieme di pezzi dello stato deviati, impreditoria parassitaria e corrotta e criminalità organizzata. In questa seconda parte, dopo una breve pausa e che abbiamo affrontato passeggiando per le vie del centro storico, ci siamo concentrati sull'eredità delle Assise, il rapporto tra difesa dell'ambiente e diritti costituzionali ed il futuro della Campania.
Dario In questa situazione, qual è stato il contributo “fisico” delle Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno? Quali sono i vostri piani per l’immediato futuro?
Nicola Abbiamo fatto un lavoro che è durato otto anni, organizzando per quasi quattro anni assemblee pubbliche una volta a settimana, e contestualmente curando la pubblicazione di un bollettino quindicinale che veniva distribuito in migliaia di copie in tutta la regione, soprattutto in quelle aree minacciate dall’impatto ambientale di discariche legali, ma fuori norma, e illegali (consultabile presso la sezione "Bollettino" del sito ufficiale delle Assise). Questa attività frenetica ha dato grandi risultati nella crescita della cultura e dell’unità delle lotte ambientali, ma ci ha logorato molto, creando nel tempo anche una ‘spaccatura interna’ tra due anime delle Assise. Il lavoro di organizzazione delle assemblee, di redazione dei documenti, ma soprattutto di unione - una sorta di tessuto connettivo - tra i saperi emergenti dalle lotte dei comitati in difesa del territorio e l’assemblea napoletana a cui scienziati e professionisti davano il loro contributo tecnico-scientifico, non è stato più riconosciuto da questi ultimi. Una spaccatura, tra segreteria organizzativa e comitato scientifico, che ci ha costretto a un cambio di rotta. Dal 2010 ci siamo nuovamente impegnati nell'attività di studio e di analisi del fenomeno, che è insieme politico e culturale. Per questo abbiamo deciso di concentrare le nostre forze per “socializzare” l’immenso patrimonio di studi e documenti sedimentatosi in questi anni e individuare le nuove contraddizioni che stanno emergendo, a cui probabilmente alcuni di noi daranno una nuova risposta sul piano organizzativo.
D In che modo avete deciso di diffondere il materiale che avete raccolto in questi anni?
N Stiamo per concludere gli ultimi volumi di una collana editoriale intitolata “Assise”. Siamo alla diciassettesima pubblicazione, arriveremo a venti entro marzo. Abbiamo cercato di mettere ordine nel mare magnum di documentazione che in questi anni abbiamo raccolto, approfondendo anche nuovi problemi. Materiali che rischiavano di andare perduti e che invece, in questo modo, possono essere messi a disposizione dei cittadini che vogliono capire e tentare di intervenire. Questi libri sono strumenti di battaglia. Tra qualche mese la collana editoriale si completerà con un ultimo volume dedicato proprio alla storia delle Assise e delle lotte ambientali in città degli ultimi decenni. Un estratto di questo volume, quasi pronto in tutta la sua struttura, è stato ospitato nella rivista americana Capitalism, nature and socialism che si occupa di conflitti ambientali. I ricercatori americani ci hanno chiesto di raccontare la nostra storia perché l’hanno trovata inedita.
D Vedi di buon occhio questa rinnovata popolarità delle problematiche riguardo i rifiuti in Campania?
N Oggi ci sono molte più persone che stanno prendendo coscienza del problema e questa è una cosa positivissima. Ci sono molti più comitati ed organizzazioni territoriali di dieci anni fa. Bisognerebbe avere la capacità di avere un luogo, uno spazio, un momento in cui tutte queste forze si confrontano e cercano di trovare un’unità d’azione su alcuni punti.
D Qual è la tua idea in merito al ruolo di queste comunità, piccole o grandi che siano?
N Noi immaginiamo che i comitati possano… (riflette per qualche istante, soprappensiero) Ricordi come funzionava il sistema di comunicazione nel mondo delle città greche? Da una torre all’altra ci si avvertiva con delle torce di fuoco, creando una sorta di simultaneità dell’accaduto. La comunicazione è fondamentale. Ogni comitato può essere una specie di cellula rivoluzionaria sul posto. Ogni comitato, formato anche di tre, cinque persone, può essere il luogo in cui si concentrano le informazioni: i comitati territoriali e di quartiere possono essere luoghi di trasmissione e ricezione di informazioni che solamente chi sta sul territorio può avere. Per cui i comitati potrebbero ricoprire questo ruolo: tessere una rete capillare di informazione. Andrebbe trovato un momento collettivo in cui poter elaborare insieme i dati e da qui definire strategie comuni su ciò per cui c’è bisogno dell’impegno unitario di tanti.
D Un obiettivo che le Assise si erano in parte preposto.
N Penso che noi abbiamo avuto un merito e lo dico senza modestia: siamo entrati in scena in un momento in cui le popolazioni del casertano odiavano le popolazioni salernitane, gli abitanti della città di Napoli odiavano e nemmeno sapevano dov’erano Marigliano, Giugliano o Villaricca. Abbiamo fatto un lavoro, a partire dal 2006, stando su tutti i territori con assemblee pubbliche, partecipando a tutti i presidi - subendo anche le cariche della polizia mandata a sgomberare i cittadini - i consigli comunali, gli incontri istituzionali con i sindaci e gli assessori. Abbiamo sensibilmente contribuito perché si superasse il fenomeno NIMBY. Abbiamo fatto comprendere che le lotte ambientali, da ogni punto della regione in cui venivano combattute, dovevano essere un’unica lotta, che doveva esserci solidarietà tra le popolazioni della Campania. Per questo lanciammo un appello nel 2006, a cui ha fatto seguito la nascita di un coordinamento regionale di comitati che ha continuato e intensificato il processo di unificazione che noi avevamo contribuito ad innescare. Abbiamo rotto l’isolamento in cui erano state costrette le comunità campane, spostando l’attenzione da Napoli all’entroterra. Nel maggio del 2007 circa 20.000 persone, quasi tutte provenienti dalle aree interne della Campania, sfilarono per la città di Napoli. Questa è un’eredità che oggi non dobbiamo perdere e che, spero, non si perderà.
D Il vostro ruolo sarebbe stato organizzativo?
N Le Assise hanno dato un contributo, a cui si sono unite altre forze, ma siamo stati i più convinti nel sostenere che il problema era l’organizzazione di ciò che da molti era definito ‘inorganizzabile’: il variegato e multiforme mondo dei comitati. Trasformare la disorganizzazione in una sorta di “vuoto perturbante”. Per farlo abbiamo dovuto fare politica senza cadere nell’ideologismo, senza cedere ai meccanismi classici della politica, rimettendo al centro il cittadino, i suoi bisogni e la difesa dei suoi diritti.
D La difesa dei diritti: un ulteriore aspetto da considerare quando si discute dei problemi legati ai rifiuti?
N Questo è un altro aspetto importante: ad un certo punto abbiamo capito che dovevamo collegare la violazione del territorio alla difesa della Costituzione, perché il disastro ambientale era direttamente proporzionale al disastro democratico. Ad aprirci gli occhi fu il processo che si è tenuto a Salerno, nell’aula bunker, a carico di circa trecento cittadini campani che nel febbraio del 2005 occuparono l’autostrada Salerno - Reggio Calabria all’altezza di Campagna per evitare che si realizzasse la discarica di Basso dell’Olmo. Quando la pubblica accusa ha dovuto fare la sua requisitoria ha dovuto ammettere che quei cittadini avevano ragione: stavano difendendo la Costituzione.
In quel tentativo, dico “rivoluzionario”, è morto per assideramento un contadino appena trentenne, Carmine Iuorio, che era tra i manifestanti, e che non fu soccorso in tempo perché si negò al presidio la presenza stabile di un’ambulanza, nonostante il termometro segnasse sotto zero. Fu detto che le ambulanze erano per i cittadini, non per i facinorosi. È grave che di questo ragazzo, morto per difendere la nostra terra, non se ne parli. Lì è successo qualcosa: costituzione, diritti fondamentali e territorio sono diventati tutt’uno. Dimenticare questi eventi significherebbe condannarci all’episodico e all’effimero.
D Questo è il maggior lascito delle Assise?
N Noi crediamo che questo patrimonio non vada perso: la connessione del traffico dei rifiuti tossici con la gestione dei rifiuti e delle opere pubbliche, l’identificazione del blocco sociale, il superamento delle separazioni territoriali, l’unità delle lotte per la difesa del territorio con la difesa della Costituzione. Queste sono questioni che potrebbero e forse dovrebbero essere la chiave di volta per una risoluzione della questione rifiuti e la via per il riscatto della nostra terra.