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Cos’è l’identità europea?

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Ottavio Di Bella

Dal momento che un’identità rappresenta una costruzione intellettuale, l’identità europea non è una chimera. Esiste ma resta da sviluppare, al di sopra delle identità nazionali e locali, e non contro di esse.

Con l’allargamento alle porte, la questione della definizione dell’Europa e della sua identità trova sempre più analisi fra autori e giornalisti. E tuttavia, questo dibattito esiste da secoli. Dal mito greco all’impero romano, da Carlomagno a Napoleone, dal momento in cui si fu consolidato lo schema dello stato nazione alla presente costruzione di una Unione Europea. Questo articolo tratta dell’Europa. Si precisa – di tutta l’Europa che si distende parecchio al di là delle frontiere dell’Unione Europea.

Un “voler vivere insieme”

L’identità è qualcosa che ci distingue dagli altri. Se analizziamo l’identità europea secondo i principi generali costitutivi di un’identità (geografico, culturale, strategico), constatiamo ch’essa non esiste nel senso classico del termine. Detto questo, l’identità è altrettanto fondata su un principio più spirituale ed irrazionale, il sentimento di appartenenza ad una stessa comunità, un “voler vivere insieme”, che risulta dalla condivisione degli stessi valori e degli stessi obiettivi.

Vagliamo anzitutto, l’argomento secondo cui le identità nazionali porrebbero un ostacolo all’esistenza di un’identità europea. Questa argomentazione non è accettabile. In base alle esperienze storiche così diverse nei paesi d’Europa, l’idea d’identità ha delle implicazioni differenziate di gruppo in gruppo. Per esempio, un tedesco ed un francese hanno entrambi idee differenti su cosa costituisca un’identità. Dal che possiamo dedurre il fatto che l’identità sia un concetto evolubile, non costante. In effetti, è una costruzione. È possibile “creare” delle identità dunque – come le stesse identità nazionali ad esempio, che furno create nel XIX secolo.

Certo, è difficile liberarsi al tempo stesso dei caratteri comuni e specifici di tutti i paesi europei, che in sé permetterebbero di definirli distinguendoli delle altre parti del mondo. In effetti, si può constatare che l’Europa non ha né identità geografica e strategica, né identità culturale. L’Europa non è un continente, né per la sua popolazione, né per la sua struttura. È “un piccolo capo del continente asiatico”, per riprendere l’espressione celebre di Paul Valéry. Si è invocato spesso questo principio a proposito dell’adesione della Turchia, (addirittura d’Israele o della stessa Russia!). In più, l’uomo europeo non si definisce né per razza, né per lingua. In quanto all’identità strategica, la liberazione dell’Europa dell’est ha messo fine al conflitto est-ovest, e non ci sono al momento delle reali forze esterne tali da minacciare l’Europa.

L’eredità culturale dell’Europa a sua volta, non appartiene esclusivamente all’Europa, essendo d’ispirazione anche per i paesi che si trovano all’infuori delle sue frontiere. Mozart e Picasso appartengono tanto agli americani ed ai giapponesi quanto agli europei. In effetti, essa è costituita di molteplici spazi culturali disparati, fonti di comportamenti abbastanza differenti: esistono alcune grandi differenze tra l’Europa latina e l’Europa del nord, ad esempio.

L’identità europea, tappa verso un’identità mondiale

Malgrado tutto ciò, quando ci troviamo difronte alle altre “identità” del mondo, viaggiando attraverso gli altri continenti, ci vediamo come “europei”. In effetti l’identità agisce su parecchi livelli, ovvero una persona dispone di molteplici identità nello stesso tempo. Prendiamo ad esempio una persona di Dublino: a Cork, sarà di Dublino (“a Dubliner”, nativo di Dublino); in Francia, sarà considerato come proveniente dall’ Irlanda (irlandese); ed in Africa, lo si considererà proveniente dall’Europa (europeo). Così, si può constatare che l’identità europea è semplicemente una tappa verso un’identità “mondiale”, (quindi, se domani degli extraterrestri arriveranno a Strasburgo, il sottoscritto sarà senza dubbio considerato come “terrestre”!).

Si può concludere che le identità sono delle generalizzazioni. Dopo tutto, siamo tutti degli individui, unici, ciascuno differente dall’altro. E comunque sia, le generalizzazioni fanno parte della natura umana, ci aiutano nella costruzione di idee e teorie complesse, che applichiamo a nostro uso per creare delle società civili. L’Europa esiste, a dispetto dei suoi difetti, con riguardo alla definizione dell’identità. Sarebbe inopportuno constatare che creando un’identità europea, si venga a costruire un qualcosa di nuovo. In più, sarebbe ingiusto, addirittura tragico, imporre una nuova identità per sostituire le identità nazionali e regionali che esistono al momento attuale.

Infatti, l’identità dell’Europa non risiede nella sua capacità di trascendere le sue proprie diversità? Reprimendo queste diversità, negheremmo la nostra propria specificità, l’elemento principale di ciò che costituisce un’identità. Con la costruzione dell’Unione Europea, non si rende necessario creare una nuova identità, poiché le identità nazionali si evolvono col tempo. Se l’identità europea avrà bisogno d’esser approfondita, lo si potrà fare rispettando le identità nazionali e non cercando di sostituirsi a esse, perché un tale atteggiamento rischierebbe di provocare delle reazioni di diffidenza. C’è dunque un bisogno di salvaguardare la nostra diversità. Se l’Europa riuscirà a superare il periodo difficile che verrà a causa dell’allargamento, sostenendo tanto più la sua propria diversità, essa potrà esser utile come modello al mondo intero. Le aspirazioni dell’umanità sono, (o piuttosto, dovrebbero essere), quello di vivere insieme in pace e assicurare il benessere al più gran numero possibile di individui.

Le identità nazionali come ricchezza

Vorrei infine porre l’accento sul grande potenziale dell’Unione Europea. Affinché il progetto europeo si affermi come un successo nel lungo termine, sarebbe necessario che venisse corredato da valori morali. Al tempo stesso, si deve tenere conto del fatto che la specificità dell’identità europea si fonda sulla sua diversità. Non deve cercare di definirsi o di costruirsi in opposizione alle identità nazionali, ma con esse e per esse, perché la diversità è una carta vincente. Le identità nazionali non devono esser vissute come un che d’impastoiato, ma insieme come un dato di fatto ed una ricchezza. Tuttavia, in un certo modo le identità nazionali rendono fragile l’identità europea. Esiste un rischio che questa si sgretoli innanzi alle difficoltà maggiori o a scelte importanti. La Comunità si è rivelata così incapace di parlare con una sola voce all’epoca della guerra contro l’Iraq (1991) o della guerra in Iugoslavia. Le identità nazionali rimangono importanti, malgrado l’interdipendenza crescente tra i paesi nei campi economici e strutturali. Ciò non significa che queste identità non possono coesistere. Tentare di sostituire l’una con l’altra, sarebbe al tempo stesso un’azione intollerante e poco comprensiva dei fenomeni storici, sociali e culturali.

Tenuto conto del passato insanguinato al quale l’Europa è sopravvissuta, (due guerre mondiali, l’espansione mondialista, il colonialismo, l’imperialismo ecc.), essa dovrebbe servire di modello, come prova che la cooperazione e la riconciliazione, ovvero una coesistenza pacifica, è più proficua di guerre e animosità.

Translated from Qu’est-ce que l’identité européenne ?