COP21: la conferenza sul clima spiegata dall'inizio
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Veronica MontiLa Conferenza mondiale sul cambiamenti climatico, ossia la COP21, ha riunito a Parigi circa 25 mila diplomatici da tutto il mondo, che dallo scorso 30 novembre fino all'11 dicembre si sono confrontati su una strategia internazionale da seguire per controllare il cambiamento climatico. Ma cos'è esattamente la COP21? E com'è nata?
I primi passi
Tutto è cominciato nel 1992, anno in cui si firmò a Rio de Janeiro un documento dal titolo Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in inglese: United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC o FCCC). Il suo scopo era quello di inaugurare una collaborazione internazionale per limitare l'emissione dei gas responsabili dell'estensione del buco dell'ozono, e quindi anche dell'intensificazione dell'effetto serra. Questa convenzione ha segnato il primo passo del lungo cammino verso il delineamento di una politica climatica globale.
Purtroppo, accade spesso che i primi passi portino anche a dei gran scivoloni. L'incontro a Rio de Janeiro, per quanto sia stato innovativo, si è limitato a raccomandare ai paesi membri di riflettere su come impostare le prossime riunioni. In altre parole, la convenzione non ha affatto limitato l'emissione dei gas nocivi come si era proposta di fare, si è semplicemente limitata a segnalare la necessità di farlo. E quei passi non solo erano i primi, ma si muovevano anche su un terreno instabile. È vero che col tempo si sono firmati altri documenti che hanno stabilito concretamente dei limiti all'emissione dei gas, come il Protocollo di Kyoto del 1997. Ciononostante queste delibere non hanno saputo imporre ai Paesi in via di sviluppo, come la Cina o l'India, il rispetto delle decisioni prese, e gli Stati Uniti non lo hanno neppure rettificato. Risultato? La UNFCCC, esausta, si è presa una pausa lunga 8 anni.
Il primo Incontro delle parti sul Protocollo di Kyoto (in inglese Meeting of the Parties - MOP) ha avuto luogo nel 2005 durante la COP11 di Montreal, ma anche in questa occasione non si sono prese decisioni rilevanti. Lo stesso risultato si è ottenuto durante la COP12 di Nairobi del 2006 e la COP13 di Bali del 2007, anche se durante la conferenza in Indonesia i Paesi partecipanti hanno preso coscienza del problema e hanno riconosciuto allo stesso tempo che la partecipazione delle economie più importanti del Pianeta è indispensabile per il proseguimento delle negoziazioni. Con questa decisione si è affermata l'importanza di utilizzare tecnologie adeguate e, soprattutto, di sostenere economicamente quei Paesi che non sono in grado di intraprendere una lotta efficace contro i cambiamenti climatici. Purtroppo la COP15 di Copenhagen del 2009, che avrebbe dovuto rappresentare un incontro chiave, si è svolta in periodo di recessione economica e si è rivelata quindi un fiasco completo. È stato un passo nella direzione giusta, ma con una tempistica completamente sbagliata.
Cos'è la COP21 in due minuti.
Come essere indipendenti?
Nei quattro anni successivi si è cercato di convincere Paesi come la Cina, l'India e gli USA che per colpa delle loro azioni il nostro Pianeta in futuro sarebbe potuto essere colpito da una crisi ben peggiore di quella attuale. Con il Quarto Rapporto di Valutazione IPCC si è giunti alla conclusione che è l'uomo il principale autore del riscaldamento globale. Di fatto se la situazione attuale non cambierà e la temperatura media aumenterà oltre i 2 gradi, i cambi di stagione saranno più bruschi, considerevoli porzioni di terraferma saranno colpite dalla desertificazione e nei mari comincerà a scarseggiare l'ossigeno necessario allla sopravvivenza delle forme di vita. Cambiamenti del genere potrebbero portare alla fame e ad una ineguale distribuzione di risorse quali acqua, legna e terra, e di conseguenza provocare migrazioni di massa e guerre.
Nel 2014 durante la COP20 di Lima c'è stata una svolta: gli USA e la Cina hanno preso parte alle negoziazioni, oltre a dichiarare la loro intenzione di limitare l'emissione dei gas responsabili dell'inquinamento globale. Proprio in questa occasione si è deciso di cambiare il modo di condurre la politica climatica globale: i Paesi che partecipano alla COP21 hanno avuto il compito di delineare la loro strategia per far fronte al problema del cambiamento climatico. E quello che non si è ottenuto durante la COP19 di Varsavia, ovvero i singoli piani determinati su scala nazionale (in inglese: Intended Nationally Determined Contributions – INDCs) sono stati un requisito fondamentale per la COP21, in modo che a Parigi ci si possa concentrare sulla coordinazione di questi INDCs su scala globale e sulla distribuzione dei fondi economici. Dovrebbe rivelarsi una svolta radicale rispetto agli incontri precedenti. La speranza è che non sia solo una mossa corretta, ma anche compiuta nel momento opportuno.
Senza fiducia nessun progresso
La COP21 di Parigi è importante per un'altra ragione: i Paesi in via di sviluppo potrebbero iniziare a servirsi delle fonti di energia rinnovabile e a desistere dall'uso dei combustibili fossili, sempre che i Paesi più sviluppati siano disposti a sostenere in parte questi costi. Questo richiederà uno sforzo da ambo le parti: dai Paesi più ricchi, che dovranno condividere la propria ricchezza, e dai Paesi meno abbienti, che dovranno mostrarsi in grado di non sprecare queste risorse.
Dunque Parigi non pone tanto una sfida organizzativa, quanto un impegno di fiducia reciproca: il tentativo di contenere l'innalzamento della temperatura media a 2 gradi può riuscire solo se tutte le parti giocheranno a carte scoperte. In questa situazione giocare al gatto e al topo non solo sarebbe infruttuoso, ma potrebbe compromettere seriamente l'umanità intera.
Se anche la COP21 si risolve in un fiasco, solo una cosa sarà certa: che i politici da soli non sono in grado di far fronte ai cambiamenti climatici. La riuscita sarà possibile solo attraverso azioni su grande scala, realizzate poco alla volta anche a livello locale.
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Leggi il nostro speciale sulla COP21: #21faces.
Translated from Krok po kroku do COP21