COP21: gli uomini che sussurrano alle orecchie dei delegati
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Grazia CassisiI partecipanti alla COP21 provengono da ogni parte del mondo. Infatti a Parigi sono rappresentati più di 190 Paesi ed altrettante lingue, una cosa che fa pensare un po' alle Olimpiadi. Ma nell'hangar di Bourget, non sono i politici a fare il lavoro più impegnativo, bensì i traduttori. Ecco il ritratto di coloro che "saltano" continuamente da una lingua all'altra: un vero "sport estremo".
Benoît, in giacca e cravatta, se ne sta seduto in una cabina di truciolato grezzo. Dalle quattro pareti di vetro, vede la nuca e la schiena dei partecipanti alla conferenza, con i quali è collegato attraverso delle cuffie. È da un quarto d'ora che traduce dal francese all'inglese e viceversa. Con i movimenti delle mani accompagna la propria voce. Dall'esterno, sembra il linguaggio dei segni misto ad un film muto.
I relatori sul palco del padiglione francese stanno discutendo di agricoltura sostenibile e del suo impatto sul clima. Nonostante nella piccola cabina dell'interprete si raggiungano temperature tropicali, Benoît mantiene la calma. Ammette di concentrarsi sul contenuto delle dichiarazioni, anziché sulla forma. Sarà la sua memoria a breve termine a fare il resto.
È da due anni che pratica questo "sport estremo" e giorno dopo giorno ha avuto la conferma che i francesi non sanno né vogliono parlare inglese. All'età di 17 anni ha vissuto per un anno nella terra dei canguri, in Australia, e a venti ha trascorso un periodo di studio in Irlanda. A ventisei anni, con in tasca una laurea in anglistica e un master in traduzione, è uno degli interpreti ufficiali del Ministero degli esteri francese. Chapeau.
Nonostante la sua esperienza professionale sia relativamente breve, ha già avuto modo di dimostrare la sua versatilità: una volta, una società lo ha assunto per una riunione in cui si parlava di rivestimenti in parquet; in un'altra occasione, ha prestato servizio presso una conferenza sui metodi internazionali di allevamento dei salmoni.
Per prepararsi ad affrontare la Conferenza ONU sui cambiamenti climatici ha svolto tre giorni di intensa ricerca. Fin dall'inizio dei negoziati, come dice lui stesso sorridendo, traduce «con la dose di adrenalina necessaria», partecipando fino a tre conferenze al giorno. Gli interpreti lavorano sempre in coppia, a volte anche in gruppi di tre, dandosi il cambio ogni mezz'ora. Chi non è impegnato nella traduzione prende nota di dati e concetti complessi, aiutando dunque la persona che in quel momento sta traducendo. «Indirettamente, contribuiamo al cambiamento del mondo,» afferma Benoît con tono fiero. E ha ragione. Non potrebbe esserci alcun nuovo accordo sul cambiamento climatico, se non in presenza di una piena comprensione, ovvero grazie alla traduzione.
Tuttavia, il suo ego non supera il tetto dei padiglioni della COP21. Nonostante la responsabilità che porta sulle spalle, Benoît è modesto e, riferendosi alla sua attività di interprete, dichiara: «Resto nell'ombra e tento di sussurrare all'orecchio dei partecipanti parlando nella maniera più fluente possibile. Posso dire di far bene il mio lavoro solo se rimango invisibile».
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Translated from Ohrgeflüster: Dolmetschen auf der COP21