Come raccogliere i semi della democrazia digitale
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La rivoluzione digitale non si può demonizzare, e neppure esaltare come l’unica strada che ci porta al futuro. Dopo aver evidenziato i rischi della superficialità della militanza politica su internet, cafebabel.com dà spazio a un’analisi completa e avveduta.
Dal giornalismo partecipativo nato dieci anni fa con questo magazine alle reti sociali esplose con il movimento degli Indignati, le preoccupazioni non sono mai mancate. Ma i fiori della democrazia digitale stanno per sbocciare.
La Rete è ciò che di lei facciamo, come ogni media. Quando la radio, la televisione o addirittura il telefono vennero al mondo in molti sognarono un nuovo mondo dove l'informazionie l’educazione avrebbero portato ad una nuova società illuminata. Furono le propagande totalitariste prima e il consumismo di massa poi a mostrarci che i media in sé non fanno altro che trasportare contenuti, e che è compito di noi cittadini difendere la loro qualità. La grande vera sfida dei prossimi anni è insegnare alla gente il potere, il valore e la bellezza dell’informazione e del confronto democratico.
Né un paradiso né un inferno
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Ha la Rete un qualche ruolo per la democrazia? Ovvio. Non ci si fermi ancora a pensare a come Internet cambi le pratiche democratiche, ma al fatto innegabile che la gente lo usa all’ora d’affacciarsi alla democrazia (e a qualsiasi altra cosa). Internet è l’unica piattaforma di comunicazione in continua espansione, l’unica capace di mescolare i beni e i mali di tutti i i media arrivati prima di lei. È un amplificatore, un acceleratore di qualsiasi cosa abbiamo visto in precedenza, e allo stesso tempo un luogo per sperimentare e creare nuove forme di interazione. Non un Eldorado né una dannazione, semplicemente una tecnologia che sta cambiando la faccia della società radicalmente.
Una cosa ben distinta è se la Rete abbia o meno un effetto democratizzante. Da un punto di vista molto ampio, una comunicazione plurale dentro una società è salutare per la democrazia: permette ai cittadini di reperire le informazioni di cui hanno bisogno per prendere decisioni e formarsi opinioni con cui vanno a votare. Generalmente aumenta l’accountability, rendendo più visibili e giudicabili i comportamenti anti-demoratici dei potenti. Ciononostante, molti e sensati dubbi son sorti sui pericoli di un flusso d’informazione troppo potente e fuori controllo.
I rischi
Tutto ciò configura tre dimensioni di rischio potenziale per la società. Una è la proliferazione di messaggi che incitano alla violenza o che danno false informazioni fomentanti odio. Il caso del video dell’assassino d’ultradestra norvegese Anders Breivik ha fatto scalpore in questo senso, ma è difficile che questi messaggi abbiano portata globale, e Breivik stesso non sarebbe diventato famoso se non fosse stato pubblicizzato da uno degli atti più infami mai visti.
La seconda dimensione di rischio è più pericolosa, e potenzia i pericoli della prima, si tratta dell’effetto di cameratismo della Rete, che permette a gruppi di persone con punti di vista o interessi comuni di creare comunità online impermeabili alle influenze esterne. Questo non è un problema troppo grave se tale interesse è, per esempio, Star Trek, ma è giustamente preoccupante quando riguarda nostalgie hitleriane. Beninteso, né i raduni di Star Trek né i gruppi neonazisti sono una novità di Internet, ma come già detto Internet agisce aumentando la portata di qualsiasi messaggio e permette il coordinamento tra elementi che non potrebbero altrimenti entrare in contatto. A proposito, molto è stato già detto sul ruolo della Rete nel dar forma alla rete di estremisti islamici Al Qaeda.
La terza dimensione pericolosa è l’altra faccia della medaglia di una delle più intriganti proprietà di Internet, la sua estrema capacità di mobilitazione. Questa è la caratteristica da cui si genera la maggior parte del discorso odierno su Internet e la politica. E’ stato ripetuto alla noia qual è stato il ruolo di Internet nella Primavera Araba, nella campagna di Obama o tra gli Indignati: Internet può incentivare le forme di mobilitazione politica, è un dato di fatto. Ma l’esempio dei Riots di Londra mostra che tale tumulto può essere incontrollato e privo di rivendicazione politica: quali che siano state le molteplici cause dei disordini, l’evoluzione di una protesta contro la violenza della polizia e l’uccisione di un uomo in un lungo tumulto di incendi e saccheggio compulsivo fa capire che qualcosa è andato fuori controllo: sia nella società sia nelle dinamiche che hanno portato a tale mobilitazione.
La crisi dell’Occidente, il desiderio di cambiamento, il deficit democratico causato da decenni di arrugginimento del sistema liberale, stanno in questi giorni portando centinaia di migliaia di cittadini nelle piazze. È vero, come molti critici dicono, che manca un disegno comune, una proposta alternativa credibile, ma questo è forse solo l’inizio, la scintilla per il cambiamento, che grazie a Internet e i social media ha preso una dimensione globale. Sarà il prossimo passo la discussione, il dibattito, la costruzione collettiva di un nuova democrazia?
I semi dell’e-democracy
Ci sono innumerevoli esempidi come la Rete può essere usata per una mobilitazione consapevole (es. Avaaz), per creare movimenti politici partecipativi (es. American Elect), forme di citizen journalism (il sito che state leggendo, Agoravox o il più celebre Huffington Post) e di dibattito ragionato (per esempio, Economist debate ha creato un’agorà virtuale per dibattiti in stile oxfordiano). Questi sono i semi della e-democracy: cerchiamoli, analizziamoli, usiamoli, diffondiamoli e insieme contribuiremo a una nuova e sana democrazia.
Lorenzo Marini è dottorando in comunicazione sociale all'Universitat Pompeu Fabra di Barcelona
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