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Cohn-Bendit 40 anni dopo: «Il Sessantotto? Bello ma ora basta»

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società

Il 62enne franco-tedesco esponente dei Verdi ripercorre il '68, al quale ha partecipato attivamente. E spiega perché oggi è il momento dell'Europa.

La rivoluzione oggi: che ne pensa? I giovani si occupano meno di politica rispetto al passato?

Oggi è molto più difficile essere giovani rispetto a quarant’anni fa. A quel tempo non sapevamo cosa fosse la disoccupazione, né le emissioni di Co2 o le catastrofi climatiche. Era un periodo di rivoluzione sessuale, di emancipazione. Quarant’anni fa era possibile pensare a qualsiasi pazzia ideologica: c'era chi sosteneva la rivoluzione culturale cinese, a dispetto dei morti che stava causando. Altri erano per la dittatura a Cuba. Eravamo, come sono solito dire, prometeici. Il mondo ci apparteneva ed eravamo nelle condizioni di cambiarlo. Oggi la gioventù sa che molte cose non vanno. I giovani sono diversi, più sensibili, in parte timorosi, ma non meno militanti.

Com'è la politica agli occhi dei giovani d’oggi?

Ci sono moltissimi giovani che combattono la globalizzazione, attraverso organizzazioni non governative o umanitarie. La differenza è che tutte queste iniziative non sono assemblate in un progetto globale, vero o assurdo che fosse. Ma sono in tanti a ribellarsi.

Possiamo dire che oggi la rivoluzione

è “istituzionalizzata”?

No, direi di no. Nemmeno in passato c'era una rivoluzione. C'era una rivolta, che oggi avviene con modalità diverse. Più complessa, più stratificata, e non si può fare un discorso standard. È proprio questo quello che la rende più difficile da capire.

Qual è, secondo lei, lo scopo delle rivolte odierne? Le grandi battaglie per le libertà personali le ha già fatte la sua generazione. Cosa resta ai giovani di oggi?

C’è la rivolta contro la globalizzazione, il cui scopo è evidente. Le manifestazioni contro il G8 vogliono dimostrare che si tratta di un'ingiustizia. Esiste poi una rivolta contro la distruzione ecologica del pianeta. C'è anche semplicemente il tentativo di opporsi a una società improntata solo al rendimento, che ti propone o di lavorare come un matto, o di restare disoccupato. Le pressioni sociali sono molto forti, e le si sopportano con grandi sforzi. Questo è il motivo per cui molti giovani rifiutano il dovere di “essere produttivi”, anche se questo viene loro rimproverato. Tutto ciò, anche se non ha una connotazione politica precisa, ha un peso e un effetto politico e sociale evidente.

Ma niente di tutto ciò è paragonabile a quello che è successo quarant'anni fa?

Bisogna smetterla di fare dei paragoni con quello che è successo quarant'anni fa. Il ’68 è andato, finito, passato. È stato bello per quelli che lo hanno provato, ma adesso è finito. Abbiamo un altro mondo, un’altra società. Il ’68 ha cambiato la società, ma ora bisogna confrontarsi con il mondo di oggi, e smetterla di guardare indietro.

Cosa è cambiato in questi quarant'anni?

Che ho 40 anni in più. Questo è fondamentale. Oggi non sono più un giovane pazzo sconosciuto, ma qualcuno con una storia politica, integrato in un sistema politico.

Ora, dall'alto delle sue esperienze, come pensa che si possano cambiare le cose? Da dentro o da fuori al sistema?

In entrambi i modi, perché tutti i movimenti sociali cambiano la società. Ma prima che i cambiamenti facciano effetto sul sistema ci vuole tempo. Ma arrivano.

In quale campo pensa che abbiate portato più cambiamento?

Abbiamo dato un contributo decisivo all'autonomia degli individui e delle collettività. Abbiamo contribuito a far passare l'idea che lo Stato deve essere meno invadente, che non possono rientrare nelle sue competenze le questioni private dell'individuo.

Lei pensa esista un’identità europea per il '68?

Sì, il 1968 è stato un movimento europeo. Ha avuto diversi motivi ispiratori in paesi diversi e in diverse città d'Europa. La ribellione del '68 contro l'autorità ha fondato una nuova forma di società. Finalmente oggi siamo sulla via di un'identità comune nel continente.

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ASCOLTA UNA PARTE DELL'INTERVISTA A COHN-BENDIT (in tedesco)

Translated from Daniel Cohn-Bendit: 'Es ist viel schwieriger heute jung zu sein'