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"Club politico" o "legione straniera del Pentagono"? La "rinnovata NATO" e la difficile scelta europea

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Qual’è la vera natura della NATO? In cosa si traduce l’allargamento di Praga nell’evoluzione di questa struttura che fa concorrenza direttamente ad un’ipotetica difesa europea.

L’importanza, addirittura la pertinenza dell’Alleanza Atlantica era stata messa in discussione, anzitutto per il cedimento dell’ordine bipolare, poi per l’apparizione del terrorismo come nuova minaccia “strutturante” l’architettura della sicurezza internazionale. Gli sviluppi recenti del Summit di Praga sembrano tuttavia infonderle una “nuova vita”: sebbene l’alleanza “classica” che ne è al centro resti indebolita dalla scomparsa del nemico, la NATO tende a ridefinirsi anzitutto in quanto organizzazione politico-militare. Il suo raggio di azione si distende oramai ovunque esplodano “conflitti di notevole intensità”. Se i termini non fossero contraddittori, si direbbe che con la creazione della sua Forza di reazione rapida (FRO), essa provi a diventare un tipo di “organizzazione di sicurezza regionale a portata mondiale”.

Anche se la scomparsa dell’Alleanza era considerata un’alternativa troppo radicale, il rafforzamento della sua azione non era certo l’orizzonte maggiormente previsto. Il “disimpegno” di un governo americano che passa attraverso l’essenziale delle capacità europee nella sua guerra contro il terrorismo, da un lato; e la volontà (?) dell’Europa di dotarsi di mezzi autonomi per gestire i propri problemi di sicurezza, dall’altro, suggerivano ad alcuni una deriva dell’alleanza verso una nuova natura di “cornice politica” la cui l’importanza sarebbe stata largamente simbolica. Il deperimento della minaccia dell’est avrebbe ridotto così l’impegno di assistenza allo statuto di un “ombrello” più o meno rassicurante per gli europei e in particolare per i nuovi membri, e avrebbe condotto a un indebolimento dell’organizzazione militare integrata.

Fine di una divisione di compiti troppo favorevole agli europei

La realtà non ha seguito questo corso, in particolare a causa dell’interesse americano al sostegno dell’Alleanza come strumento potente d’influenza americana in Europa, ma anche a causa delle esitazioni dei paesi europei, per niente disposti a rinunciare alla protezione degli Stati Uniti. Perché non è della disponibilità del FRO di cui questi ultimi hanno bisogno, ma dell’impegno europeo a contribuire alle “responsabilità globali in materia di sicurezza” e dei limiti che questo impegno imporrà alle velleità di alcuni paesi europei troppo inclini a “render autonoma” la difesa europea ed a ripiegarsi sulla gestione dei problemi del continente. La NATO non sarà probabilmente uno strumento privilegiato degli Stati Uniti per le azioni militari nell’avvenire prossimo, salvo, forse, per legittimarli; tuttavia, il suo nuovo orientamento permetterà di mantenere, addirittura di rinforzare, l’imbragatura delle forze americane ed europee, e soprattutto il ruolo subordinato di queste ultime. Viste le restrizioni delle loro capacità di proiezione di forze, i paesi dell’Europa metteranno sicuramente a disposizione del FRO degli elementi già destinati alla Forza europea, concepita tuttavia per le missioni più modeste. Si abbandonerebbe così la via di una “divisione di compiti” giudicata troppo favorevole agli europei - ma anche, forse, la possibilità di una gestione “europea” dei problemi di sicurezza nel continente, soprattutto se gli Stati Uniti riescono a contrastare delle iniziative come la costruzione dell’aereo A-400M.

Lo sforzo di difesa europea svuotato del suo senso

Si può pensare che la partecipazione ad una forza “ultramoderna” possa contribuire ad un certo miglioramento delle capacità europee nei campi chiave, sotto riserva della celebrazione delle “sistemazioni permanenti” – sempre bloccate – per l’utilizzazione dei mezzi della NATO. Ora, l’utilizzazione effettiva di dette capacità diventerebbe difficile allo stesso tempo, perché implicherebbe per l’Alleanza la non-disponibilità immediata del FRO. Bisognerà aspettare maggiori precisazioni circa gli impegni degli Stati contribuenti dunque, anche se alcune voci – particolarmente francesi – mettono fin da ora in guardia contro lo stabilimento di un “diritto di primo impiego” che favorisce l’Alleanza a spese della Forza europea. A questo pericolo, bisognerebbe aggiungere che la preferenza europea per l’ONU in qualità di cornice per le operazioni "fuori-zona", così come la reticenza di alcuni paesi europei a concedere dei mezzi allargati d’intervento ad un’organizzazione largamente dominata dagli Stati Uniti, sembrano al momento battere in ritirata.

In breve, la superiorità dei mezzi e della credibilità dell’Alleanza in quanto strumento militare, in Europa o altrove; la lentezza dei progressi europei; ed infine, il successo probabile di Washington nel rinforzare la dipendenza dei mezzi militari europei nei confronti la NATO, rischiano di svuotare assai di significato il modesto ma cruciale sforzo teso a dotare l’Europa di capacità autonome per la gestione della sua sicurezza.

Translated from « Club politique » ou « légion étrangère du Pentagone »? L’ « OTAN renouvelée » et le difficile choix européen