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Cina: il terremoto rallenta la cinghia del regime?

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Francesca Barca

Cultura

Ieri un’altra scossa ha toccato la regione cinese di Sichuan, nella parte sud occidentale della Repubblica. Dopo il terribile terremoto del 12 maggio scorso, ora è l’allarme dighe, quasi tutte danneggiate. Ma la crisi sta spingendo il regime ad aprirsi.

«Forza Sichuan!», ha scandito lunedì la folla riunita sulla piazza Tienanmen a Pechino, dopo i tre minuti di silenzio per la regione che, il 12 maggio scorso, è stata l’epicentro del sisma che ha scosso la provincia cinese di Sichuan, nel sud-ovest del Paese.

Il 2008, grazie all’organizzazione dei Giochi Olimpici, doveva essere l’anno della gloria per la Cina moderna. Purtroppo, invece, quello che vediamo è un Paese in lutto.

Era anche l’occasione, per il Regime al potere, già criticato dalla comunità internazionale per la situazione in Tibet, di adottare una vera politica di apertura.

Libertà di stampa tra le macerie

Le squadre di aiuti internazionali sono state rapidamente accettate sul territorio, sia dalle autorità che dal popolo cinese. I giornalisti, che secondo gli osservatori internazionali hanno beneficiato di una reale libertà, hanno diffuso le immagini di un dramma che ha scosso l’intero Paese. Solo a livello nazionale sono stati raccolti 1.5 miliardi di dollari, di fronte a perdite che si stimano di 80.000 unità, tra morti e dispersi.

Pechino ha lanciato, giovedì scorso, un appello all’aiuto internazionale, per la fornitura di più di 3.3 milioni di tende, destinate ad accogliere i cinque milioni di sopravvissuti al sisma, oggi senza casa. 

Le informazioni ufficiali alla tv cinese

Translated from Après le séisme, la Chine lâche du lest