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Cina, armi per il dragone?

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Ottavio Di Bella

L’Ue vuole ritirare l’embargo militare. Ma il rispetto dei diritti umani in Cina non è ancora garantito. Inoltre, riflessioni di natura strategica dovrebbero far agire gli europei con la dovuta prudenza.

Zhao Ziyang, l’ottantenne ex primo ministro cinese e segretario generale del partito comunista, con le sue riforme economiche non si è limitato a porre la prima pietra per un costruire la futura potenza della Cina. Si è impegnato anche per cambiamenti politici che spianeranno la strada verso un vero stato di diritto, la democrazia e la libertà di opinione. E’ morto qualche settimana fa. Nonostante in genere la morte dei pezzi grossi del partito venga celebrata con grande enfasi, stranamente questa volta in tutto il paese vi è stato un diffuso silenzio. Zhao nel corso del suo mandato aveva commesso un “grave errore”, come l'agenzia di stampa nazionale ha scritto all’indomani dalla sua scomparsa: durante la protesta filo democratica a Pechino dell’estate del 1989, aveva concesso la propria disponibilità a trattare coi dimostranti. E senza dubbio internamente al partito ha dovuto avere la peggio nel gestire la questione. Il 4 giugno 1989, l'armata cinese entrò coi propri carri armati in piazza Tienammen e senza esitazione sparò sul corteo dei manifestanti, provocando più di 1000 morti.

Segnali di repressione dei diritti umani

L'Ue (a differenza degli Usa) reagì tempestiva ed inesorabile emanando un embargo militare contro la Cina. Il paese aveva mostrato un chiaro segnale a tutto il mondo del grado di repressione dei diritti umani al suo interno.

Un embargo che oggi, a distanda di 15 anni, potrebbe presto esser messo da parte. Da tempo, la Cina spinge gli europei a ritirare il divieto di impotazione di armamenti: altro non sarebbe che un prodotto della guerra fredda, non più al passo coi tempi, ha fatto sapere Li Zhaoxing, il ministro degli esteri cinese, nel corso di un incontro con la presidenza irlandese dello scorso aprile. Francia e Germania da quasi due anni condividono le argomentazioni cinesi. “È giunto il momento ormai di apprezzare la politica responsabile della Cina riguardo la questione della Corea del Nord e l’ampio accordo sulla crisi irakena”, ha sottolineato il cancelliere tedesco Gerhard Schröder. Anche il ministro degli esteri britannico Jack Straw lo scorso mese di gennaio si è aggiunto al coro dei promotori della revoca all’emberga auspicando la fine delle sanzioni entro la seconda metà dell’anno.

I motivi per un accordo da ambo le parti sono assai evidenti. La Cina guarda essenzialmente ad un'intesa di parigrado con gli europei come ad un ambizioso traguardo da potenza mondiale. Il continuo armamento del paese da sé già spiega l’obiettivo dei cinesi di divenire una super potenza. Una potenza persuasa dal fatto che un embargo militare da parte del secondo maggior partner commerciale, ricordo continuo delle brutali repressioni dei diritti umani, sia un ostacolo. Dall’altra parte stanno gli interessi economici degli europei di fronte presumibilmente al mercato di armi più promettente al mondo. Specialmente l’industria militare francese, in crisi da anni, vede la possibilità nel paese del dragone di vincere la propria cronica debolezza attraverso le proprie esportazioni. Il cancelliere tedesco Schröder, che vorrebbe raddoppiare il commercio con la Cina entro il 2010, ha nel proprio mirino non solo il futuro del commercio dell’industria militare tedesca, dopo ben cinque viaggi nel paese, ma anche ben più concrete intenzioni politiche. La Germania ha bisogno della Cina, anche per realizzare l’eterno sogno di ottenere il proprio seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Scherzare col fuoco

Nel 1989 l'embargo rappresentò un chiaro segno che l’Europa semplicemente non accettava simili limitazioni dei diritti mani. Un'abolizione delle sanzioni porterebbe con sè il giudizio che la situazione dei diritti umani in Cina è nettamente migliorata. I quotidiani arresti di sindacalisti e di utenti di internet, le torture in continuo aumento nelle prigioni, aggiunti alla pena di morte (solo nelle ultime due settimane oltre 200 uomini giustiziati, secondo quanto riferisce Amnesty International) e alla repressione delle minoranze come l'Uiguren musulmano nella provincia Xinjang, raccontano un’altra verità. Ancora oggi ben 14 leader studenteschi sono in stato di arresto a causa delle proteste pacifiche del 1989. Se l'Ue intende proteggere la sua credibilità, deve restare coerente con la sua posizione sulle limitazioni dei diritti umani.

Certo anche se la morale è stata ormai da tempo dimenticata", come Joris Zylbermann ha scritto un anno fa sull’allineamento delle politiche Ue riguadanti la Cina, ci sono ottimi motivi strategici per non ritirare al momento l'embargo. La Cina aspira ad un’egemonizzazione del sud-est asiatico, dispone di un potenziale atomico a lunga gittata, ed ha mostrato ripetutamente che utilizzerà un potere in così rapida ascesa per imporre gli interessi nazionali attraverso i suoi impulsi espansionistici, forse perfino con la forza. Il dispiegamento della potenza cinese in sé non rappresenterebbe alcun pericolo nel caso in cui venga accompagnato da grande prudenza. E ciò deriva anche dal fatto che Pechino non riceva armi dall'Ue. Chi gioca ad armare il paese del dragone scherza col fuoco: perché sposta le forze in campo nello scacchiere mondiale. Zhao Ziyang presumibilmente si rivolterebbe nella tomba nel sapere che l'Europa consegna di nuovo armi alla Cina, qualunque uso stavolta ne venga fatto.

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Translated from Wieder Waffen für den Drachen