Participate Translate Blank profile picture
Image for Chitarra e tacchi a spillo: giù il cappello per Carmen Consoli

Chitarra e tacchi a spillo: giù il cappello per Carmen Consoli

Published on

Palermo

Carisma contagioso, accento inconfondibile, energia e classe da vendere: il racconto di una sera al Teatro di Verdura con la "Cantantessa". 

La serata del 31 agosto è calda sugli spalti del Teatro di Verdura, a Palermo. Le luci si spengono, alle 21:30 spaccate entra in scena Giovanni Caccamo col suo fare timido e la sua musica delicata ad aprire la serata. Il giovane cantante modicano riscalda l'atmosfera, raggiungendo l'apice con la stupenda canzone della palermitana Giuni Russo, La sua figura: è solo il primo assaggio di sicilianità.

Si rispengono le luci. Sale sul palco lei, Carmen Consoli, ed è una scarica di adrenalina, rock allo stato puro. L'energia della musica si coniuga con l'eleganza e la leggiadria delle parole, il linguaggio della cantante catanese è raffinato, qualcuno l'ha paragonato a quello di Gesualdo Bufalino, ma questo è il suo modo di scrivere, il suo modo di usare la nostra splendida lingua.

Il cast è tutto al femminile, oltre alla "Cantantessa" sul palco ci sono al basso Luciana Luccini e alla batteria La dottoressa Fiamma Cardani. Le donne sono sempre un tema caro alla Consoli,  non è un caso che la prima canzone sia La Signora del quinto piano, brano che parla di una donna uccisa dal marito stalker, che fa parte di un progetto a sostegno del Telefono rosa, il numero antiviolenza a servizio delle donne. 

Tutto il tempo è un'altalena di emozioni, nostalgia di un'infanzia trascorsa nella campagna dello "zio Saro" per partecipare alla vendemmia di Ottobre, un brano in cui sembra di sentire l'odore del mosto, le grida dei bimbi attorno a una tavola imbandita nella campagna, la malizia acerba dell'adolescenza. Le storie quotidiane di donne tormentate, complici del loro stesso tormento, sono protagoniste de L'abitudine di tornare; mentre donne annoiate le troviamo in Sintonia imperfetta. L'amore per la Sicilia, per la città di Palermo, è un amore tormentato: «Una dedica alla mia città, perchè Palermo è una città che amo infinitamente e dunque sono fiera di appropiarmene». Una canzone di tacita speranza, di rinascita ancora troppo soffocata da uno «stato assai spiacente che posa una ghirlanda tricolore con su scritto: "assente!"». 

A un certo punto un finto saluto, il rientro sul palco, il suo sorriso ammaliante di verace donna sicula: «Ho la chitarra rosa e la maglietta nera, ma non l'ho fatto apposta!»e via con tutte le sue canzoni che l'hanno portata qui, su questo palco, nella sua terra da cui vent'anni fa è partita, come racconta lei stessa. Si trovava a San Martino delle Scale, un piccolo paese in provincia di Palermo, quando grazie a un lungimirante produttore, Francesco Virlinzi (purtroppo recentemente scomparso) e con un gruppo di musicisti palermitani, nello stesso studio in cui Mario Venuti stava registrando Microclima, inizia la preparazione della canzone per Sanremo Giovani. Con Quello che sento inizia il sogno della "Cantantessa" e, come ha detto lei stessa, «abbiamo avuto fortuna».    

Carmen Consoli, quella che il New York Times ha definito «una magnifica combinazione tra una rocker e un'intellettuale,» è una continua scoperta, apprezzata in Italia e all'estero (è stata ad esempio l'unica rappresentante del cantautorato italiano al Meltdown Festival organizzato da David Byrne a Londra), non è mai uguale a se stessa, ma conserva sempre la sua impronta inconfondibile. Con la sua musica spinge all'analisi di se stessi, cita addirittura Gesù: «Se tiri fuori quello che è dentro di te ciò che è dentro di te ti salverà, se tiri fuori quello che non è dentro di te ciò che non è dentro di te ti distruggerà». Valorizza le proprie radici in modo intelligente, dimostra in ogni sua esibizione di essere, come lei stessa canta: «Una donna con la "D" maiuscola, mediamente isterica di cui la Sicilia e l'Italia tutta dovrebbe andare fiere.