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Chilometri di vita attraverso la musica e i viaggi di Sandro Joyeux

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NapoliCultura

Francia, Italia, Europa, Africa: migliaia di chilometri percorsi e una chitarra come compagna di viaggio. Per Sandro le storie sono la materia dalla quale attingere, la musica l’unico mezzo possibile, il viaggio una necessità.

Nello studio di Grumo Nevano, in provincia di NapoliSandro Joyeux è alle prese con la registrazione del nuovo album. Basta osservare la sua chitarra per incominciare a farsi un’idea della musica che suona e delle storie che si porta addosso. «Ecco, questo è Sandro», esordisce il produttore Mauro Romano, indicando il legno scrostato e crepato della cassa armonica. La chitarra di Sandro non è altro che un diario di viaggio che dal suo paese d’origine, la Francia, arriva in Italia e infine parte alla scoperta dell’Africa. Durante il viaggio tutto cambia: da se stesso alle persone che lo circondano, dal modo di vivere al modo di fare musica. È in Africa, in particolare, che Sandro apprende la tecnica percussiva che contraddistingue il suo sound, ma se questo trapela distintamente dalla chitarra ammaccata, il resto degli aneddoti e delle avventure è lasciato alla fantasia di chi lo guarda e lo ascolta. 

«La prima volta che ho visto Napoli sono arrivato direttamente in Polfer, venivo in treno da Roma e mi hanno beccato senza biglietto. Ho passato serate intere a suonare a Piazza San Domenico, ho partecipato all’occupazione dell’Università e ho dormito da clandestini algerini in provincia. È stato tutto molto improbabile, come solo Napoli sa essere». A Napoli incrocia il cammino di molti musicisti ed è proprio qui che si ritrova a incidere il suo primo disco.

Alexandre Joyeux Paganini, nato a Parigi nel 1978 da mamma francese e papà italiano, abbandona presto gli studi, sostenuto dalla passione per la musica e la vita di strada. Vagabonda tra Parigi e Firenze, dove trova suo padre, e vive le prime esperienze musicali. Tutto incomincia con il reggae: «La mia prima band è stata una band reggae. Eravamo dei ragazzini, ci trovavamo in uno scantinato per fare le prove e poi suonavamo nei local». Ma la svolta arriva con l’Africa.

«L’Africa mi ha cambiato la vita». Dapprima il viaggio in Marocco lo mette in contatto con la musica della confraternita islamica degli gnawa, caratterizzata dall’andamento ipnotico tipico delle cerimonie spirituali. Messi da parte un po’ di soldi, parte per il Mali. E qui è ospite di un musicista locale che lo inserisce nella sua band, fatta di «ragazzi che sopravvivono con la musica». «Abbiamo tenuto 15 concerti da quattro ore ciascuno in un mese. Lì lo stipendio per un musicista è tra i 7 e i 10 euro a concerto, ma mi bastava così». In Africa Sandro impara a suonare come i musicisti del luogo, apprende i canti tradizionali e i proverbi popolari, si destreggia con i dialetti arabi e infine realizza il suo sogno: incontrare il musicista maliano Boubacar Traoré, del quale diventa allievo.

Prodotto nel 2012 dall’etichetta discografica Mr.Few di Giuliano Miniati e Mauro Romano, il primo album di Sandro è di fatto un sincero omaggio all’Africa, alla varietà e all’integrità delle sue tradizioni. Un disco itinerante, come lo stesso artista, registrato tra Napoli, Lille e Roma, che conta sull’originale contributo di 13 musicisti provenienti da diversi paesi e formazioni musicali. Viaggio e musica scorrono qui su due binari paralleli, l’uno intrinsecamente legato all’altra. I proverbi del Mali si alternano ai canti popolari del Senegal e del Congo, per lasciare spazio a pezzi composti dallo stesso Sandro. Tra questi, Kingston, singolo nel quale il ritmo reggae si chiude in una pizzica, è emblema di un’eredità musicale capace di trascendere i confini geografici, linguistici e culturali.

«La musica è come un albero con un tronco comune. Il canto dei menestrelli medievali è profondamente simile alla musica tradizionale africana suonata con la kora. Si può dire che le cose si somiglino tra di loro in origine, anche se in seguito prendono ramificazioni differenti».

Dopo l’Africa il viaggio prosegue in Europa, dove Sandro continua a collaborare con i musicisti africani. Nel 2012 la musica acquista una nuova consapevolezza: invitato a suonare al Gran Ghetto di Rignano Garganico in provincia di Foggia, Sandro scopre la dura realtà dei braccianti immigrati in Italia.«Il Gran ghetto è un villaggio africano in mezzo al nulla, fatto di tendoni, baracche e macellerie a cielo aperto, dove non vi è nessun controllo o assistenza da parte dello stato. Ci abitano 2mila braccianti che lavorano tutto il giorno e vivono in condizioni disumane». È così che prende forma l’AntischiaviTour: un modo «di ricompensare gli africani di quello che ho ricevuto dall’Africa», utilizzando la musica per unire e riscaldare le precarie realtà dei campi e dei ghetti dove si raccolgono i lavoratori stagionali immigrati sul territorio italiano. 

La tematica dell'AntischiaviTour, che spazia dal mito coloniale alle problematiche legate all’immigrazione, costituisce il filo conduttore del nuovo album. La musica qui fa tesoro delle esperienze e delle storie umane raccolte lungo il cammino per toccare temi profondamente sociali e politici, data l’importanza attualmente assunta dal dibattito sulla regolamentazione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Ne è un esempio Elmando, singolo ispirato a una storia vera, la cui uscita, prevista per il 2015, sarà accompagnata dal video di animazione di Anton Octavian, recentemente presentato in concorso a quattro film festival internazionali.

Sandro è appena rientrato dal Marocco, tra una domanda e l’altra pizzica le corde della chitarra, fuma una sigaretta e racconta dei suoi ultimi viaggi: mille chilometri percorsi in dieci giorni, milioni di pelli di montoni sacrificati in occasione della “festa del montone”, un amico francese ritrovato dopo dodici anni e una moto assicurata attraverso un rito sciamanico («Dopo tre giorni avevo già bucato»). Tira fuori un paio di qaraqib, i “parenti marocchini delle nacchere”, e li mostra alla signora affacciata al balcone: «Caterì! Ti piace?». Se è vero che il viaggio comprende anche la solitudine, le distanze, gli addii e gli sradicamenti, è sicuramente dai “nuovi inizi” che la musica di Sandro trae la sua linfa vitale.