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Chi trova Palermo scopre un tesoro Vol. 3

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Palermo

Anche questo weekend Palermo apre al pubblico i suoi tesori. E noi, come di consueto, abbiamo scelto personalmente un percorso per voi attraverso una porta dal quale si domina il mare, un museo dove la Chanson De Geste vive con i pupi e infine quelle maioliche dai motivi decorativi infiniti che riportano indietro nel tempo ai palazzi dei vicerè, dove anche una mattonella era arte e, appunto tesoro

Dopo aver esplorato quello che nobilità e clero hanno lasciato in eredità - le loro dimore e i luoghi di aggregazione - il nuovo itinerario raccoglie le testimonianze di ciò che orbitava attorno all'opulenza di un tempo: la cultura popolare, i retroscena di avventure d'amore e antiche e moderne forme di artigianato siciliano.

Palermo vive di contraddizioni, di integrazione, multiculturalismo, ambiguità. È una città schizofrenica che unisce euforia a grande malinconia, che sorride ma non accoglie e dove i ceti sociali sono sempre stati in conflitto, ma in fondo l'uno dipendente dall'altro. Così, accanto a sfarzosi palazzi e maestose chiese, si sono espresse al meglio le tradizioni popolari che hanno reso celebre questa terra: dalla musica alla religione, dalle arti figurative alle leggende e ai proverbi popolari, fino ad arrivare al teatro.

I pupi sembrano (sono) vivi!

Ecco, quindi, che il percorso del weekend conclusivo non poteva che chiudersi per le strade palermitane tra i suoi aneddoti e le sue stranezze. Ci tuffiamo nelle leggende delle Chanson de geste, del paladino Orlando e di Beatrice e dei Pupi siciliani: siamo nel Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino.

La bellezza e la curiosità dei "pupi" e della cultura "pupara" sono ormai riconosciute a livello internazionale: la comitiva che ci accompagna per le stanze del museo è composta da soli stranieri. La guida ci illustra il palcoscenico e ci conduce nella bottega dei Pupi siciliani, che storicamente è divisa tra la scuola palermitana e quella catanese, in cui le marionette pesano fino a 30 chili ed è presente un parlatorio separato che dà voce ai protagonisti.

Il Museo, nato dalla passione di un chirurgo ed antropologo, Antonio Pasqualino, raccoglie anche burattini e marionette provenienti da tutto il mondo: dal Vietnam - in cui le marionette galleggiano sull'acqua - al "Teatro del Bunraku" giapponese, dove il pupo è manipolato da tre persone che, vestite e incappucciate di nero, sono ben in vista sul palcoscenico. Tra folklore, storie di paladini e pupi saraceni, sembra di essere sospesi in un'altra dimensione

La Porta Felice (dei "cornuti"!)

Da lì, seguendo l'istinto e dirigendosi verso il mare ci si imbatte in Porta Felice. Nell'itinerario è il tesoro numero 27, ma in realtà è un must per vedere Palermo da una prospettiva inedita. Qualche tempo fa, spiegando ad amici stranieri l'origine di quel nome, ci eravamo avventurati in una versione simpatica, ma di pura fantasia. Forse si chiama "Felice" perché le genti arrivate dal mare aperto vedevano terra e provavano un brivido di sicurezza e, appunto, di felicità. Ovviamente è falso. Adesso sappiamo la verità: la porta voluta dal vicerè Marcantonio Colonna e costruita in 40 anni (1602-1642) da Mariano Smiriglio e poi Pietro Novelli e Vincenzo Tedeschi, deve il suo nome ad una donna. E, soprattutto ad una storia di "corna". Fu chiamata così in onore di donna Felice Orsini, moglie del vicerè, ripetuatamente tradita dal Colonna, che volle riscattarsi intitonandole la porta. Non a caso il detto popolare vuole che non sia stato edificato l’arco centrale per consentire ai mariti (pluritraditi) delle nobili dame dell’epoca di passarci sotto senza rischiare di "sbatterci le corna". Per il resto affacciandosi da Porta Felice si respira la brezza del mare che entra in città, si domina il porto e si ammira la "Passeggiata delle Cattive" da una prospettiva irripetibile.  

Una casa museo di maioliche dal valore inestimabile 

Anche le mattonelle possono diventare un tesoro. La collezione di 2300 esemplari de "Le Stanze Al Genio" ne è l'esempio vivente. Diciamo soltanto che dopo avere visto la casa-museo privata gestita dall'associazione omonima non avrete più voglia di calcare un pavimento antico per paura di calpestare un tesoro, oppure cercherete di saccheggiare l'ennesima villa - ahinoi - abbandonata all'ingiusto degrado per assicurarvi dei pezzi unici. Forse, purtroppo, siete ancora in tempo per farlo a Villa Napoli, gioiello dimenticato e saccheggiato dall'incuria di una città che spesso violenta il suo patrimonio. Per il resto, in queste stanze di un palazzo antico a pochi passi da Piazza Rivoluzione, Pio Mellina - fondatore dell'Associazione Stanze Al Genio - che ne conosce vita morte e miracoli, vi farà perdere nel tempo, tra le maioliche antiche, realizzate tra i XVI e il XX secolo, dai maestri napoletani e siciliani (loro sì che possono ben dire we do it better!)