Che barbari, questi popoli!
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Definire se stessi e il proprio gruppo nazionale, in opposizione allo straniero, all'Altro, è un'esigenza vecchia come l'umanità. Come si chiamano i popoli europei e come chiamano i loro vicini?
La parola "Italia" che designa il Belpaese sembrerebbe trovare le sue radici nell'antica Grecia, nonostante non sia sempre stato il concetto universale che è oggi. Lo dimostra il divertente fraintendimento dei contadini siciliani, i quali, prima dell'unione politica del nostro giovane paese, credevano che "l'Italia" tanto osannata dai garibaldini fosse la moglie di Garibaldi!
Non tutti gli uomini sono così "irsuti"
Pur con diverse accezioni linguistiche e fonetiche, in Europa gli italiani sono chiamati in modo simile quasi ovunque, con un'interessante eccezione: i polacchi ci chiamano Włosi e indicano l'Italia col nome Włochy. Secondo una leggenda metropolitana che circola nella "terra dei campi" (Polska, Polonia, deriva dal polacco pole, che significa "campo" o "pianura"), il termine gioca sull'assonanza con la parola włosi, "peli" o "capelli": gli italiani sarebbero gli włoski in quanto mediamente più bruni e irsuti degli altri Europei. Alcuni studiosi ritegono però che l'origine di questa peculiarità linguistica sia molto più prosaica: sarebbe da riscontrare nella parola Volsci, popolo che risiedeva nella regione appenninica e in Lazio durante l'Impero Romano.
Gli americani dell'Ambasciata USA a Varsavia hanno accettato la sfida di pronunciare alcune delle più difficili frasi in polacco. L'effetto è decisamente divertente.
Uno dei popoli europei a vantare il maggior numero di nomi in lingue diverse è sicuramente quello tedesco. Deutschland significherebbe "terra della gente" ("terra" nelle lingue germaniche contemporanee, inglese e tedesco, si dice ancora land). Gli spagnoli e i francesi chiamano i tedeschi rispettivamente Alemános e Allemands, dall'antico popolo Alemanno che abitava l'odierna Germania (d'altronde l'italiano e l'inglese non fanno altro che far riferimento ad un'altra popolazione della zona: i Germani). Alemanni significa originariamente "tutti gli uomini": in tedesco, ancora oggi, alle significa "tutti", e "uomo" si dice Mann.
Muti o balbuzienti?
Ancora una volta, poi, i polacchi e i popoli di lingua slava hanno coniato un appellativo originale per indicare i tedeschi: Niemcy, una parola che potrebbe avere origine dall'aggettivo polacco niemy, "muto", in quanto i tedeschi, parlando una lingua radicalmente diversa, suonavano incomprensibili ai loro vicini. Ma ci sono molte possibili interpretazioni: potrebbe semplicemente derivare dal fiume Niémen, che scorre tra Bielorussia e Lituania, o dall'espressione nie- my, "non noi".
Arroganti, dite? A difesa degli europei possiamo dire che l'etnocentrismo è una tendenza vecchia almeno di secoli. Pensiamo solo ai greci, che chiamavano βάρβαρος (barbaros) tutti quei popoli che non condividevano la lingua e la cultura elleniche. "Barbaro" nasce dall'onomatopea bar-bar, ossia quella specie di balbuzie a cui dovevano assomigliare i fonemi inintelligibili delle lingue straniere. Non solo questo termine è stato adottato, attraverso il latino, in praticamente tutte le lingue europee, ma il suo campo semantico si è esteso fino ad assumere un'accezione più ampia e decisamente negativa. Oggi un "barbaro" è un individuo rozzo e animalesco.
Skwerl, di Brian & Karl. Come suona l'inglese a un orecchio non allenato? Questo cortometraggio fa uso di un linguaggio non sense, con un groviglio di parole scelte dall'inglese, per dare un'idea di come potrebbe suonare la lingua di Shakespeare per gli altri europei. Nuovi, incomprensibili "barbari" esistono anche nel 2015?
Il pane e i maccheroni
Ancora oggi i termini neutri e dispregiativi per definire "noi" e "gli altri" sono molti, e continuano a nascere e ad evolversi. Per indicare i tedeschi gli italiani possiedono un termine di natura dispregiativa ma dall'etimologia interessante: crucchi deriverebbe da kruh, "pane" in croato, che i prigionieri austriaci di nazionalità croata e slovena della Prima Guerra mondiale chiedevano con insistenza ai soldati italiani, un appellativo esteso successivamente ai popoli di lingua tedesca.
Spesso insultiamo "gli altri" apostrofandoli con sostantivi che indicano piatti locali o costumi tradizionali evidenziando la loro distanza da noi (in francese, ad esempio, les macaronis). Oppure ci prendiamo gioco dei loro accenti e dei loro dialetti (ritals indica l'italiano immigrato oltralpe che non riesce a pronunciare correttamente la "R" come i francesi; oppure deriverebbe più prosaicamente da "R.Ital". réfugié italien, stampato sui documenti degli emigranti). Eppure è proprio la diversità a farci prendere coscienza di noi stessi, a farci percepire la nostra identità.