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C'era una volta il macho: quel che resta dell'uomo europeo

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L'uomo è infelice. E la colpa, per una sottile concomitanza di fattori storici, culturali e anche economici, pare sia delle donne. Emancipate, libere, indipendenti, e in alcuni paesi addirittura con uno stipendio più alto, le donne sembrano aver depredato l'uomo del terzo millennio del buon vecchio ruolo di capofamiglia.

L'altra metà del cielo, da parte sua, cerca di non soccombere davanti all'avanzata del sesso debole, con esempi di post-maschilismo e salvaguardia delle quote blu. Ovviamente, dal canale della Manica in su. Mentre, a Stoccolma, c'è qualcuno che punta all'abolizione dei generi sin dalla più verde età. Analisi della mascolinità nel terzo millennio in Europa, tra teoria dei climi, comitati per i diritti del genere maschile e bambole messe al bando.  

Secondo la rivista francese Le Point, il terzo millennio vede l’uomo, nel senso di individuo di sesso maschile, sempre più infelice. Questo è quanto emerge da alcuni sondaggi recenti. Sebbene l’attuale congiuntura economica possa essere indicata come una delle cause principali, la realtà è ben diversa. L’imputato sarebbe il già noto senso di disorientamento del nostro davanti alla crescente emancipazione femminile, che sembra si sia trasformato in una vera e propria causa di stress. Insomma l’uomo sarebbe infelice per colpa delle donne.

C’è un aspetto legato alla famiglia, che chiama in causa la progressiva delega da parte delle donne di quei ruoli tradizionalmente loro attribuiti, quelli di mogli e madri, e c’è un aspetto lavorativo legato alla loro sempre maggiore presenza in incarichi di responsabilità e al maggiore riconoscimento ottenuto. Oltreoceano, per esempio, una ricerca del dipartimento di Sociologia del Queens College di New York, condotta nel 2007 nelle città di Chicago, Boston, Dallas, Minneapolis e New York, ha rivelato che le retribuzioni medie delle donne sono superiori a quelle degli uomini.

L’istinto a desiderare un ritorno ai vecchi ruoli è presente nell’uomo scandinavo come in quello italiano

Tornando in Europa, vediamo che questo nuovo contesto viene vissuto in maniera molto diversa in base alla collocazione geografica e culturale: l’istinto a desiderare un ritorno ai vecchi ruoli è presente nell’uomo scandinavo come in quello italiano, sebbene diverse con modi, atteggiamenti e reazioni nettamente differenti. In Norvegia, negli ultimi decenni, la crescente importanza del ruolo delle donne nella società civile sembra abbia provocato una sorta di “depressione” negli individui di sesso maschile, con conseguenti cali di prestazione a scuola nei ragazzini e sul lavoro negli uomini, nonché l’aumento del verificarsi di malattie in questi ultimi. Già cinque anni fa, l’allora ministro per l'Infanzia e le Pari opportunità, Karita Bekkemellem, promosse la creazione di un comitato per stimolare il dibattito sui “diritti del genere maschile, formato da politici, atleti e vip della tv e del cinema, con l’obiettivo di redigere un documento sul tema di una rinnovata parità per gli uomini.

Il macho europeo vittima della teoria dei climi?

In Italia, dove più forte è l’influsso della cultura cattolica, l’uomo è probabilmente più arroccato sulle sue posizioni, come l’abitante di una città fortificata sotto assedio, pronto a svuotare oltre i merli pentoloni pieni di olio bollente contro l’esercito femminile aggressore. Insomma resistere, resistere, resistere, consolandosi anche con grasse battute al bar. L’impressione generale è che questo trend, più o meno marcato a seconda della latitudine, come in una moderna teoria dei climi, porterà in Europa in questo secolo, con tempi sicuramente diversificati da paese a paese, alla probabile nascita di forme locali di post-maschilismo, magari supportate dalle stesse istituzioni nazionali.

Resistere, resistere, resistere, consolandosi anche con grasse battute al bar

Un esempio viene da un paese che gioca un ruolo centrale in Europa, la Germania: il 22 e il 23 dello scorso ottobre si è svolta a Berlino una conferenza dal titolo “Contributions to a Gender Equitable Society”, convocata dal ministro tedesco per la Famiglia Kristina Schroeder in collaborazione con il ministro austriaco per gli Affari sociali Rudolf Hundstorfer. L’obiettivo di questo incontro è stato quello di proporre nuove politiche per l’uguaglianza tra i due sessi. Vi hanno partecipato diversi attori, provenienti da Germania, Austria e Svizzera, fra cui politici, ricercatori universitari, esperti ministeriali e rappresentanti di organizzazioni che si occupano dei diritti di ragazzi, uomini e padri. Insomma, l’altra metà del cielo cerca di non soccombere all’avanzata del cosiddetto sesso debole.

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È inoltre interessante notare come, a dispetto di quanto appena affermato, esistano paesi in cui oggi la donna è considerata alla stregua di merce o comunque di individuo di natura inferiore rispetto a quella del genere maschile. Geografie in cui l’uomo è fin troppo orgoglioso per ammettere di essere intimorito e per costituirsi in associazioni e comitati in difesa della virilità. Insomma la stessa Europa si presenta come un patchwork di visioni diverse quando non opposte. Ad esempio, accanto al tema dei diritti e del ruolo sociale, esistono inaspettate forme di “isolamento culturale” assolutamente incomprensibili per la collocazione geografica, politica e sociale. Il riferimento è ad alcuni paesi dell’Unione Europea, uno per tutti la Lituania, paese che si trova relativamente a pochi chilometri dalla suddetta Norvegia. Ebbene in terra lituana, due uomini non si sognerebbero mai di viaggiare insieme su una moto, per timore di apparire omosessuali. L’impressione è che anche lì la “robustezza” dell’essere consapevoli di essere uomini non sia così grande. La cosa è doppiamente strana perché l’esistenza di tale “pregiudizio” è affiancata dall’emergere di un’insolita tendenza al "machismo", tendenza che gli stereotipi attribuirebbero più all’area mediterranea o latina.

Un’idea per aiutare le diverse società a superare questi nodi potrebbe essere quella che arriva, forse non a caso, dalla Svezia. Al centro di Stoccolma, è nato Egalia, asilo dal nome eloquente, dove non esiste la distinzione di genere, quindi niente fiocchi rosa e fiocchi blu, niente giochi classici o fiabe che evochino stereotipi femminili, niente bambole per le bimbe e macchinine telecomandate per i bimbi. Insomma un luogo dove i bambini, parafrasando quanto affermato dalle educatrici, “crescerebbero liberi di essere chi vogliono”. Resta una domanda: chi vorranno essere i bambini di domani?

Foto: (cc)sophiewilson/flickr; Peter Pan (cc)Nhoj Leunamme == Jhon Emmanuel/flickr