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Caso Buttiglione: la vera scelta di Barroso

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La bocciatura all’Europarlamento del commissario designato deve far riflettere il Presidente della Commissione. In gioco c’è la natura politica dei rapporti tra Parlamento e esecutivo.

Quando i candidati commissari Rocco Buttiglione e Laszlo Covacs sono stati bocciati e le loro tre colleghe Neelie Koes, Mariann Fischer-Boel ed Ingrida Udre aspramente criticate, il Parlamento europeo – con un ritardo di ben 25 anni dalla sua prima elezione a suffragio universale diretto – si è finalmente assunto la propria responsabilità. Quella di influenzare, in modo decisivo, la scelta di chi governerà l’Unione Europea per i prossimi cinque anni.

“Inquisizione anti-cattolica”

Alcuni hanno pensato che fosse giunto, inaspettato, il momento della democrazia. Altri, come il cardinale Renato Raffaele Martino hanno gridato all’Inquisizione laicista contro una cultura cattolica messa alla sbarra. In realtà, in questa partita, in gioco non c’è solo la testa ed il portafoglio di commissario alla Giustizia e Affari Interni promesso a Buttiglione, un politico italiano designato che sparla di omosessualità e ragazze madri. La vera posta riguarda la natura politica dei rapporti tra Parlamento europeo e Commissione: l’ultimo capitolo della lotta cinquantennale tra chi crede nella confederazione di stati-nazione come antidoto alla centralizzazione burocratizzante di Bruxelles e chi sa che in Europa esistono le condizioni per realizzare un governo democratico, federale e transnazionale.

Un paio di telefonate e si aggiusta tutto?

Questo episodio potrebbe trasformare la fonte stessa della legittimità della Commissione europea, segnando la fine della dipendenza dalle capitali nazionali ed inaugurando una reale interdipendenza con l’unica istituzione democraticamente eletta: il Parlamento. E’ l’ipotesi ed il progetto di una Europa in cui le decisioni più importanti siano prese nel luogo istituzionale più trasparente e (anche mediaticamente) controllabile. E’ l’ipotesi di una Unione Europea in cui un voto del Parlamento europeo non può essere diametralmente ribaltato da un paio di telefonate tra due o tre capitali nazionali o da una colazione tra ministri. E’ la possibilità di invertire la tendenza in atto verso una nazionalizzazione crescente delle istituzioni comunitarie.

Strasburgo, rischio inciucio

Ma in questa Unione Europea l’attacco corsaro della commissione parlamentare Libertà Pubbliche a Buttiglione potrebbe trasformarsi in semplice aneddoto per piccoli specialisti di diritto comunitario. Come nel caso della elezione-spartizione del seggio di presidente del Parlamento europeo (vedi BBC), i due gruppi principali del Parlamento hanno sancito una tregua che puzza di consociativo: i socialisti non gireranno il coltello nelle piaghe e nelle stimmate del “popolarissimo” Buttiglione, i popolari non si accaniranno contro il socialista ungherese Covacs. E quando Barroso incontrerà il 21 ottobre i capigruppo per discutere del voto di fiducia alla Commissione nel suo complesso, la nottata sarà già passata. E Buttiglione & co. resteranno al loro posto (con i loro portafogli) in barba al voto del Parlamento democraticamente eletto ed ai presunti tentativi di “inquisizione laicista”.

Spetta a Barroso nei prossimi giorni decidere su cosa fondare la legittimità ed il potere della propria Commissione: ci si può accontentare di un paio di telefonate a Roma e Parigi e tirare a campare. Oppure si può dare nuovo peso al Parlamento e pubblicamente pronunciarsi contro le “inquisizioni”, con un Buttiglione in meno e qualche briciolo in più di democrazia.