Burkina Faso: ribellione, saccheggi, ammutinamenti…rivoluzione?
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Claudia NanniniE se la morte di Justin Zongo a Koudougou provocasse la stessa scia di fuoco di quella causata da Mohamed Bouazizi a Sidi Bouzi? Il Burkina Faso, “paese degli uomini integri” può anche essere considerato come lo stato più stabile dell’Africa occidentale, ma le manifestazioni, i saccheggi e gli ammutinamenti si susseguono da due mesi.. Da Ouagadougou, un Francese ripercorre gli avvenimenti.
Dal fatto di cronaca alla rivolta
Tutto inizia il 22 febbraio, allorché è resa nota la morte di Justin Zongo, uno studente arrestato dalla polizia. Una meningite, dicono al commissariato di Koudougou. Ma gli studenti non hanno abboccato all’amo e sono convinti che “sia morto a causa delle torture dei poliziotti”, come ha dichiarato uno dei leader della rivolta. Una serie di manifestazioni studentesche sono scoppiate in questa che è considerata una città ribelle e si estendono progressivamente al resto del Paese fino a sfociare in una crisi di potere. Blaise (il presidente Blaise Compaoré, ndr), come qui tutti lo chiamano, dichiara che questi giovani sono degli irresponsabili, manipolati dall’opposizione , che cercherebbe in tal modo di acquisire il potere per mezzo della forza (Blaise dimentica fra l’altro come è arrivato al potere nel 1987…).
Effetto domino
Dal mese di marzo, queste manifestazioni studentesche sono offuscate da alcuni ammutinamenti militari. Le cose diventano serie. A Ouagadougou, scontenti dell’arresto di cinque commilitoni dopo una rissa, un gruppo di militari protesta e ottiene la loro liberazione. Altri militari, persuasi di poter fare uscire facilmente i compagni dal carcere, si ammutinano, stavolta in provincia, e chiedono la liberazione di un collega accusato di stupro… Ma gli ammutinamenti non riguardano solo la liberazione dei detenuti e i militari approfittano dei loro turni notturni e delle loro armi per arrotondare il loro magro stipendio. Questo fenomeno di sciacallaggio, insieme alle liberazioni dei detenuti, conducono ad un vero e proprio effetto domino degli eventi. I magistrati, infatti, scioperano per protestare contro la liberazione dei detenuti e i commercianti manifestano contro i saccheggi per reclamare gli indennizzi. Nel mese di aprile, si sono svolte manifestazioni pacifiche in ovunque per protestare contro il caro vita, in un paese in cui 16 milioni di persone sopravvivono con circa 1,5 euro al giorno. Ci si chiede dunque se la morte di Justin Zongo non costituisca l’elemento scatenante di un sovvertimento, sull’esempio di ciò che accadde con Mohamed Bouazizi in Tunisia.
Blaise riprende in mano la situazione
La situazione attuale evidenzia una grave crisi di potere dato che, eccetto Blaise, nessun dirigente riesce a farsi veramente rispettare. Gli ammutinati hanno preso di mira molti generali e capi di stato maggiore, oltre al sindaco di Ouagadougou. E non hanno esitato a continuare i saccheggi nonostante l’annuncio del coprifuoco. L’impunità di questi atti (nessun arresto) ha incitato i commercianti a saccheggiare l’Assemblea nazionale e la sede del partito al potere e gli studenti di Koudougou a bruciare la casa di Tertius Zongo, da poco nominato Primo ministro.
Sì, Blaise non è più così fiducioso e ha sciolto il suo governo (qui si usa così, i politici non sono né espulsi, né rassegnano le dimissioni!) e, secondo le indiscrezioni, “si è rifugiato” nel suo villaggio. Ebbene, in Africa, lasciare vacante la poltrona di presidente significa praticamente abbandonare la propria carica.
Ma alla fine è tornato e dopo qualche giorno di calma a Ouagadougou il Presidente Blaise sembra aver ripreso il controllo della situazione. L’idea di una sua partenza è difficilmente immaginabile a causa dell’assenza di una qualunque alternativa al suo potere, in ragione della sua lotta permanente contro qualunque genesi di opposizione che sia coerente e unita. Prova ne è l’annuncio che intende assumere la testa del ministero della Difesa.
A 'Ouaga', la vita a intervalli
E in questa situazione, perlomeno complicata, vi chiederete come vivono i cittadini burkinabesi. Vi sembrerà strano in un Paese che attraversa una crisi che ha provocato morti, saccheggi di massa e manifestazioni violente, ma la gente vive “normalmente”… a intervalli. La maggior parte dei disordini, infatti, sono fulminei o notturni. Per il resto, le città restano frementi di attività con nugoli di commercianti. Le “macchie” (maquis, come si chiamano i bar a Ouagadougou) sono sempre gremite in qualunque angolo della strada. Al loro interno, la sola novità consiste nel fatto che si parla meno della Costa d’Avorio e della Libia e più del coprifuoco. Sì, i burkinabesi amano lo “show”, come dicono loro, e se si vieta loro di divertirsi e di discutere di politica nelle “macchie” durante la notte, si organizzano e lo fanno in pieno giorno. La notte, di solito così vivace, è in effetti silenziosa durante i giorni di coprifuoco, alleggerito per il weekend di Pasqua, ma non appena viene revocato gli abitanti di 'Ouaga' riscoprono i loro luoghi di festa senza inquietarsi per il seguito degli eventi.
La gente sembra abituarsi rapidamente a queste scosse come è abituata ai vari tagli di corrente durante la stagione calda. Resta il fatto che si è verificata un’assunzione di consapevolezza. E il nuovo Primo ministro nonché ex giornalista Luc Adolphe Tiao l’ha capito bene: “Per molto tempo abbiamo vissuto in questo clima di stabilità che ci ha fatto dimenticare certe cose, e cioè che anche da noi possono succedere le cose che hanno scosso altri paesi. Questa crisi ci riporta alla realtà e ci ricorda che siamo come gli altri”, ha dichiarato prima ancora della sua assunzione di funzioni ufficiale. Sicuramente se ne parlerà a lungo nelle “macchie”…
Foto : home-page : (cc)benkamorvan/flickr ; Blaise Compaoré : (cc)DaminHR/flickr ; Coprifuoco : (cc)liquidnight/flickr ; video : YouTube
Translated from Burkina Faso : entre rébellion et mutinerie, la vie sous couvre-feu