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Bulgaria, La rakia e l’orgoglio

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Politica

Per i piccoli produttori di acquavite nel paese balcanico, l'adesione all'Ue inizia con una tassa sulla distillazione. Difficile da digerire.

«Un bulgaro senza rakia? Potrebbe anche scatenare una guerra». Così Hristo Gangarov sul legame profondo dei bulgari con la loro acquavite nazionale. Gangarov è proprietario di una distilleria nel paesino di Rogosh, nelle vicinanze di Plovdiv, la seconda città più grande della Bulgaria. Quanti altri esercenti saranno indignati?

Due euro al litro, cara bottiglia

Dal 1° gennaio 2007, conformemente ad una direttiva Ue, verrà introdotta per la prima volta un’imposta sul consumo dei superalcolici prodotti artigianalmente. Questo è quanto è stato deciso dal parlamento bulgaro il 14 dicembre scorso. Anche la tradizionale grappa bulgara fatta in casa, la rakia, non è scampata all’imposta. Certo, questa è solo la metà dell’aliquota di imposta sui superalcolici che vengono venduti nei negozi, ma alla vigilia dell’entrata del Paese nella Ue, la notizia ha creato non pochi malumori fra i bulgari.

Finora, nelle 1318 distillerie registrate in tutto il Paese, venivano distillati fino a 30 litri esentasse di rakia per famiglia. Per il nuovo regolamento in futuro anche questa quantità di alcol verrà tassata di 2,2 leva al litro, un euro. Per una quantità superiore ai 30 litri è previsto perfino il doppio: ben 2 euro al litro.

Economia sommersa. In un mare di rakia

Le distillerie sono molto diffuse nella campagna bulgara. Qui viene distillata in proprio la “domashna rakia”, un'acquavite fatta in casa a base di frutta. «Ogni famiglia ne produce piccole quantità», spiega Gangarov, «ognuno usa la frutta del proprio orto». Ma l’imposta made in EU fa salire il prezzo della rakia. Finora un litro costava in distilleria (“kazandzhia”) 1 leva. Ma ora bisogna fare i conti con la nuova tassa e il nuovo prezzo. Che è triplicato.

L’anno scorso sono stati distillati 8,5 milioni di litri di rakia d’uva dai produttori bulgari con licenza. Secondo la Camera dei produttori di vino, finora al Fisco sono sfuggiti 20 milioni di litri l’anno di grappa. Il problema? L’economia sommersa, spiega Lilia Stoilova, collaboratrice dell'organizzazione: «Ci sono persone che sfruttano le distillerie di paese per scopi commerciali. Sono necessari controlli rigidi».

La distilleria di Gangarov è una casetta semplice dove ci sono quattro bollitori. Secondo le stagioni vi vengono distillati ad alta gradazione alcolica uva, prugne, albicocche, pesche o mele. L’orgoglio del 62enne è un'acquavite al lampone aromatizzata. «Solo quella fatta in casa è veramente buona» dice, perché qui viene distillata due volte. «L'acquavite è parte della cultura bulgara. Quando c’è un ospite gli offriamo della rakia: è una tradizione antichissima. Prima insalata e rakia, poi vino e cibo». La produzione di grappa è anche un evento sociale nella vita di un villaggio. «La distillazione è un rituale», continua Gangarov: «ci si riunisce, si griglia la carne sul fuoco e si raccontano storie».

Il sindaco: «Tanti continueranno, illegalmente»

Il sindaco Georgi Georgiev capisce le lamentele dei suoi concittadini, tuttavia la Bulgaria è obbligata a seguire le direttive della Ue. «Alcuni smetteranno di distillare la rakia. Altri ripiegheranno su piccoli bollitori, cioè continueranno a produrre in casa, illegalmente», pronostica.

«I miei clienti sono confusi», spiega Jordan Georgiev, che conduce proprio una piccola distilleria a Skutare, paese vicino a Rogosh. «Non si può impedire ai bulgari di distillare la rakia», afferma e spera che i controlli non saranno così fiscali. In effetti le ispezioni nelle innumerevoli distillerie del Paese sono dispendiose e spesso difficili, visto che spesso mancano gli strumenti adeguati.

L'annata 2006 della rakia sta volgendo al termine. Domani mattina Jordan Georgiev riceverà ancora i suoi clienti. Accenderà il fuoco, verserà la vinaccia nel bollitore, chiuderà il coperchio e aspetterà fino a quando il vapore dell’alcool aumenterà. Dopo tre ore scorreranno le prime gocce di rakia dal tubetto. Georgiev spera che non siano le ultime.

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