Bruxelles: di fronte al terrorismo, che posto occupano i diritti dell'Uomo?
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Chiara PacentiL'AEDH, Associazione europea per la difesa dei diritti dell’Uomo, è al centro di attacchi ripetuti e sempre più taglienti sui social network, a causa delle sue affermazioni contro le derive autoritarie e securitarie. A Bruxelles abbiamo incontrato il presidente Dominique Guibert. Un'intervista tra due fuochi incrociati.
«È importante tenere sotto controllo, a priori, quei Paesi dove si pensa che la democrazia sia meglio consolidata. In alcune circostanze, può succedere che la democrazia vacilli e il ruolo delle nostre istituzioni è di ricordarne i principî e insistere su questi,» spiega Dominique Guibert, presidente dell' Associazione europea per la difesa dei diritti dell'Uomo (AEDH). Queste constatazioni pungenti faranno storcere il naso ad alcuni cittadini. Su Internet, sui social network o direttamente per posta, le associazioni per la difesa dei diritti dell'Uomo sono inondate di insulti, minacce e criticate di troppa indulgenza, compiacenza e perfino di complicità con le reti terroristiche.
Dominique Guibert sceglie di adotttare una prospettiva storica per relativizzare: «Dalla nostra creazione (nel 2002), così come da quella della Lega francese dei diritti umani nel 1898, ai tempi dell'Affaire Dreyfus, siamo sempre stati oggetto di astio. Con la differenza che allora le reazioni erano molto più violente di oggi». Poi razionalizza: «Ogni volta che ci si occupa di situazioni sociali così declicate, si ricevono messaggi di questo tipo».
«Non sarà certo questo che ci impedirà di continuare per la nostra strada, quando si è militanti bisogna sempre prendersi dei rischi,» non c'è da temere nessuna ammissione di debolezza da parte dell'AEDH. La posizione dell'associazione resta chiara e convinta: «Non vogliamo proteggere degli assassini, ma non siamo nemmeno come coloro che pensano che gli assassini o i prigionieri non abbiano più diritti: non sono più gli stessi, ma hanno comunque dei diritti.»
I diritti sacrificati sull'altare dell'efficacia
Fedele alla sua missione di analisi e consulenza politica, l'AEDH prende atto di di una doppia tendenza «sia politica che nell'esercizio del diritto». «Politica, perché non si difendono più gli stessi principî, si sente dire dappertutto: "Difenderò la popolazione a qualsiasi costo!"». Temendo la risposta, il presidente si chiede giustamente cosa significhi qusta affermazione. Inoltre punta il dito contro una tendenza che prende piede a livello giudiziario: «Ci sono sempre più decisioni amministrative a scapito delle decisioni della magistratura. La giustizia, in sede giudiziaria (secondo il diritto belga, n.d.r.) e penale, non è certamente perfetta, ma perlomeno è pubblica, mentre la giustizia amministrativa, è clandestina e, il più delle volte, ci sono solo dei controlli a posteriori».
Dominique Guibert porta come esempio una delle misure eccezionali prese nel contesto dello stato d'emergenza in Francia. Prima, le intercettazioni amministrative erano controllate da quella che si chiama la Commissione nazionale di controllo sulle intercettazioni di sicurezza (CNCIS). Quest'ultima dava a priori la sua autorizzazione in risposta alle domande di intercettazione fatte dai servizi segreti. Ormai, con la nuova legge sull'intelligence, il controllo viene fatto a posteriori. Ovvero, le intercettazioni sono effettuate, le informazioni sono registrate, poi il loro utilizzo è autorizzato o meno, ma le registrazioni ottenute sono comunque archiviate.
Nell'attuale contesto di politiche securitarie ed aumento della sorverglianza, l'AEDH teme e condanna qualsiasi violazione dei diritti, soprattutto in due dei suoi sei campi d'intervento: la protezione dei dati e la difesa della privacy da una parte, la democrazia e la cittadinanza dall'altra. Riguardo questo secondo punto, Dominique Guibert disapprova una certa tendenza europea, celata dietro il pretesto dell'urgenza e della ricerca di efficacia, e spiega: «Si riscontra una forma di "inter-governamentalità" e non più di decisioni a livello comunitario, la Commissione è stata più o meno messa da parte, sono sempre più spesso i singoli Governi a negoziare e non più l'Unione europea».
"La deterrenza della pena non ha mai funzionato"
«È giusto combattere contro il terrorismo e impedire a queste persone di fare del male, ma il tutto va sempre fatto in un contesto di applicazione dei diritti. Il nostro compito è di accordare a tutti il beneficio di questi diritti, che sono acquisiti in quanto persone,» continua il presidente. In Francia si nota una profusione di discorsi politici a favore della riduzione dei diritti e, tra i più radicali, si auspica perfino un ritorno alla pena capitale e alla tortura durante gli interrogatori.
La deputata del partito dei Repubblicani, Nathalie Kosciusko-Morizet, si batte affinché la pena detentiva all'ergastolo sia davvero effettiva ed applicata, seppur in contrasto con il principio di riduzione della pena applicato in Francia. «Tutto ciò va contro la Costituzione, la giustizia, il codice giudiziario e quello penale,» spiega Dominique Guibert. Laurent Wauquiez, deputato dello stesso partito, suggerisce a sua volta che tutti i soggetti schedati con la lettera "S", cioè posti sotto sorveglianza (secondo le sigle usate dagli apparati di sicurezza francesi, n.d.r.), siano internati. Il presidente dell'associazione precisa: «Ce ne sono circa 50mila, dunque vuole internare 50mila persone senza la minima sentenza». Quest'idea è chiaramente in contraddizione con quello che è il principio della presunzione d'innocenza.
Simili affermazioni hanno alla base l'antico principio d'esemplarità della pena: un principio fondamentalmente in disaccordo con quello di giustizia che si applic oggi. «La deterrenza (della pena, n.d.r.) non ha mai funzionato e non funzionerà mai, da nessuna parte e soprattutto non è giusta. Si avvicina molto più alla vendetta pubblica che all'uso della razionalità». Si tratta di dichiarazioni puramente politiche e con fini elettorali, ma che rispondono direttamente a determinate aspettative dei cittadini, sempre più in crescita in Europa.
Di fronte a tutto ciò, l'AEDH, attraverso le parole del suo presidente, lancia un appello a non cedere a facili soluzioni a breve termine, cedendo al principo di reazione invece di seguire quello dell'azione. «A lungo termine, l'idea di un livello di sicurezza che sia sufficiente non regge. La vera domanda che bisogna porsi è la seguente: come possiamo far sì che il terreno su cui si formano i terroristi non esista più? Bisognerà a questo punto porsi il problema di come le nostre società evolvono».
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Pubblicato dalla redazione locale di cafébabel Bruxelles.
Translated from Bruxelles : face au terrorisme, quelle place pour les droits de l'Homme ?