"Brussels": la stampa è unanime
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marie-eve ciparisseUn rilievo sistematico dell'impiego della parola "Bruxelles" nella stampa.
"Brussels" è ovunque. In ogni sorta di giornali: quotidiani, settimanali, stampa locale e nazionale. In tutte le rubriche: politica nazionale, internazionale, questioni europee, economia, società....
Nella stampa francese di venerdì 11 aprile, così, alla rinfusa, la parola "Brussels" è presente a proposito dei Grandi Orientamenti della Politica Economica (GOPE e politiche di bilancio), dell'apertura degli spazi autorizzati alla pubblicità televisiva, delle sanzioni contro i sindacati di agricoltori, o ancora in merito al rispetto della libera concorrenza, a France Telecom, sul tema dell'autorizzazione all'utilizzo di grassi di sostituzione nella cioccolata, o su quello della regolamentazione della pesca in Mediterraneo...
Imprecisione e confusione
Chi decide e dove? Coloro che prendono la parola per denunciare le politiche di Brussels sanno di cosa parlano e chi accusano. Quando si evoca il nome della capitale belga nei media, si indicano il più delle volte le istituzioni europee e non il governo belga.
Chi è "Brussels"? Perchè mai una città decide ciò che bisogna mettere nella cioccolata? La maggior parte degli articoli citano consapevolmente il nome delle istituzioni prese in considerazione: la Commissione, il Consiglio dell'Unione Europea composto dai governi degli Stati membri, il Parlamento europeo. Tuttavia, è utile ricordare che è il Consiglio dei Ministri dell'UE (con i Parlamenti per quanto riguarda alcuni settori) che prende le decisioni e adotta le norme, le direttive, i regolamenti, o le decisioni che costituiscono la legislazione comunitaria; e che è la Commissione ad essere incaricata da par suo di assicurare la messa in atto di queste norme e di sorvegliare – in quanto "guardiana dei trattati"- la loro corretta applicazione. A questo titolo, nella rassegna stampa di una giornata, notiamo che questa Commissione -o il suo doppione Brussels- "rimprovera, reclama, attacca, reitera, condanna, esige, sanziona, redarguisce, sentenzia, biasima, richiama, rintuzza"...
Scaricabarile
Non è che i media nazionali potrebbero essere influenzati dal discorso dei propri governi nazionali che tendono spesso a mostrarsi forzati o limitati nel loro campo d'azione dall'UE e ad attribuire la responsabilità di una decisione impopolare a Brussels? Ciò facendo si intorbidiscono le acque, si scarica la colpa: è poesia o strategia? E legittimo rimpiangere che l'uso massiccio di Brussels mascheri delle realtà complesse dell'iter decisionale. Si può, in effetti, denunciare la confusione e la complessità del processo , la mancanza di chiarezza specie riguardo alla ripartizione delle competenze (principio di sussidiarietà) fra l'UE e gli Stati membri. E rimpiangere che le buone notizie siano presentate come dipendenti dal merito dei governi, mentre le cattive vengono imputate a Brussels, demonizzata.
Come attenuante per gli uomini politici e i giornalisti, è doveroso constatare che il processo decisionale comunitario è assai complesso e che l'elaborazione di una politica a 15 richiede un alto livello di tecnicità, e soprattutto differisce dalle politiche nazionali, oggetto di un gioco noto a tutti fra maggioranza e opposizione. Queste politiche sono inoltre rese popolari dalle prese di posizione dei partiti politici, dei sindacati e di altri attori della scena politica e della società civile.
La decisione è altrove
Questa mancanza di precisione dà l'impressione che tutto viene deciso in un luogo isolato e tagliato dal resto del mondo. Il "villaggio degli eurocrati" è lontano, in un paese misconociuto dagli americani. Le decisioni che lì vengono prese, vengono da altrove; ed è difficile percepirne la leggittimità.
Si sa però che la verità, forse, è altrove. A Strasburgo, Lussemburgo, o in tutte quelle città dove hanno luogo i Consigli europei, i vertici dei capi di Stato e di governo, che purtroppo si svolgono sempre a Brussels.
L'impiego di Brussels non riflette la realtà che è infatti molto più multiforme: non è Brussels contro il resto dell'Europa, ma Brussels con il resto dell'Europa. L'impressione che questa parola dà ai lettori è quella di una città straniera, di un'entità esterna, che impone scelte arbitrarie, mentre se una Brussels c'è, si tratta di un insieme di istituzioni forgiate in comune da e per gli europei.
Infine, quello che si stigmatizza nell'evocare Brussels nei giornali, è, la maggior parte delle volte, la Commissione. Forse perchè non ha equivalenti su scala nazionale. La sola istituzione veramente comunitaria quindi, non piace ai giornalisti.
Le immagini date dalla televisione non sono d'altronde più allettanti: la rappresentazione che ci viene proposta di Brussels, nell'occasione dei vertici europei o delle manifestazioni di agricoltori è fredda: 15 bandiere circondate da muri di cemento e da una bretella di autostrada, non contribuiscono certo a rendere umane le istituzioni europee.
Che sia volontaria -per mascherare decisioni impopolari- o inconscia -grazie ad una ripresa poco rapida del discorso degli uomini politici- la mancanza di precisione che abbiamo descritto contribuisce all'aumento della confusione riguardo alle istituzioni e al sentimento di allontanamento dai cittadini. Ricordare che la maggior parte delle decisioni prese “da” o “a” “Brussels” è opera dei Ministri degli Stati membri e del Parlamento europeo, e che sono questi stessi Stati che mettono in atto le politiche europee in ogni settore, non è dunque vano dal momento in cui il processo di decisione comunitario si appresta a diventare ancora più complesso con il passaggio all'UE dei 25.
Translated from Bruxelles : la presse est unanime