Bondi Beach. Tra surf e poesia
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Gertrude & Alice. Un nome poetico e dal sapore saffico, per un caffè-libreria dal gusto europeo nel cuore della più trendy tra le spiagge australiane.
Onde turchesi, una distesa immensa di sabbia bianchissima, rampe da skate, prati e mare: l’aria vacanziera di quando è appena finita la scuola.
In fila, lungo la costa: bar, piccoli ristoranti per il brunch, frullaterie, negozi di tavole da surf e costumi da bagno.
Mi fermo a guardare le evoluzioni di un ragazzo con lo skate, ho voglia di lasciarmi andare. Rimando a domani la ricerca del libro di Bryson (giornalista e scrittore, fammoso per i racconti di viaggio, ndr.
Siamo a Sydney. Bondi Beach (si legge /Bondai/): paradiso di surfisti e starlettes dell’emisfero sud. Bermuda ben sotto il ginocchio, minigonne appena sotto il costume, corpi statuari, età media venticinque, infradito ovunque e di ogni colore. La fauna di Bondi ha un unico must : enjoy. Goditi l’onda, la giornata, il salto, la vita.
Il fantastico mondo di Oz
Ricorda la California, per l’atmosfera da Baywatch. Tra i gruppi di ragazzi e i venditori di Calippo, girano le telecamere di un reality show: Bondi Rescue (Salvataggio a Bondi), che molto assomiglia alla serie americana. Ma qui i bagnini – e i muscoli – sono veri.
Ricorda la Spagna per l’aria di festa, ma è più ordinata e composta, cosmopolita e scattante.
Ricorda l’Italia per i sorrisi e il gusto dello stare insieme, ma è troppo perfetta: utopica per efficienza e controllo agli occhi di chi viene dal Bel Paese ed è poco abituato a bagnini attrezzati di quad (moto da spiagga, ndr) e megafono.
Un mondo a parte : /Oz –strelia/ e sembra davvero ci si possa arrivare solo strofinando un paio di magiche scarpette rosse, come nel romanzo di Baum. Ostelli economici e coloratissimi, a fianco di complessi residenziali dai prezzi proibitivi. Un universo di lingue parlate e mostrate a minuscoli obbiettivi digitali – waterproof naturalmente.
Irriverente per gioco, giovane per passione, è la meta indiscussa di chiunque viaggi Down Under (termine colloquiale per riferirsi all'Australia, ndr).
In un’unica strada perpendicolare al lungo mare, commerci e caffè divertenti e leggeri, nella superficialità di un microcosmo senza pretese di filosofia : bibite energetiche, t-shirt all’ultimo logo, qualche agenzia immobiliare, piccoli caffè, Gertrude & Alice.
Come Shakespeare a Parigi
Succede, a volte, di non riconoscere una persona, quando la si incontra fuori dal contesto abituale. È esattamente ciò che accade davanti all’insegna di legno e alla scritta bordeaux di questa vetrina aperta sulla via. L’accostamento non suona nuovo. Qualche passo, una sbirciata dentro il locale.
Libri ovunque : pareti, scaffali, casse, pile di libri. Conosco solo un altro posto così. È Shakespeare & Company, la libreria inglese a Parigi. Lì Gertrude e Alice sarebbero indubbiamente Stein e B. Toklas (Gertrude Stein e Alice Toklas, scrittrici, icône del movimento femminista e compagne di vita, ndr), amanti saffiche di letteraria memoria. Sorpresa: lo sono anche al 46 di Hall Street, Bondi Beach.
Ventimila chilometri di distanza, l’emisfero opposto, colori sgargianti, odore di crema solare e lo stesso flusso di coscienza che ti coglie intorno a Notre Dame. Lo stesso odore di polvere, lo stesso religioso silenzio, il tempo immobile e lo sguardo in ipnosi : migliaia di titoli tra pavimento e soffitto. Un bancone sulla sinistra: due ragazze carine preparano caffè, scaldano croissants e pranzi biologici. Intorno: poltrone, sedie, sgabelli, tavoli di legno.
Occhi azzurri, neri, verdi, a mandorla, fissi o vaganti scorrono pagine ingiallite di libri che hanno fatto il giro del mondo. Appesi alle pareti, programmi per incontri di poesia, serate di lettura le più disparate inflessioni vocali.
Fantascienza, opere per ragazzi, viaggi: tutto è ordinato per categorie. I segnalibri raccontano le nazioni attraversate: il biglietto di un treno russo, una cartolina francese, la stagnola di un dolce andaluso, un ritaglio di giornale, forse dell’Europa dell’Est. Nomi, numeri di telefono scarabocchiati, destinazioni consigliate al tavolo di qualche fast food. Si potesse ricostruire la storia delle mani che hanno sfogliato le pile di tomi, se ne potrebbero scrivere altrettanti. E racconterebbero di ragazzi con lo zaino, di storie d’amore spezzate e ricongiunte, di amicizie che durano una vita o solo qualche chilometro, di pagine lette e passate di mano, di condivisioni e ricordi.
Una prima stanza, una seconda, una piccola in fondo. E Sartre, Marx, Austin, filosofi greci. È qui che mi fermo più a lungo. Profumo di caffè, il rumore di un cucchiaino che gira. Tanto sapere si può raccogliere anche a pochi passi da onde e tatuaggi, sotto i nomi insospettabili di due pioniere, amanti di un tempo.
E, ancora una volta, la rivelazione che non tutto è solo ciò che sembra, che Bondi Beach, dietro la cera delle tavole da surf e la musica alta delle decappottabili sportive, conserva uno scrigno di sogni e avventure da vivere. Basta sedersi immobili, accanto ad una tazza fumante.
All Stars, jeans consumati, un accento inglese: un ragazzo con lo skate ordina una tazza di tè e si siede ad una scrivania.
Sottosopra lo stereotipo con il quale ero arrivata qui, ribaltato il pregiudizio di "un microcosmo senza pretese di filosofia", credevo. Down Under. Tre secoli dopo Cook (il primo europeo in Nuova Zelanda, ndr), c’è ancora un mondo da scoprire.
Alzo gli occhi: Bill Bryson, il libro che cercavo. Qualche dollaro lasciato alla cassa per portare via una prova che tutto questo esiste davvero e vado via.