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Black Coal, Thin Ice: Orso d'Oro alla Berlinale 2014

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Veronica Monti

Cultura

Un com­mis­sa­rio ubria­co, il ci­go­lio dei pat­ti­ni sul ghiac­cio e una bella ra­gaz­za. Que­sti gli in­gre­dien­ti di base di un ca­po­la­vo­ro ar­ti­sti­co, Black Coal, Thin Ice, che si è ag­giu­di­ca­to l'Orso d'Oro al Fe­sti­val In­ter­na­zio­na­le del Ci­ne­ma di Ber­li­no 2014

Len­ta­men­te, come in un sogno, la gio­va­ne Wu Zhi­z­hen (Gwen Lun Mei) pat­ti­na sulla su­per­fi­cie di ghiac­cio che s'il­lu­mi­na ora di gial­lo, ora di blu. Un sof­fio di mu­si­ca clas­si­ca ba­ste­reb­be a con­fe­ri­re ma­lin­co­nia alla scena, se non ci fosse il com­mis­sa­rio de­sti­tui­to, Zhang Zili (Liao Fan), che in­ciam­pa gof­fa­men­te sui suoi pat­ti­ni die­tro la bella Wu. "La smet­ta di se­guir­mi!": a que­sto mes­sag­gio, scrit­to su un fo­glio e la­scia­to in la­van­de­ria da Wu, il com­mis­sa­rio non ri­spon­de; è psi­co­lo­gi­ca­men­te ri­dot­to a un re­lit­to da 5 anni, pe­rio­do in cui erano stati tro­va­ti ca­da­ve­ri in di­ver­se fab­bri­che di car­bo­ne ci­ne­si. L'ag­ghiac­cian­te cri­mi­ne non è mai stato spie­ga­to. 

SCO­PER­TE SUL GHIAC­CIO: ZHANG ZILI E LA MEZZA MANO

Quan­do due dei col­le­ghi di Zhang ven­go­no uc­ci­si du­ran­te una spa­ra­to­ria, il com­mis­sa­rio, che ha ap­pe­na ri­ce­vu­to la ri­chie­sta di di­vor­zio da sua mo­glie, viene so­spe­so dal suo in­ca­ri­co. Anni dopo ven­go­no tro­va­ti altri ca­da­ve­ri nelle fab­bri­che e anche quan­do l'i­spet­to­re Wang (Yu Ailei) viene in­ca­ri­ca­to delle in­da­gi­ni, Zhang non rie­sce a darsi pace. Di pro­pria ini­zia­ti­va, segue Wu, Liang Zhi­jiun (Wang Xue­bingper­so­nag­gio ini­zial­men­te dato per morto – e il pro­prie­ta­rio di una la­van­de­ria, Ron­g Rong (Wang Jin­g­chun). In­con­tra anche altri mem­bri della ma­la­vi­ta pro­vin­cia­le, tra­mi­te i quali non viene sol­tan­to a co­no­scen­za di trac­ce di car­bo­ne e molta neve, ma anche di  un ter­ri­bi­le se­gre­to.

- Il trai­ler uf­fi­cia­le di Bai Ri Yan Huo (2014) del re­gi­sta ci­ne­se Diao Yinan -

Ciò che è più squal­li­do e tra­gi­co è anche in parte som­ma­men­te co­mi­co: un com­mis­sa­rio che sci­vo­la e bar­col­la in que­sto modo non si era an­co­ra visto. La sto­ria di Zhang e Wu viene rac­con­ta­ta dal re­gi­sta Diao Yinan nel film Bai Ri Yan Huo (Black Coal, Thin Ice 2014) con una sen­si­bi­li­tà psi­co­lo­gi­ca pro­fon­da e tanto humor. Per­si­no chi non è ap­pas­sio­na­to di th­ril­ler può ap­prez­za­re ap­pie­no que­sto film. "La Cina si trova in un mo­men­to di gran­de stra­vol­gi­men­to. Molto di quel­lo che è suc­ces­so sem­bra sem­pli­ce­men­te in­cre­di­bi­le. Al­cu­ni omi­ci­di, per esem­pio, sono as­so­lu­ta­men­te as­sur­di, ma, allo stes­so tempo, sono l'e­sat­to ri­fles­so della no­stra so­cie­tà", dice il re­gi­sta. Per Diao Yii­nan, co­no­sciu­to in Cina in­nan­zi­tut­to come un re­gi­sta tea­tra­le d'a­van­guar­dia, la cosa più im­por­tan­te era rap­pre­sen­ta­re la real­tà ci­ne­se senza truc­co.

Ispi­ran­do­si a Orson Wel­les e alla so­fi­sti­ca­ta este­ti­ca del film noir, Diao Yiian crea una nuova in­ter­pre­ta­zio­ne del­l'a­stru­so mondo cri­mi­na­le. Il per­so­nag­gio di Wu Zhi­z­hen non è af­fat­to quel­lo della ti­pi­ca femme fa­ta­le che il com­mis­sa­rio Zhang se­du­ce con uno sguar­do am­ma­lian­te: sem­bra piut­to­sto una bam­bi­na che sci­vo­la si­len­zio­sa e sola sulla su­per­fi­cie di ghiac­cio, coin­vol­ta nel mondo cri­mi­na­le per sba­glio più che per cat­ti­ve­ria. Gran­dio­sa è anche l'in­ter­pre­ta­zio­ne di Liao Fan, che non solo ar­ric­chi­sce con no­te­vo­le pro­fon­di­tà psi­co­lo­gi­ca il suo ruolo di com­mis­sa­rio, ma rende alla per­fe­zio­ne tutte le sfac­cet­ta­tu­re psi­chi­che del­l'al­co­liz­za­to de­pres­so: "Que­sta ri­cer­ca pro­du­ce un in­di­vi­duo che si trova in guer­ra con se stes­so. In­de­ci­sio­ne, viltà, tra­di­men­to e l'i­stin­to di ade­guar­si sem­pli­ce­men­te alle norme so­cia­li: que­ste de­bo­lez­ze de­nun­cia­no la ne­ga­ti­vi­tà e la pas­si­vi­tà del­l'a­ni­mo umano", spie­ga Diao Yinan. Per la sua in­ten­sa in­ter­pre­ta­zio­ne, Liao Fan ha ri­ce­vu­to di di­rit­to l'or­so d'ar­gen­to come mi­glior at­to­re alla Ber­li­na­le 2014.

Fuo­chi d'ar­ti­fi­cio alla luce del gior­no e sto­rie fan­ta­sti­che

L'ul­ti­ma scena di Bai Ri Yan Huo vede Wu vi­si­ta­re il suo vec­chio ap­par­ta­men­to. Men­tre lei sogna a occhi aper­ti, si sente d'im­prov­vi­so uno scop­pio al piano su­pe­rio­re e un fuoco d'ar­ti­fi­cio ap­pa­re come neve in­can­de­scen­te nel cielo. Il ti­to­lo ori­gi­na­le del film, tra­dot­to in ita­lia­no, è "Fuoco d'ar­ti­fi­cio in pieno gior­no", fatto che sot­to­li­nea il ca­rat­te­re fan­ta­sti­co della sto­ria: "Il fuoco d'ar­ti­fi­cio è come una Ka­rhar­sis, di cui noi es­se­ri umani ci ser­via­mo per pro­teg­ger­ci dal lato ne­ga­ti­vo della real­tà. Oggi, in Cina, la gente ne ha di­spe­ra­ta­men­te bi­so­gno", spie­ga Diao Yinan. 

Con il per­so­nag­gio di Zhang Zili il re­gi­sta vuole spin­ge­re il suo spet­ta­to­re a ri­flet­te­re sulle sue scel­te mo­ra­li: "Bi­so­gna ve­ra­men­te fare delle scel­te e non se­gui­re sem­pli­ce­men­te e cie­ca­men­te le re­go­le, senza in­ter­ro­gar­si su quan­to ci viene rac­con­ta­to". Lo sfor­tu­na­to com­mis­sa­rio Zhang ha si­cu­ra­men­te il co­rag­gio di farlo, anche se, in que­sto modo, mette spes­so in pe­ri­co­lo la pro­pria vita. Alla fine rie­sce a ri­sol­ve­re il caso. Se la fem­mi­ni­le Wu si in­na­mo­ri del com­mis­sa­rio, o meno, resta in­ve­ce in so­spe­so fino alla fine. Trop­po fa­vo­lo­so è il luc­ci­can­te fuoco d'ar­ti­fi­cio nel cielo blu, trop­po in­fau­ste le oscu­re trac­ce di car­bo­ne sulla neve. Quel­lo che si na­scon­de die­tro a tutto ciò con­ti­nua a ri­ma­ne­re un se­gre­to.

CA­FE­BA­BEL BER­LIN alla 64° BER­LI­NA­LE

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Translated from Der Goldene Bär 2014: Kohle, Eis und Leichenteile