Binche: la follia del carnevale più famoso del Belgio
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Veronica MontiSede del carnevale più amato del Belgio, Binche è conosciuta nel mondo per i suoi « Gilles » e le loro originali maschere di cera. Iscritto al patrimonio orale e culturale dell’Unesco dal 2003, il folklore belga mescola il disordine a regolamenti di ogni sorta. Abbiamo accompagnato François, un Gille, nel cuore dei festeggiamenti.
François, Gille a Binche da quando era bambino, ci aveva avvisati: « State attenti, sarà difficile entrare a Binche, fate conto di dover camminare per arrivare in centro ». Sono le 7 e 20 quando arriviamo nella città medievale e già incrociamo famiglie mascherate che si incamminano con i tamburelli in mano. I posti per parcheggiare cominciano a scarseggiare e la polizia mette delle barriere che interromperanno la circolazione per tutta la giornata.
Croissants, champagne e separazione dei generi
Già all'alba i « cagnottes » - gruppi di amici della « società dei Gilles » - aprono nei rispettivi bar le prime bottiglie di champagne e indossano i costumi, tenuti nascosti per mesi. Per il cagnotte di François, membro dell'associazione dei « giovani indipendenti », il tema di quest'anno è Star Wars. Una parte del gruppo è vestita da Luc Skywalker "old school", l'altra parte da samurai con le spade laser.
Appena entriamo nel bar del Vieux Saint Jacques, che sembra uscire dagli anni 50, i Gille rifiniscono gli ultimi dettagli dei costumi che le loro sarte hanno iniziato a confezionare a partire da novembre. Le loro famiglie li circondano, in attesa che il piccolo gruppo si metta in marcia. Nel locale, notiamo un uomo un po' più anziano che porta lo stemma da commissario. Sorpresi, lo interroghiamo sul suo ruolo. « Beh, saprete sicuramente cos'è un commissario », ci risponde ridendo. «Devo fare in modo che le regole del carnevale siano rispettate dai Gilles e dalle loro famiglie. Per esempio, un Gille non deve essere ubriaco in pubblico. Sarà soprattutto martedì, quando i Gilles non potranno più sedersi in pubblico o spostarsi da soli, che saremo davvero vigili. » Il commissario specifica che ci sono tre commissari per associazione, e che in tutto sono quattordici.
Il sole non è ancora sorto quando usciamo in strada, al ritmo dei tamburi e delle viole, grandi strumenti a corde. Il gruppo di amici comincia già a ballare. Di bar in bar, li aspettano coppe di champagne: tutto pagato di tasca propria. « Non vado mai a sciare», ci fa l'occhiolino François. Perché tra lo champagne, i costumi e le serate che iniziano due mesi prima del carnevale, il budget sale in fretta. « Ho dato ai miei genitori, che organizzano il tutto, circa 700 euro per la mia partecipazione quest'anno». Sono le 8 e 3o e siamo già al terzo bicchiere della giornata, che si annuncia molto lunga.
Ogni 50 metri ci fermiamo, affinché il gruppo possa eseguire la sua danza, in un'atmosfera decisamente conviviale. Le mogli, le sorelle e le madri li accompagnano e fanno le scorte d'onore. Incrociamo gli altri « cagnottes », che sfilano in costumi dai temi più disparati: alberi di Natale, cioccolato Milka, corsari, bebè giganti... umorismo e autoironia sono le parole d'ordine.
Di fronte a questo spettacolo, la questione della separazione dei generi è la prima a saltare all'occhio. François non sa bene come spiegare questa tradizione, se non con l'eredità di una « società patriarcale ». Per il suonatore di viola del gruppo - chiamato anche maniqueu - che accompagna la sfilata e con cui parliamo durante una pausa in un bar per bere l'ennesima coppa, la regola sarebbe apparsa di recente, dopo la Seconda Guerra Mondiale. « Prima c'era qualche donna, ma poi si è deciso che i Gilles avevano bisogno di assistenza. Per esempio, se io non avessi mia sorella che mi aiuta con la viola non potrei fare nulla». Di fianco a lui, sua sorella sembra piuttosto fatalista. « Penso che alcuni sarebbero anche favorevoli alla partecipazione delle donne, ma altri molto meno, soprattutto gli uomini della generazione di nostro padre ». Stranamente, le bambine sotto i quindici anni possono partecipare, come « Pierrot » per esempio. Ma finisce qui. Le donne diventano quindi, loro malgrado, assistenti indispensabili per il buon funzionamento del carnevale, attive dietro le scene per preparare i pasti, cucire i costumi, aiutare con l'abbigliamento.
Spuntare tutti i bar
Per essere Gille, ci spiega François, bisogna fare domanda presso l'associazione di salvaguardia del Folklore, che stabilisce dei criteri ben precisi: essere nati a Binche - ma questo è sempre meno problematico, precisa François, perché non c'è più la maternità -, abitare da più di cinque anni in città, o avere il padre o un nonno di Binche, non essere stato Gille in un'altra città dopo i diciotto anni e avere un padrino. Una volta diventati Gille, bisogna aderire a un'associazione, che si può scegliere liberamente. « Spesso è quella della propria famiglia, ma può anche essere quella degli amici», spiega François. Le associazioni, che possono contare fino a un centinaio di membri, si divide in « cagnottes », ovvero quelli che sfilano per strada la domenica.
Se diventare Gille è un privilegio dei binchois, il carnevale oggi attira una folla di spettatori da tutto il Belgio. E per i seguaci non bichois, la maglietta a forma di bucketlist è un must. Per far cosa? Per spuntare tutti i bar. E la domenica mezzogiorno certi ne hanno già ticchettato un buon numero. Restano tre giorni, e la risposta di François alla domanda sull'orario di chiusura della giornata - « Quando si crolla» - comincia ad essere chiara.
Binche resta un enigma per i novizi. Disordine apparente e una cagnara sproporzionata, il tutto perfettamente organizzato. François ci descrive quello che sembra essere un corso di preparazione per reggere il colpo. Fortunatamente per i binchois, ci si allena sin dall'inizio. Perché comincia tutto sei settimane prima dei tre « giorni grassi ». Le associazioni si incontrano ogni domenica sera per le « soumonces », che animano la città. Il lunedì della settimana di carnevale tutti i paesani devono uscire mascherati. Chi non lo è deve pagare da bere a chi lo scopre: una tradizione di alcolismo organizzato e istituzionalizzato. Il venerdì prima di carnevale, ogni associazione si riunisce per un'assemblea generale, un'occasione per dare le ultime consegne e indicazioni ai membri del gruppo.
Anche la domenica è regolata da numerose norme. La giornata è però presentata come quella più "libera" per i Gilles che possono vestirsi e andare in giro come vogliono. Nel cagnotte di François il tragitto della mattinata è minuziosamente tracciato, le danze coreografate, i costumi adeguati. Diverse tradizioni sono state aggiunte, come l'utilizzo della viola a partire dalla domenica mattina, uno strumento di barbarie ambulante che pesa decine di chili, o la « presa di paglia », che consiste nel cacciarsi della paglia nella cintura e fissarla alle « bacchette » ( i bastoni da cui non si separano mai): un omaggio ai paesani che andavano a prendere la paglia a piedi.
Mentre si marcia con i gruppi di Gilles, non si può non essere colpiti dal significato storico e federativo dell'evento. In ogni squadra, composta da uomini di tutte le età, dal nonno al nipotino, ognuno ha i suoi aneddoti storici e personali. Non si fanno cento metri senza incontrare almeno un conoscente. Tra un aneddoto e l'altro, apprendiamo che se i Gilles bevono champagne e mangiano bene, è perché in questi tre giorni di festa i paesani si univano ai nobili del castello e adottavano i loro costumi. I travestimenti dei Gilles del martedì, « che prima erano prodotti dalle singole famiglie, ma che negli anni 50 sono stati uniformati» vengono ricamati anche con elementi preziosi per emulare la ricchezza, spiega François. Un elitismo che contrasta con lo spirito popolare della festa.
« Il più bel giorno dell'anno »
Il martedì grasso è l'apoteosi per Binche. Il lunedì, dedicato ai bambini e ai partecipanti meno "ufficiali", è giorno di riposo per i Gilles, e meno male. Perché il martedì, la giornata inizia presto. François ci spiega che « già alle quattro del mattino alcuni cominciano a vestirsi. Di solito, sono quelli che abitano più lontano dal centro. Poi, visto che non si può sfilare da soli, si fa una specie di carovana, si va di casa in casa a prendere tutti gli altri, accompagnati da un piffero che suona la marcia del primo mattino. Il giro finisce verso le 8. Infine, i gruppi si riuniscono per la tradizionale "colazione alle ostriche", mentre i Gilles bevono champagne, mangiano ostriche e salmone. »
Verso le dieci, i Gilles indossano la loro maschera di cera e si dirigono verso la grande piazza e l'hotel della città, dove il sindaco consegna le medaglie ai Gilles, ai Paesani, a Pierrot e Arlecchino per i loro anni di presenza al carnevale. Dopo la colazione, i Gilles scambiano le proprie maschere con i cappelli, e cominciano il corteo. Il primo è il « corteo alle arance », in cui gli spettatori, stretti gli uni agli altri e infreddoliti nelle temperature di febbraio, devono cercare di schivare i tiri di arance. Finalmente capiamo perché a partire dalla domenica alle finestre delle abitazioni sono comparse delle griglie. Il secondo corteo, quando scende la notte, si svolge senza lanci di arance, per la felicità dei partecipanti. Ci sono però razzi, che illuminano e decorano la notte. I Gilles eseguono a questo punto il loro rondo finale, per salutare la musica. Per tutto il resto della serata saranno accompagnati solo da tamburi.
Le
La domenica, François ci aveva anticipato che per tornare a casa il martedì sera bisogna ingegnarsi. Il primo metodo consiste nel rimanere lì finché qualcuno non si sente obbligato a raccogliervi e portarvi a casa - questa è la sua alternativa preferita. Il secondo a temporeggiare finché un gruppetto che abita nello stesso quartiere se ne va.
Il carnevale si chiude definitivamente il mercoledì, chiamato anche « mercoledì delle ceneri ». Secondo la tradizione, i gruppi offrono ai propri membri una zuppa di arringhe. Quindi, per i Gilles, la stagione di carnevale dura circa quattro mesi, tra scelta del costume, preparazione per il carnevale, fino ai tre giorni di festeggiamento vero e proprio. Quattro mesi di festa, di compagnia, di festini e di bevute, regolamentati fino all'ultima virgola. Tradizioni che continuano a prosperare in una paesino ormai industrializzato, che ha sofferto più di ogni altro in una delle regioni più povere del Belgio.
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Translated from Dans la folie du plus grand carnaval de Belgique