Berlinale 2013: tre protagoniste fuori dal coro
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Lidia PerlaAlla vigilia della manifestazione il direttore del festival internazionale di Berlino Dieter Kosslick si era già assicurato la partecipazione di attrici famose e di forti personalità femminili.
Oltre a Catherine Deneuve, Nina Hoss e Juliette Binoche, abituate a distinguersi in ruoli importanti, ci si è tuttavia imbattuti in altri personaggi sorprendenti: un medico combattivo, una ballerina alla ricerca di se stessa e una donna che ne sa una più del diavolo.
Medico senza frontiere
Che i delicati lineamenti del viso di Chloé (Evelyne Brochu) non ingannino lo spettatore. All’inizio del film Inch’Allah (Canada, 2013), infatti, la giovane donna girovaga di notte per le strade di Tel Aviv con una bottiglia di birra in mano insieme alla sua amica Ava. Hanno l'aria di due studentesse spensierate, nella luce notturna di una capitale in guerra.
Solo nelle scene seguenti diventa tutto più chiaro: Chloé è un medico delle Nazioni Unite e lavora in un ospedale nei territori palestinesi; la sua amica israeliana Ava è una guardia di frontiera addetta al controllo passaporti negli innumerevoli checkpoint. Entrambe hanno a che fare ogni giorno con ingiustizie e situazioni disperate, interpreti impotenti della situazione politica. Ava detesta il tormento quotidiano che i suoi colleghi riservano senza motivo ai palestinesi. Chloé, fiaccata dalle tante inguistizie, arriva a comprendere le paure degli abitanti della Cisgiordania attraverso la storia di Rand, una paziente incinta, che ha perso il fratello e il figlio.
La telecamera segue Chloé per gli angusti vicoli dove, come in un documentario, viene ripresa la povera vita quotidiana dei palestinesi. La drammaturgia di Anaïs Barbeau-Lavalette è semplice e allo stesso tempo geniale e avvincente e, sebbene Chloé conosca entrambi i lati del conflitto, non riesce a sottrarsi alle contraddizioni della città e della sua fauna umana.
Il brutto anatroccolo
Anche Frances (Greta Gerwig), la protagonista del film in bianco e nero Frances Ha (USA, 2012), ha quasi trent'anni ma si ritrova alle prese con ben altri problemi. È troppo impacciata e sgraziata per poter coronare il sogno di diventare una ballerina professionista a New York, la sua relazione è finita e la sua migliore amica annulla il loro contratto d’affitto. Infine, la compagnia di danza che non la fa esibire e il nuovo coinquilino che, purtroppo, la classifica come “undatable”.
Frances si trova nella tipica crisi della fine dei vent'anni, deve ridefinire se stessa, guadagnarsi da vivere e trovarsi, possibilmente, un compagno per il futuro. Corre, inciampa, cade ma si rialza sempre, grazie a una massiccia dose di autoironia. E alla fine vola a Parigi, per un noioso impiego amministrativo presso l’accademia di danza, dove trova un appartamento economico ma in periferia. Qui l'anatroccolo impacciato Frances si trasforma in un magnifico cigno, protagonista maldestro ma irresistibile di una commedia quasi alla Woody Allen.
Femme fatale
La bella Diana (Mónica Molinet) nel film La piscina (Cuba/ Venezuela 2012) manipola e raggira ogni malcapitato che si ritrova a portata di mano, semplicemente per il piacere di farlo. La giovane donna, pur senza una gamba, nuota più veloce di tutti gli uomini del gruppo che ogni mattina si allena in piscina. Tutti hanno una qualche forma di invalidità: Dany, l’obeso, ha la sindrome di down, Rodrigo,, dal carattere debole, soffre di difficoltà motorie e l'antipatico Oscar si rifiuta di proferire parola.
Il regista Carlos Machado Quintela mette in scena nel suo primo film una sorta di dramma da teatro da camera in cui i protagonisti, eccetto una pausa per il pranzo fuori dalla piscina, non lasciano mai questo luogo ovattato. Le linee visuali che si formano tra il bordo vasca e le corsie della piscina separano i quattro protagonisti dal mondo esterno. Il film con le sue immagini tranquille, quasi apatiche, inscena il luogo perfetto per lasciar cuocere al fuoco lento della canicola estiva tutte le ostilità, le rivalità e gli amori irrealizzati.
Foto: © Berlinale Filmstills.
Translated from Berlinale 2013: Frauen, die aus der Reihe tanzen