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Benvenuti in Sovietlandia

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La Transnistria è una regione della Moldavia sull’orlo di un’ennesima guerra civile. Dove il tempo sembra essersi fermato.

La secessione

La Transnistria è una delle tante repubbliche autoproclamatesi indipendenti all’interno dei territori nati dal disfacimento dell’Unione Sovietica. Con una popolazione di settecentomila persone, questa regione, formalmente appartenente alla Repubblica Moldova, la cui capitale è Tiraspol, si trova in una striscia di terra situata tra il fiume Dniestr e l’Ucraina. All’interno si concentra un vecchio apparato produttivo, derivazione di quello che una volta era un distretto industriale sovietico. La richiesta di indipendenza si diversifica rispetto a quella dell’Ossezia o dell’Abkhazia (entrambi Stati che non esistono per la comunità internazionale), in quanto la Transnistria mantiene fedelmente le caratteristiche culturali e militari del vecchio impero sovietico.

Nelle elezioni di domenica scorsa ha vinto nuovamente il partito comunista, con il 47% dei voti. Si è confermata così la leadership al potere. All’interno della Transnistria però non si è votato, proprio a causa dell’impossibilità del governo di avere un minimo controllo su quella regione. I seggi elettorali per chi vi abita sono stati predisposti all’interno della repubblica moldava, lungo i confini dell’area.

Nel 1991, con lo scioglimento del vecchio Apparatik sovietico, la Moldavia, per voce del suo presidente Snegur, si dichiarò intenzionata all’annessione con la Romania, con la quale condivide una matrice culturale e linguistica. La leadership politica di Chisinau, la capitale, si affrettò così ad approvare una legge che decretava il rumeno come lingua ufficiale, reintroduceva l’alfabeto latino e faceva coniare di nuovo la moneta Leu. Ma l’annessione con la Romania non avvenne mai. La comunità russofila della Transnistria, sentendosi minacciata, cominciò un processo di separazione che sfociò ben presto in una sanguinosa guerra civile portata avanti con l’appoggio della XIV divisione dell’Armata Rossa (ancora in attività e guidata da due generali, uno di origini ucraine e l’altro ceceno).

Ancor oggi non è stato conferito nessun riconoscimento formale al piccolo Stato, né ne è stata fatta della Moldova una regione federale.

Un fermo immagine della storia

Si può considerare la Transnistria come l’unico stato sovietico sopravvissuto agli anni Novanta: la lingua ufficiale è il russo, le stelle rosse e le statue del vecchio regime sono rimaste ognuna al proprio posto e il potere politico e quello economico sono in mani ben salde. La regione è governata in modo totalitario dalla famiglia Smirnov. Il padre, in qualità di presidente, e il figlio, in qualità di dirigente, gestiscono l’unica industria nazionale che ha il permesso di esportare merci e distribuire carburanti. Il presidente-padrone, Igor Smirnov, ha formato un governo filo-slavo appoggiato per lo più da Russia e Ucraina, e, si dice, finanziato dal commercio illegale di materiale bellico.

Tra le regioni moldave- che costituiscono la nazione con il Pil più basso in Europa- la Transnistria sembra infatti essere l’unica con un commercio florido: quello sommerso. In molti sostengono che la maggior parte dei movimenti terroristici e illegali acquistino materiale bellico direttamente dalle fabbriche guidate da Smirnov.

Nelle elezioni del 2001 il leader del partito comunista, Vladimir Voronin, raccolse il 70% dei voti. Tale risultato venne ottenuto anche in vista della promessa da parte sua di trovare una soluzione al problema della secessione attraverso accordi bilaterali con la Russia e l’Occidente. Ancor oggi però non è stato possibile raggiungere una pacificazione e i rapporti tra le due anime moldave restano freddi e instabili. Lo dimostra il fatto che nel 2004 sono state chiuse in Transnistria le scuole in lingua rumena e l’ingresso alle aule è stato proibito dai soldati dell’Armata Rossa.

Il preventivato ritiro delle truppe da parte di Mosca, infatti, non è mai avvenuto.

Mai più dimenticati?

La Moldova è stata per anni abbandonata sia dall’Europa che dagli Stati Uniti. Al tavolo di concertazione per stabilire una via d’uscita si sono riuniti, oltre ai rappresentanti di Chisinau e Tiraspol, anche i rappresentanti dell’Ocse: Romania, Russia e Ucraina. Soltanto ultimamente Bush ha incontrato Voronin, l’attuale presidente moldavo. Insieme hanno approvato in modo bilaterale un pacchetto del Fondo Monetario Internazionale capace di dare respiro alle magre casse di Chisinau.

La svolta filo-americana di Voronin ed il conseguente coinvolgimento dell’Occidente rischiano di portare ad un nuovo scontro nazionale. Che indebolirebbe ancor di più il già instabile futuro di questo paese: segnalato, oltre che per il commercio di armi, anche per quello dei bambini e del traffico degli organi. La Transnistria si pone come una riserva sovietica, uno Stato de facto inesistente. Se non rappresentasse una minaccia per la stabilità della regione, potrebbe essere definita come Sovietland, un parco dei divertimenti tematico sull’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Purtroppo la tensione con Chisinau è forte, ed ora con la svolta occidentale dell’Ucraina non si è in grado di stabilire se i grandi attori internazionali si metteranno in gioco ricercando una soluzione pacifica. O se una terra già martoriata dalla poverà dovrà subire il giogo di una nuova guerra civile.

Articolo pubblicato l'11 marzo 2005 nella rubrica Orient Espresso.