«Bene il SuperEuro. Ma un dollaro debole non conviene»
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PAOLA PEGOLONel febbraio 2002 dicevamo addio alla lira. Cinque anni dopo l'euro si impone nel mondo.
L’euro esiste da 5 anni e già ci sono Paesi nel mondo, esterni all’Eurolandia, che stanno convertendo le loro riserve dal dollaro all'euro. Non ci sarebbe da meravigliarsi se tra non molto pure il prezzo del petrolio fosse quotato con la moneta europea. Jordi Bacaría, docente alla cattedra di Economia applicata all’Università di Barcellona, co-direttore dell’Institut Universitari d’Estudis Europeus, ci spiega i pro e i contro di questa valutazione in confronto all’onnipresente moneta americana.
Iran, Venezuela e Indonesia hanno deciso di convertire in euro gran parte delle loro riserve di dollari, per ragioni sia economiche che politiche. Cosa comporterà questa decisione nel rapporto euro-dollaro?
Danneggerà il dollaro. Paesi asiatici come la Cina hanno già convertito i loro capitali per questioni economiche. Visto che il loro maggiore scambio commerciale avviene con l’Ue, non ha senso che tutti i loro fondi monetari siano in dollari. Tuttavia, all’Asia nemmeno conviene che il dollaro sia danneggiato e continui a scendere. Sul piano politico, il cambio è una tattica per attirare l’attenzione: i paesi asiatici dimostrano così che, se vogliono, possono colpire gli Usa. In ogni caso, il dollaro resta la moneta internazionale e, da una prospettiva economica, non c’è motivo di cambiare. Almeno nel medio termine.
Pensa che questa tendenza possa accentuarsi nei prossimi anni?
Con un dollaro sempre più giù, anche se l'Opec (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) farà salire il prezzo del barile, non potrà aumentere le entrate. Potrà quindi accadere che la quotazione del petrolio avverrà in euro. Allora sì che le cose cambierebbero sensibilmente. E gli Usa si vedrebbero molto colpiti nel dover pagare il petrolio in euro, una moneta più cara. Ma fino a che punto tutto questo è vantaggioso per l’Europa, dal momento in cui gli Usa sono il suo maggiore partner commerciale? Se lasci che il tuo principale acquirente perda il potere di acquisto, tu non ci guadagni nulla.
L’aumento dell’euro non sta facendo perdere competitività agli europei?
Sì, un euro forte distrugge la competitività. Ciò genera anche tensioni politiche all’interno dell’Ue. I paesi che esportano di più sono quelli più contrari. Quindi il problema è anche la perdita dei mercati.
Che conseguenze politiche può avere la quotazione dell’euro per la cosiddetta
“breccia translatantica”?
Nessuna. Se l’euro è aumentato tanto, è perché il dollaro va molto male, non perché l’economia europea sia così tanto migliorata: gli Usa hanno un deficit della bilancia commerciale e un disavanzo pubblico enormi. Nei momenti fatidici di crisi hanno avuto una cooperazione più che buona, come è successo dopo l’11 settembre tra Banca Centrale Europea e Federal Reserve. In realtà, l’ideale sarebbe stabilire una parità di 1-1 tra dollaro ed euro, però ogni volta che è stato proposto, sia l’Europa che gli Usa hanno rifiutato.
Il fatto di non avere uno Stato alle spalle condiziona l’euro?
Gli impedisce di balzare in avanti. L’euro è una moneta che offre poche garanzie di stabilità. Se venisse ratificato la Costituzione, almeno disporremmo di maggiori strumenti. Ma finché questo non accade, il dollaro offre delle garanzie che l’euro per il momento non dà.
E se Paesi importanti come il Regno Unito, la Svezia o la Danimarca entrassero nell’Unione Monetaria?
Se, come del resto prevede la Costituzione, gli attuali 27 membri adottassero l’euro, la nostra moneta si rafforzerebbe moltissimo. Non soltanto negli scambi internazionali, ma anche per importanza economica e politica. Certo, raggiungere il livello di importanza del dollaro non è facile. Bisognerà vedere come reagiranno l’economia e la politica Usa. Il fatto che l’euro vada molto bene non deve significare che il dollaro invece vada male. Nello stesso tempo, se gli Stati Uniti crollano, il mondo scommetterà sull’euro.
L'EURO NEL MONDO
Algeria, 4 arance e 20.000 dinari, s'il vous plaît
«Sabah al-kheir. Hamid, hai da cambiarmi 200 euro? Sì? Allora me li cambi e mi dai pure 4 arance da premere,s’il te plaît». Hamid, il fruttivendolo di El Biar, quartiere del centro di Algeri, è il più famoso ufficio cambi della città. Dopo una prima visita nella sua colorata
épicerie (drogheria), Hamid porge discretamente un biglietto da visita e dice di chiamarlo, nel caso si avesse bisogno di denaro algerino a un buon prezzo di cambio. In un paese dove non esistono i bancomat e andare in banca si rivela un’impresa, sembra che la miglior soluzione per cambiare i soldi sia il mercato nero. Politicamente scorretta, è però una pratica consigliata agli stranieri negli hotel, da molte camere di commercio e pure da qualche istituzione ufficiale. E pare che sia la soluzione più veloce e anche quella più vantaggiosa: utilizzando il cambio ufficiale, per ogni euro (1euro=90 DA) si perdono almeno 5 dinari rispetto al prezzo del sommerso.
Per molti algerini questa rappresenta un’attività parallela e molto più redditizia rispetto alle loro fonti di reddito abituali. Per loro è più facile “reinvestire” gli euro ogni volta, per la progressiva apertura del paese e le visite sempre più frequenti degli europei. È facile, quindi, imbattersi in cambiavalute clandestini agli angoli delle piazze, ai banchi dei mercati, nelle retrobotteghe, esiste pure un discreto numero di uffici di cambio in nero, che si presentano con il loro nome senza tanti sotterfugi, come quella del centro commerciale Riad El-Fert di Algeri.
di Laura Feal (Algeri)
Cuba, turismo e università
Nel 2002 uno dei luoghi di villeggiatura più famosi di Cuba, Varadero, ha iniziato ad accettare l’euro. Ciò è dovuto, tra l'altro, al divieto che esiste dal 2004 di utilizzare il dollaro in tutta l’isola. Allo stesso modo l'euro si impiega a volte a fini accademici: gli allievi che si immatricolano alla prestigiosa scuola di cinema e televisione devono pagare la retta in euro.
di César Jiménez (Santiago del Chile)
Polonia, tutto al confine
L’euro è molto usato nei comuni polacchi al confine con la Germania. «È la nostra moneta quotidiana» commenta uno studente tedesco dell’università germano-polacca di Viadrina, nella città polacca di Slubice. Il Ministero dell’Economia afferma che questa è una pratica abituale nei luoghi dove non esistono distributori automatici di denaro, come i mercati, o nelle transazioni private.
di Magda Laskowska (Slubice)
Translated from Jordi Bacaria: “si los EE UU pierden poder adquisitivo, Europa no gana nada”