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Belgio vs Italia: un match al profumo di nostalgia

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Cosa succede quando sul campo da gioco la storia incontra l'attualità? Lo scopriamo con Cafebabel che ripercorre le tappe dell'integrazione italiana al Belgio attraverso le testimonianze dei discendenti di quelli che un tempo sono stati i migranti europei

Esistono occasioni in cui la sorte si diverte a creare combinazioni divertenti. È il caso del match di lunedì che ha visto contrapporsi Belgio e Italia e si è rivelato l’occasione per riflettere sul ruolo della comunità italiana in questo Paese.

Pronostici favorevoli

Che i belgi avessero a cuore il match in maniera particolare è emerso fin dalle settimane precedenti alla gara, quando manifesti e volantini sarcastici hanno popolato discorsi e pronostici. In Italia insegnano però a non parlare prima del tempo, perché alle volte l'eccesso di sicurezza può condurre a clamorose "gufate". Degno di nota è l’atteggiamento dei supporter belgi dopo il primo goal italiano: non manca qualche sfottò di rito, ma l’atteggiamento resta umile e scherzoso. 

Rifletto e comprendo che questa partita rappresenta molto più di un semplice match degli Europei di calcio. Per chi tiferanno i figli degli emigrati italiani? - mi chiedo. E, soprattutto, chi sono?

Dove mi sento a casa?

È Marina a guidarmi in questo percorso sulla memoria. Mora e carina come la ragazza osannata nell’omonima canzone da Rocco Granata, egli stesso figlio di emigrati italiani in Belgio, Marina è di origini italiane e francesi, ma è nata e cresciuta a Bruxelles. Il nonno, nisseno di nascita, emigrò prima in Germania e poi in Belgio per lavorare nelle miniere di carbone, seguito dalla moglie e dai figli poco dopo. Anche sua madre è figlia di un esule, un padovano emigrato in Francia e mai più rientrato.

Scriveva Amin Malalouf nel suo Les identitées meurtrières che l'identità non è data una volta per tutte, che si trasforma e si evolve con l'esperienza. Marina, che lavora in un’istituzione europea e incarna l’idea stessa di Europa delle origini, probabilmente ne sa qualcosa. "La gente a volte non riesce a capire: ti dicono ‘Ah sì, sei 50% italiana e 50% belga'. No, non si parla di una percentuale, si parla solo di diverse culture e quindi non mi sento né italiana, né francese, né belga. All’inizio mi chiedevo ‘Dove mi sento a casa?’, la risposta è che mi sento a casa in diversi luoghi in Paesi differenti."

Alla mia domanda riguardo alla partita, confessa che in casa tifano per l’Italia, come spesso accade fra le terze generazioni di emigrati, anche se “adesso che il Belgio ha una squadra competitiva, si stanno ricordando che esiste” confessa sorridendo. 

Marina appartiene a un’associazione di italiani in Belgio, Casi_Uo, costituita inizialmente dagli emigrati e poi sviluppata dai loro figli e nipoti. È un progetto nato negli anni Settanta e rielaborato di recente allo scopo di raccontare la loro storia di italiani di terza generazione. “L’immigrazione che c’è oggi in Europa dai Paesi mediorientali è un argomento che ci interessa molto, perché ci fa pensare alla storia dei nostri nonni che sono venuti qua per motivi di lavoro. Anche loro sono andati via per cercare migliori prospettive di vita…”. Mi confessa che prima dei maghrebini, la zona di Cureghem, nel comune di Anderlecht, era a maggioranza italiana, così come la stessa Molenbeek. “Gli italiani” racconta “furono trattati molto male, addirittura veniva rifiutata loro la possibilità di affittare le case o veniva loro vietato di entrare nei locali pubblici. Spero che l’integrazione avvenga il prima possibile, perché quando sai che i tuoi nonni che hanno ricevuto lo stesso trattamento, ti metti nei loro panni.” 

Le chiedo quanta parte di Italia c’è nell’identità belga. “La cultura italiana ha favorito lo sviluppo del Belgio. Anche Bruxelles si vede che è cosmopolita e direi che ci sono diverse identità e culture in questo Paese. Questa è l’identità belga, un misto di diverse culture in cui sicuramente l’Italia ha un ruolo importante.

Del ruolo degli italiani in Belgio, ma con occhiali diversi, mi racconta anche Thibault, giovane giornalista belga de La Libre Belgique originario de La Louvière, importante centro minerario in cui molti italiani si sono trasferiti negli anni Cinquanta e Sessanta per lavorare. Mi racconta che la percentuale di Italia nella città è legata ai giovani di terza generazione, che però spesso sono italiani solo per metà e non parlano la lingua. Al contempo in questo tipo di competizioni tendono a tifare Italia, abbracciando un’idea romantica di patria che non sempre corrisponde alla realtà. “Ricordo la finale del 2006, quando l’Italia vince il mondiale. Sembrava la festa nazionale, le piazze e i caffè erano colmi di gente in festa”.

Solo la pioggia, avete solo la pioggia

Osservo la folla di italiani dispiegarsi lungo la strada, intonando un “Popopopopopopo”  (colonna sonora dei mondiali 2006 vinti dall’Italia, ndr) accompagnato a “Solo la pioggia, avete solo la pioggia”.

È solo l’inizio, speriamo di rivederci in finale.