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Barbarossa: la sincerità delle note

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magda goi

BrunchCultura

In un'epoca in cui non si è più capaci di apprezzare, né di distinguere il vero dal falso, un musicista inglese ha deciso di raccontarsi senza menzogne. Barbarossa nel suo ultimo album parla di mortalità, miseria e di bisogno d'evasione con un solo obiettivo: "essere se stessi". 

"Mi trovavo in Italia, all'aeroporto, in un negozio di duty free. C'era una bottiglia di rosso e sull'etichetta la foto di un ragazzo con una folta barba rossa. Ho amato sin da subito il nome di quel vino: "Barbarossa". Solo sucessivamente ne ho scoperto il significato". Come molti altri musicisti prima di lui,  James Mathé ha scelto uno pseudonimo di primo acchito. L'amore per il buon vino e per la moglie mezza italiana, così come l'abbondante barba rossa che gli divide letteralmente il viso in due, hanno più o meno incoraggiato questo artista inglese di 32 anni nella sua scelta. Oggi, James incarna perfettamente il suo nome in codice. Barbuto più che mai, sorride per un attimo quando gli si dice che, a guardar bene, il nome è un po' scontato. Eppure, Barbarossa non prende mai delle decisioni che si impongono da sole. Lui medita, pensa, si prende del tempo per fare corrispondere tutto. In maniera perfetta. 

il colore dei sentimenti 

Tra il primo e il secondo album – Bloodlines, uscito il 16 settembre scorso – sono passati anni. Cinque anni per trovare la giusta formula, ma soprattutto per accettarla. "Avevo il bisogno di sentire che quello che facevo mi rappresentasse interamente, sia come musicista che come persona", spiega James seduto al tavolo di un caffé di nome Les Ondes a causa della sua prossimità con la Maison de la Radio ("Casa della Radio" ndr). Quando parla, si gratta spesso la spalla sotto al maglione a righe e cerca le sue risposte con il gomito appoggiato sulle gambe incrociate. Poi, quando le trova, vi guarda dritto negli occhi e, come in un sussulto, le sue parole sembrano abbordare le stesse qualità umane che ricerca nella musica, così come nella vita. James riassume High feelings dopo buoni 30 secondi di riflessione attraverso l'espressione "l'onestà e la sincerità del musicista". "Dentro di te, puoi sentire quando sei onesto, o meno, in una conversazione. Ecco, è la stessa cosa quando componi musica. So perfettamente quando sono in giusta armonia con il suono e le parole. Lo sento, là, nel mio cuore", afferma, senza avere il bisogno di toccarsi il petto con due dita.

Per farsi sentire, James ha scelto di raccontarsi. Bloodlines si apprezza come un condensato di vita. L'idea "è soprattutto di non seppellirsi, di non nascondersi". Così, i 10 titoli che compongono il disco provengono da "esperienze crude"; uno su tutti gli altri: Butterfly Plague, che racconta la morte improvvisa di un amico di lunga data. L'artista preferisce qualificare la canzone come "una risposta a una sfida che dovevo superare". Barbarossa non acconsente se non raramente alle vostre domande. Lui le dirige, le soppesa, poi le riprende, riflettendo: "in questo pezzo, ho voluto comprendere i miei sentimenti. E tutto l'album è costruito così. Ciò che sento corrisponde all'embrione di una canzone. Poi parlo di tutto: di perdita, di realtà, di mortalità, di evasione... ".

Nella miseria di londra

Ormai l'avrete capito: non potete andare alla ricerca dei vostri slip con Barbarossa. Senza dubbio, composto sotto un cielo plumbeo, Bloodlines potrebbe sotterrare qualsiasi buon vivente. Ma questo ragazzo "è fatto così", non ci si può fare nulla. "Amo anche ridere sai  confessa durante un momento di compassione. Ma quando sono ispirato per scrivere, sono sempre malinconico. Nonostante ciò, non credo che quello che dico sia deprimente. Sono realista al punto giusto. Tengo gli occhi aperti e noto che la società non è perfetta, come, del resto, le persone e io stesso. È la condizione umana e faccio del mio meglio per comprenderla". James Mathé sa soprattutto ciò che vuole.

Cresciuto nella banlieue di Londra, vive ormai a Shoreditch, quartiere hype e arty di Big Smoke in cui "al di là della creatività, si nascondono soprattutto povertà e inquietudine". È dunque nella miseria della capitale inglese che il cantante fulvo lavora al suo primo album, Chemical Campfire, che uscirà nel 2008 grazie all'aiuto del collettivo scozzese, Fence Records. Successivamente, durante una notte passata in uno dei tanti pub inglesi nel cuore di Londra, James incontra Josè Gonzales che gli propone di andare in tour con la sua band di successo, Junip. "In effetti, la prima volta che ho visto Josè è stato 8 anni fa, al tempo componeva da solista. Siamo diventati amici; poi lui è andato in Svezia per creare il suo gruppo. Quando è tornato mi ha domandato di accompagnarlo per il tour", racconta. A quel punto Barbarossa approfitta del viaggio per esibirsi anche da solo. L'artista, dalle false arie da pirata, parte alla conquista del pubblico argentino, cileno e americano... Oggi, dopo aver passato 4 anni a sorvegliare gallerie d'arte, afferma che vive finalmente della sua musica. E, ancora una volta, il condannato si è servito della galera per mettersi in mostra e non barare. "Tutti i titoli di questo album sono stati scritti in un momento in cui non avevo soldi. Questo mi ha permesso di non rimanere con le mani in mano e di tramandare un messaggio preciso: la realtà è dura. Non voglio mentire". Fa una pausa, guarda altrove e cerca qualcosa mentre si mangia le unghie. Improvvisamente vi fissa: "Non voglio tradirmi, mai più".

Video Credits: Memphis Industries/youtube

Story by

Matthieu Amaré

Je viens du sud de la France. J'aime les traditions. Mon père a été traumatisé par Séville 82 contre les Allemands au foot. J'ai du mal avec les Anglais au rugby. J'adore le jambon-beurre. Je n'ai jamais fait Erasmus. Autant vous dire que c'était mal barré. Et pourtant, je suis rédacteur en chef du meilleur magazine sur l'Europe du monde.

Translated from Barbarossa : l'âme fatale